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Overview (2006-2007) Anno 1 Numero 7 ottobre 2006



Biennale di Shanghai

Paolo Giaffreda

Intervista a Patrick Tuttofuoco: “Gli occhi sono tutti a oriente”



mensile bilingue a distribuzione gratuita


Creating:
6 Biennale di Shanghai – Intervista con Patrick Tuttofuoco: “Gli occhi sono tutti ad oriente”
12 Appuntamenti Arte
14 Il lusso dà valore all’arte o la rende un semplice oggetto del desiderio?
16 La “lussazione del lusso” – Gianfranco Setzu & Josephine Sassu
20 Home sweet home
23 Rize, armati di acrobazie
27 Le forme del lusso
32 Susanne Klemm

Wearing:
36 Luxury without brand, Maison Martin Margiela
48 Focus on… beauty
50 About luxury…
52 La nuova dimensione “esperienziale” del lusso

Running:
56 Meta-morphing-village
62 Viaggio nella nuova dimensione privata del lusso, le Spa
69 Il lusso dentro
74 C’è spazio per tutti

Playing:
76 tracks & traces
83 ViSuoni
92 Il lusso del tempo perduto
96 Cinema low budget, intervista con Amanda Flor
100 Blood diamonds, la guerra dei diamanti arriva al cinema

Writing:
104 American Psycho di Bret Easton Ellis
109 Over comics curato da www.abelardstudio.com
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Si discute spesso se il mondo dell’arte sia sinonimo di un universo di lusso accessibile esclusivamente a coloro che se lo possono permettere o, al contrario, sia un fenomeno al quale poter prendere parte indipendentemente da cospicue disponibilità economiche.
Nel corso degli anni si è assistito a un graduale processo di democratizzazione della risorsa arte (in passato riservata a un numero ristretto di ricchi e blasonati), sia relativamente alla sua conoscenza, con il diffondersi di collezioni museali aperte al grande pubblico, sia relativamente all’opportunità di appropriazione, grazie all’uso delle nuove tecnologie.
Si deve al movimento artistico inglese Arts and Crafts l’inaugurazione di una nuova era artistica in cui il processo creativo diviene finalizzato alla realizzazione di oggetti di uso comune, risultato di un’accurata ricerca di materiali, tecniche produttive, scelte estetiche. Gli oggetti diventano in questo modo delle opere, se non proprio uniche, almeno fortemente riconoscibili, e offerte a un prezzo sostenibile. Prende vita il concetto di design inteso come attività di “riorganizzazione del visibile”, secondo un’interpretazione estetica contemporanea, che realizza al tempo stesso una redistribuzione più democratica ed allargata del bello e dell’utile.
Attualmente l’attività di design è largamente diffusa e si pone come perfetta sintesi tra arte e funzionalità, ponderando in maniera equilibrata, estetica e tecnologia. Ha ampiamente superato le sue stesse aspettative assurgendo a diventare presupposto indefettibile non solo per il nostro attuale life-style, ma anche per la nostra futura cultura creativa.
Incentrata proprio sull’hyper design è la sesta edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Shanghai, che tenta di metterne a fuoco gli aspetti più reconditi, in tre sezioni differenti: design e vita pratica, design e immaginazione, design e futuro. Questa biennale è frutto di un progetto curiatoriale di un team di otto esperti, posti sotto la direzione artistica di Zhang Qing, che vede la partecipazione di un italiano: Gianfranco Maraniello.
Poco più di 90 gli artisti di fama internazionale coinvolti, tra cui spiccano nomi quali Matthew Barney, Julian Opie, Nara Yashimoto. Buona la partecipazione degli italiani: Alessandra Tesi, Cibic & Partners, Francesco Vezzoli, Loris Cecchini, Massimo Bartolini, Maurizio Mochetti, Patrick Tuttofuoco, sono stati chiamati a rappresentare “il bel paese”.
Aldo Cidic & Co. –alias Cibic & Partners-, già da anni professore onorario presso l’Università Tongij di Shanghai, direttamente coinvolto da Zhang Qing, ha presentato New stories new design, una prospettiva per leggere il mondo del design come un percorso, attraverso il quale creare nuove opportunità indirizzate da qualità e gusto.
Alessandra Tesi, con Rose of Shanghai, presenta delle video-proiezioni a pavimento raffiguranti delle sequenze colorate, in cui petali di fiori eseguono percorsi verticali discendenti, che nascondono dinamiche nefaste.
Della premiata scuderia Giò Marconi, sono stati selezionati il pluriacclamato Vezzoli e Mochetti.
Il primo, dopo il provocatorio trailer Caligula della Biennale di Venezia 2005 e reduce anche dalla Whitney Biennale di New York, propone Anni vs Marlene, un tentativo di “ricucire” la sua nostalgia alle vestigia delle star del mondo del cinema e della cultura, ormai scomparse.
Mochetti, perfettamente in linea con il tema del design, avendo da sempre sostenuto che “l’opera d’arte è l’idea, il progetto, mentre la tecnologia è uno strumento che (…) consente di realizzare opere sempre più vicine all’idea”, presenta i suoi Penguins, aeroplani animal-like pronti ad interagire col futuro, muovendosi in uno spazio senza fine.
Loris Cecchini –Galleria Continua, Pechino- propone Monologue patterns (chrisalys), un percorso fantastico che pone degli interrogativi su cosa sia la realtà e su cosa tenti continuamente di modificarla. L’artista ha ricostruito un’architettura organica a forma di nuvola in simbiosi con gli alberi, le cui molecole costituiscono altri e tanti universi: al visitatore il compito di rispondere alla domanda su cosa sia la realtà ed a quale mondo appartenga.
Concludiamo questo percorso con l’importante presenza di Patrick Tuttofuoco –Studio Guenzani-, ambasciatore artistico italiano in Cina (scelto per un importante progetto di promozione dell’arte italiana nell’ex “paese delle biciclette”), sempre impegnato nel tentativo di rivelare l’inscindibile incontro arte-realtà. A lui abbiamo rivolto alcune domande.

