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DROME magazine Anno 4 Numero 14 ottobre-dicembre 2008



Mike Giant

Micol di Veroli

Intervista



arti/culture/visioni


DROME magazine n.14 – the FRATERNITÉ issue
(Ottobre_Dicembre // October_December 2008)

cover: Petrina Hicks

GUEST LIST: Sabine de La Chaise, Rachel de Joode, Jan Håkon, les deux garçons, Cecilia Guida, Julia Kent + Barbara De Dominicis, skki©, Giuseppe La Spada, Sandra Lischi

PRÉLUDE // INTRO: WHERE HAVE ALL THE FLOWERS GONE / SHOWOFF! // FRATELLANZA: ISTRUZIONI PER L’USO: FRATERNITÉ / INSPIRED BY DROME: SKKI© / RYUICHI SAKAMOTO / VISA POUR L’IMAGE / SYNUSI@BLOG by Casaluce-Geiger_guest: LUIGI ONTANI // BROTHERHOOD & SISTERHOOD: L’ARTISTA E I SUOI FRATELLI (E SORELLE) – THE ARTIST AND HIS BROTHERS (AND SISTERS) / GELITIN / QUAY BROTHERS / MOEBIUS / THE ROYAL ART LODGE / MIKE GIANT / PETRINA HICKS / FRANCESCO PICCOLO / CITTÀ SORELLE – FRATERNAL CITIES / INSPIRED BY DROME: BARBARA DE DOMINICIS MEETS JULIA KENT / VIDEOTRILOGY PART. 3: INTRO / DOVE FISCONO I VIDEO – WHERE VIDEOS END UP / A VIDEO SELECTION ON FRATERNITY / 3 STATEMENTS / INSPIRED BY DROME: JAN HÅKON // SI FA PRESTO A DIRE PUBBLICO: RE:PUBLIC PREFUSÉS / ADAM CHODZKO / REAZIONE A CATENA – CHAIN REACTION / REPORTAGE: DRODESERA FIES – SUPERSONIC FESTIVAL // LET’S GET TOGETHER… RIGHT NOW!: D-SIGN / STYLE 4 CHARITHY / ANDREA CREWS / FASHION SHOOTS: LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA – THE SEVEN ACTS OF MERCY: PART 1 by Rachel de Joode / PART 2 by les deux garçons

DROMELAND:
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Mike Giant
Hope, 2006
from Muerte, coll. The 36 Chambers
published by DRAGO
courtesy of DRAGO Media Kompany S.r.l.

Mike Giant
Homage to Megan, 2007
from Muerte, coll. The 36 Chambers
published by DRAGO
courtesy of DRAGO Media Kompany S.r.l.

Mike Giant
Chola
courtesy of Galerie Magda Danysz, Paris

Filosofia buddista e fratellanza, queste le vere peculiarità dell’arte di Mike Giant, il cui nome è legato al mondo del tattoo e alla scena low-brow californiana e che oggi ha mostre da una parte all’altra del globo e firma una sua fortunata linea di abbigliamento.
La sua arte produce icone, ma è fatta di semplici regole che fondano le proprie radici nel rispetto della Storia e nell’importanza di apprendere dalla comunità e tramandare gli insegnamenti alle nuove generazioni…


L’universo di Mike Giant è un intricato e sublime reticolo di simboli, un’intensa mistura di linguaggi visivi che abbracciano diverse culture creando una nuova dimensione di unità compositiva. Donne dalla bellezza languida e conturbante, segni tribali ed allegorie della morte danzano insieme su di un’affascinante singola superficie.
DROME magazine ha incontrato l’eclettico artista a Bologna, in occasione della presentazione del suo volume della serie 36 chambers, edita da Drago.
Ne è scaturita un’intervista fiume che ha il sapore di una piacevole chiacchierata con un vecchio amico…


DROME: Hai raggiunto il successo come street artist. I writer solitamente appartengono a gruppi denominati crews e gli individui che ne fanno parte condividono gli stessi interessi, aiutandosi e sostenendosi come farebbero dei veri fratelli. Cosa pensi riguardo a questa forma di sincera amicizia artistica?

