L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Con-fine (2007-2013) Anno 4 Numero 13 marzo-maggio 2009



Il precario equilibrio dei sogni

Gino Fienga

Sergio Zagallo



Trimestrale di Arte&Cultura Contemporanea


con –
Lo sfruttamento e l’equilibrio.
L’Eden Contemporaneo.
Gino Fienga pag. 11

percezioni
La coscienza del con-vivere.
Luciana Ricci Aliotta pag. 14

Kaleidos
Chio Aoshima.
Paradisi inquietanti.
Matelda Buscaroli pag. 17

Passeurs
Bradley Castellanos.
La sospettabile apparenza.
Giuseppe Di Bella pag. 21

Sergio Zagallo
Il precario equilibrio dei sogni

Gino Fienga pag. 27

Andrea Maioli
I passaggi dei non-luoghi.
Monica Mormone pag. 31

in-camera
Il passato ed il futuro.
Un incontro necessario.
Nadia Lazzarini pag. 37

net-art
De rerum... digitalis.
Mariacristina Cremaschi pag. 40

Ex libris
Il mondo tra le mani.
Manuela Gargiulo pag. 41

Quid
Il nuovo dilemma di Eva
Pippo Lombardo pag. 44

-fine
Verso un’arte ambientalista?
Gino Fienga pag. 45
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Un viaggio nei segni dell’uomo
Gino Fienga
n. 26 inverno 2012-2013

Silenzio in sala
Chiara Casarin
n. 25 estate 2012

Antonio Sgroi
Gino Fienga
n. 23 settembre-novembre 2011

Tobias Zielony
Matteo Bergamini
n. 22 giugno-agosto 2011

David Schnell
Giuseppe di Bella
n. 21 marzo-maggio 2011

Luigi Presicce. Reincantare la natura
Luciana Ricci Aliotta
n. 20 dicembre 2010 - febbraio 2011


Sergio Zagallo
Paesaggio Urbano
legno di pruno
altezza cm 47
2000

Sergio Zagallo
Obelisco n.4
Bronzo
altezza cm103
2008

Sergio Zagallo
Obelisco n.5
Emaco
altezza cm 87
2009

Se la critica e il mercato sempre di più cercano di imbrigliare la creatività degli artisti in una sola cifra, in un unico segno riconoscibile, in un cliché che permetta infinite riproduzioni, Sergio Zagallo si muove libero da queste costrizioni per seguire il suo percorso di ricerca senza l’ossessione di dover apparire comunque sempre uguale a se stesso.

Marmi, bronzi, ma anche legno e gesso: sono per l’artista solo supporti per indagare il rapporto tra l’uomo e la sua interiorità, e fra questi e l’ambiente che li ospita.
Zagallo va a fondo della materia senza timore, la taglia la lacera la seziona, ne scava le ragioni profonde fino a ritrovare, dall’altra parte di essa, di nuovo il mondo.
È quasi una ricerca di trasparenza, una voglia di guardare al di là delle cose, attraverso le cose stesse: fratture nel corpo della scultura, che diviene così allo stesso tempo oggetto di indagine e filtro di una realtà che non sempre è come la vorremmo.

La materia lo attrae, se ne percepisce il rapporto, ed è forse soggiogato dal bisogno di toccarla, di trasformarla, di entrare all’interno della forma, per distruggerne il significato simbolico. E così la sua opera si mette necessariamente in relazione con lo spazio che la circonda e che riempie, e da cui è attraversata.
La scultura è, per definizione, realizzazione di uno spazio proprio dentro un altro, quello in cui ci si muove; ma l’artista riesce a coinvolgere il contesto, il luogo che la ospita, rendendolo pregnante di significati e di sempre nuove stratificazioni di memoria.

Le superfici che di continuo s’addentrano nel cuore delle opere sono fratture che ritmicamente e armonicamente entrano ed escono dal corpo della materia, in una magica e inesauribile alternanza che sembra nascondere arcaici e irrivelati segreti.
La consistenza di questi segni si è evoluta nel tempo; all’inizio erano tagli nel legno, quasi frenetici e disordinati, poi si sono andati facendo più forti e regolari, ma sempre rimangono un vero e proprio fatto scultoreo in cui si indovinano, spesso e volentieri, delle suggestioni architettoniche: Paesaggi e Profili Urbani, o strutture simili a quelle proprie delle fondazioni edilizie.

Le sculture di Zagallo sono nuclei, elementi primi, organismi che danno inizio ad altri che si formano attorno ad essi. Sono occhi che attraversano la frontiera della complessità, verso l’immaginario in un continuo rapporto dicotomico fra sogno e realtà, uno sguardo che attraversa la ferita che fende l’opera completamente creando tagli, incrinature e fratture senza fine.

Ed è proprio nella ricerca di equilibrio fra queste due forze in continua attrazione e repulsione, che nascono gli Obelischi.

La sfera è allegoria di noi stessi, dei nostri desideri, delle nostre aspirazioni. Ma è schiacciata dal peso della materia, dalle costrizioni e dalle convenzioni, dalla realtà squadrata che spesso opprime e oscura la perfezione della bellezza.

È un’affascinante forma della magia la cui superficie lucida in bronzo riflette la realtà circostante, restituendo una sensazione alterata dello spazio, che crea straniamento e mistero, ma allo stesso tempo irradia la sua lucentezza, quasi a voler emergere, almeno otticamente, dalla costrizione a cui è sottomessa.

Comprimere questa forma perfetta permette di metterne in risalto ancora di più la forza repulsiva e l’idealistica mancanza di errori. È la potenza dei sogni e delle idee incorrotte, che nonostante l’arcaico peso di tronconi e di pilastri smangiati dalla luce e dal vento, macerie di una civiltà corrotta e corrompente perduta in se stessa, rimangono vive e lucenti, pronte in ogni momento a sottrarsi all’equilibrio dato, per riprendere la propria strada verso la realizzazione.

Il seducente messaggio insito nella scultura di Zagallo, ha comunque una valenza interpretativa con diversi livelli di conoscenza: immediata e piacevole, in quanto subito visivamente leggibile anche se non sempre di facile comprensione; allo stesso tempo dolorosa e controllata nel desiderio tattile che si scontra con il dolore della ruvidezza del percorso.
Non esiste mediazione fra la leggerezza al tocco della superficie sferica e l’imprevedibile ruvidezza della materia sovrastante e sottostante: corruzione che arriva anche a modificare l’essenza stessa dei criteri normativi della bellezza e della serena contemplazione che ne potrebbe scaturire. È la materializzazione di quel senso di precarietà che ci impone il nostro tempo in cui tutto sembra facile e chiaro, stabile e sicuro, ma in cui ogni cosa improvvisamente diventa difficile e incomprensibile, malferma e incerta.

È necessario accostarsi alle opere di Zagallo senza presunzione e pregiudizi per poter rimanere in equilibrio sul confine fra il sogno e la realtà, approcciandosi con la stessa umiltà con cui l’artista si pone nei confronti dell’arte e del suo stesso lavoro e nella ricerca di ciò che è dentro alle cose del mondo e dentro noi stessi e nelle nostre radici culturali. Un indagatore attento del destino dell’uomo e del suo cosmo interiore, delle nostre radici culturali e spirituali, un instancabile ricercatore dell’anima della materia attraverso un’esperienza che si manifesta con la forza della materia stessa in un continuo mettere alla prova la fragilità degli equilibri e delle geometrie che tengono in piedi la nostra vita.