OVERVIEW: Nonostante la giovanissima età conti al tuo attivo ben tre biennali. Quale ti ha dato maggiori emozioni-soddisfazioni?

PATRICK TUTTOFUOCO: Tutte a loro modo mi hanno offerto emozioni particolari. “Manifesta” e la Biennale di Venezia però, sono stati due eventi molto importanti che hanno rappresentato un passaggio cruciale nel mio percorso. Hanno permesso di confrontarmi con un mondo molto più complesso, catapultandomi in realtà e problematiche che richiedevano diversi modi di agire e un impegno psicologico non indifferente.

O: Sono sempre più frequenti le collaborazioni curatoriali tra le diverse biennali in giro per il mondo e le candidature dei medesimi artisti si replicano. Non credi che tutto ciò porti ad un’eccessiva globalizzazione-omologazione?

PT: Ogni curatore si porta dietro il lavoro degli artisti in cui crede, è inevitabile quindi che certi nomi si ripetano e si ripresentino in diverse mostre e eventi artistici. Nel presente si scrive la storia del passato di domani, è normale che si insista su alcuni nomi. Credo anche, per diretta esperienza personale, che il male di ogni disciplina risieda nelle scelte politiche, nel momento in cui queste si sostituiscono a quelle “meritocratiche”. In questi casi, è vero, il rischio è l’omologazione... ma mi sembra, fortunatamente, che i grandi eventi artistici cerchino sempre di aprirsi al nuovo.

O: Siamo continuamente “sollecitati” dalla relazione economica, politica, sociale Italia-Cina. Artisticamente parlando, qual è il tuo punto di vista?

PT: Il mio lavoro, soprattutto in questi ultimi anni, cerca di relazionarsi con la realtà in cui viviamo tentando di individuare quei legami, più o meno sotterranei, che si instaurano nel mondo quando certe realtà socio-culturali-economiche iniziano a cambiare. La mostra che farò a novembre da “Haunch of Venison” a Londra, tratta proprio dell’impatto visivo che hanno la Cina e l’India sul mio mondo e su quello occidentale. Non possiamo sottrarci ad una relazione economica (ma speriamo anche sociale e culturale) con la prossima nazione più potente del mondo. Gli occhi sono tutti ad oriente. Aspettiamo che i Nuovi Giganti muovano i primi importanti passi e poi vedremo cosa succederà di concreto. Di sicuro il cambiamento è sempre auspicabile, i passaggi di potere offrono sempre nuove possibilità. Bisogna solo evitare di cadere in meccanismi viziosi. In questo senso mi sentirei di consigliare l’ultimo libro di Rampini che si intitola “L’impero di Cindia”, è illuminante e solleva quesiti e riflessioni estremamente importanti, su cui tutti dovremmo iniziare a ragionare soprattutto in vista dei prossimi cambiamenti mondiali.

O: In materia di design, da quello che hai potuto vedere a Shanghai, ritieni che noi Italiani abbiamo più da imparare o da insegnare?

PT: C’è sempre più da imparare e meno da insegnare, purtroppo. Se consideriamo che le grandi proposte italiane in questi ultimi decenni sono venute a mancare, è triste pensare che l’Italia sta svanendo anche da quei campi in cui eccelleva. Ovviamente se penso a Bruno Munari, Joe Colombo, Ettore Sottsass jr., Achille Castiglioni e Enzo Mari mi dispiace molto che le cose vadano in questo modo... Come ormai in quasi tutte le discipline, l’Italia ha una grande storia e tradizione... ma l’energia che adesso ha la Cina, quella voglia di lanciarsi e fare, quella libertà priva di costrizioni è una cosa che qui in Italia neanche immaginiamo.