MIKE GIANT: Ho iniziato come writer nel 1989 e, allo stesso tempo, mi sono avvicinato al mondo del tattoo frequentando la scena e facendomi tatuare il corpo… in realtà, aspettavo solo la crew giusta! Nel 1995 ho chiesto ad un amico di insegnarmi i rudimenti del tattoo e quando lui più tardi ha aperto il suo tattoo shop io ero lì ad aiutarlo.
Grazie a questa vicenda ho avuto l’occasione di incontrare grandi artisti del giro, imparando tantissimo. Nel 1998 ho eseguito i miei primi tattoo, ma senza l’aiuto del mio amico e di altri non avrei saputo nemmeno da dove cominciare, quindi l’amicizia e la fratellanza sono elementi fondamentali nella scena del writing e del tattoo.
Certamente bisogna far molta attenzione nella selezione della propria “famiglia”: ci sono persone che perseguono l’arte ed altre che pensano solo ai soldi, quindi la scelta migliore è sempre quella di frequentare il gruppo giusto che ha i tuoi stessi interessi ed ideali.

D: In quasi tutte le culture del mondo i tattoos sono simboli usati da persone che appartengono ad una fratellanza (dalla croce del cristianesimo copto nei paesi islamici, ai segni della yakusa giapponese passando per quelli delle gangs della mafia russa). La maggior parte di questi simboli sono messaggi che solo gli adepti possono decifrare, quindi essi rappresentano un linguaggio visivo che nasconde un potente mezzo di comunicazione.
Tu sei uno fra i pochi che osa mescolare con successo stili differenti in un unico tattoo: dalla old school ai simboli giapponesi, religiosi o ispanici. Pensi che oggi questo sfrenato accostamento di simboli e significati sminuisca il valore culturale del tattoo, riducedolo a puro elemento estetico?


MG: Penso che il tattoo contemporaneo debba sempre rispettare le antiche simbologie. Da parte mia, ho compiuto studi sui rituali e sul significato sociale di tale espressione artistica in varie culture del mondo, apprendendo molto sui tattoo giapponesi e su come venivano eseguiti, ho letto diversi testi sui tatuaggi americani e su altri tatuaggi del passato… mi sono documentato, insomma. Quindi ora mescolo con coscienza stili e simboli diversi poiché vedo il mondo come un unico elemento: il terreno che calpestiamo in ogni angolo della terra è lo stesso della mia città natale e così è per l’aria che respiriamo. Mescolare culture ha un senso perché noi tutti facciamo parte di un unico insieme.
Per me il tattoo non è solamente un elemento estetico, ma un’immagine senza tempo eseguita nel rispetto della Storia. Ogni simbolo disegnato sulla pelle dovrebbe essere al di fuori della moda, non databile, fuso con il passato, insomma e, possibilmente, durare per sempre, almeno farlo durare per sempre è il mio lavoro! (ride)

D: Molti writers (ad esempio SEEN, oltre a te) usano le loro abilità sulla pelle. Parlaci del legame tra il graffiti ed il tattoo…

MG: Credo che il rapporto tra queste due discipline artistiche sia estremamente connesso alla mentalità del singolo. Certe persone decidono di oltrepassare i limiti di uno stile di vita definito normale ed eseguire tattoo è un modo per esser sovversivi abbracciando la cultura underground.
La medesima cosa è valida anche per i graffiti, queste due forme di espressione hanno in comune la volontà di rompere le regole e creare arte contro ogni ostacolo convenzionale.

D: Il tuo lavoro tipografico eseguito per lo show parigino alla Magda Danysz gallery mi ha particolarmente impressionata. I tuoi segni hanno una precisione maniacale! È bello vedere che in un’era dominata da e-mail ed sms esistano ancora artisti che danno importanza alla calligrafia.

MG: Oh grazie! Per me è importante mantenere in vita lo stile calligrafico, molti trucchi sul lettering li ho appresi dalla mia cerchia di amici, i miei “fratelli”. Sai, ci sono cose che non si possono imparare sui libri, come l’alfabeto: qualcuno deve scriverlo per te in modo che tu possa apprendere la gestualità adatta per eseguirlo. Il disegno manuale per me è una storia che deve continuare perché nutro verso di esso un profondo rispetto ed un amore incondizionato.
Penso che l’evolversi delle nuove tecnologie e del lettering al computer stia creando una maggiore richiesta di gente come me che esegue il proprio lavoro a mano poiché si tratta di un’ espressione artistica unica, senza prezzo.

D: Eros e Thanatos, amore e morte sono due tematiche senza tempo attraverso le quali si muove la logica dell’universo. Tu spesso disegni bellissime pin-up vicino a teschi, ossa ed altri simboli di morte. Pensi che questi due principi universali in complementare opposizione possano coesistere in armonia?

MG: Sì, questo è quello che la disciplina buddista mi ha insegnato! Tutto è racchiuso in un'unica cosa, tutto è connesso.
Prendi me, ad esempio, sono nato e morirò, non sarò più in grado di parlare e respirare, ma il mio corpo si dissolverà e tornerà a far parte della terra ricongiungendosi al resto delle cose. Quindi non esiste un reale momento di vita o morte, tutto si interseca, ecco perché sono solito mescolare insieme l’amore, le altre bellezze della vita e la morte. La paura della morte genera sofferenza, ma può divenire una grande fonte di ispirazione: mi ricorda che non ho tempo da buttare, devo star nel mio studio e creare, questo è quello che ho da offrire. Ho pensato lungamente di intraprendere la dottrina buddista e farmi monaco, ma sono un uomo del mio tempo e il mio modo di comunicare è attraverso il disegno.

D: Parliamo della tua “camera” delle 36 Chambers, il libro edito da DRAGO. E’ stata una sfida per te usare colori differenti dal bianco e nero? Hai seguito le altre uscite? Cosa pensi del progetto?

MG: Beh, sai, a volte per i tattoo uso alcuni colori e per i graffiti devo dire che ne uso parecchi. Preferisco il bianco e nero ed altri colori base quando disegno, ma nel caso di 36 Chambers volevo avere più impatto, quindi ho mescolato i toni vivaci del rosso, del giallo e del blu. E’ stata una grande opportunità! Sì, ho seguito le altre uscite, erano veramente fantastiche!
Sono stato molto contento di aver fatto parte del progetto e personalmente adoro la “famiglia” Drago. Lavorare insieme è stato divertente e mi hanno davvero coccolato. Drago è un raro esempio di realtà indipendente specializzata nella street art!

D: Come sei entrato nel mondo dell’arte?

MG: Camminando! (ride) Nel mondo dell’arte se una galleria pensa di poter far soldi vendendo i tuoi lavori sicuramente prima o poi ti chiamerà ad esporre, le cose stanno semplicemente così! Penso di aver lavorato tantissimo negli ultimi anni e le mie opere hanno “toccato” molte persone, le stesse che hanno poi cominciato ad interessarsi alla mia arte e a collezionarla perché era di loro gradimento, quindi il mio cammino è parte di un’evoluzione naturale.
Oggi per me è un grande onore essere presente in Europa con la galleria Magda Danyzs perché proprio nel vecchio continente si trovano le radici della storia e della cultura. Certamente non è mia intenzione proseguire nel mondo dell’arte abbandonando le mie radici urbane e i miei “fratelli”! Sono infatti impegnato nel progetto Rebel8 clothing: il mio socio cura gli affari e tutto quello che devo fare è pensare a disegnare, questo mi lascia molta libertà espressiva ed è divertente!
Penso quindi che Rebel8 sia un ottimo mezzo per avvicinare i teenager all’arte, in modo che una volta cresciuti siano in grado di poter acquistare delle opere vere e proprie: questo è il mio modo di rimanere connesso alla mia gente ed al futuro.

D: Ho letto che smetterai di fare tattoo…

MG: Sì, sono praticamente in pensione, il lavoro è troppo stancante per il mio corpo, la mia mano, il mio collo e i miei occhi… quindi se voglio continuare a disegnare arte per il resto della mia vita devo abbandonare i tattoo.
Ho comunque ancora del lavoro da finire, ad esempio devo ultimare degli “arretrati” che avevo già iniziato, ma solo per questa ragione continuerò per un anno o forse due. Penso, però, che il tattoo è un’arte che non abbandonerò mai del tutto, è un potente e speciale mezzo espressivo che voglio mettere al servizio della mia famiglia e dei miei amici, più che farlo diventare un’occupazione.