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Espoarte Anno 11 Numero 68 dicembre 2010 - gennaio 2011



Michele Zaza

Luisa Castellini

Intervista



Contemporary Art magazine


SOMMARIO ESPOARTE N. 68 (dicembre 2010 - gennaio 2011)


New Media Art # 1 a cura di Chiara Canali
Artrip # 1 a cura di Livia Savorelli
Pensieri Albini # 1 a cura di Alberto Zanchetta

INTERVIEW
Michele Zaza intervista di Luisa Castellini
Spencer Tunick intervista di Ginevra Bria
Elia Alba intervista di Sissa Verde

GIOVANI
Jacopo Mazzonelli di Silvia Conta
Andrea La Rocca di Igor Zanti
Noemie Goudal di Ginevra Bria
Fabrizio Prevedello di Luisa Castellini
Cesare Galluzzo di Ilaria Bignotti
Maurizio Cariati di Francesca Di Giorgio

TALKIN'
Nicoletta Ceccoli di Matilde Puleo
Gian Marco Montesano di Elena Baldelli

PREVIEW
China Power Station, Pinacoteca Agnelli, Torino, di Carola Serminato
Juan Carlos Ceci/Fulvio Di Piazza, Tra terra e Corpo, Musei di Zoologia e di Anatomia Comparata del Dipartimento di Scienze Naturali dell'Università degli Studi di Bologna, di Laura Francesca Di Trapani
La scultura italiana del XXI sec., Fondazione Pomodoro, Milano, di Matteo Galbiati
John Baldessarri, Fondazione Prada, Milano, Gabriele Francesco Sassone
Salvador Dalì, Palazzo Reale, Milano, di Rosa Carnevale
Claudio Parmiggiani, Palazzo del Governatore e Chiesa di San Marcellino, Parma, di Alberto Mattia Martini
The colour is bright the beauty is generous, Centro Pecci, Prato, di Matilde Puleo
Thomas Ruff, Prato, di Ginevra Bria
Nora Schultz, Fondazione Giuliani, Roma, di Daniela Trincia
Modernikon, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, di Carola Serminato
Maria Morganti, Museo di Castelvecchio, Verona, di Irene Disco
Casabianca, Bologna, di Silvia Conta
Nicola Evangelisti, Paci Contemporary, Brescia, di Chiara Canali
Franco Rognoni, B&B Arte, Canneto Sull'Oglio (MN), di Elena Baldelli
Guglielmo Castelli, DAC, Genova, di Francesca Di Giorgio
Corrado Zeni, Guidi & Schoen, Genova, di Elena Baldelli
David Gremard Romero, Magrorocca, Milano, di Francesca Di Giorgio
Matteo Basilé, Galleria Pack, Milano, di Elena Baldelli
Federico Solmi, Jerome Zodo Contemporary, Milano, di Gabriele Francesco Sassone
Disegnare spazi, Impronte Contemporary Art, Milano, di Elena Baldelli
Paola Pezzi, Artema, Modena, di Chiara Serri
Esther Mahlangu, Franco Riccardo Arti Visive, Napoli, di Francesca Di Giorgio
Kara Tanaka, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, di Chiara Serri
Vienna, Galleria Marie-Laure Fleisch, Roma, di Laura Fanti
Donwood, Mondo Bizzarro, Roma, di Daniela Voso
Nebojša Despotović, Arte Boccanera Contemporanea, Trento, di Oriana Bosco
Luigi Carboni, Studio la Città, Verona, di Irene Disco
Francesco Bocchini, AndreA Arte Contemporanea, Vicenza, di Elena Baldelli

RUBRICHE
No Man's Land a cura di Viviana Siviero
Rapture. Dialogo ArteModa a cura di Sonia Vigo e Francesca Di Giorgio
Editoria: testi di Francesca Di Giorgio, Laura Fanti, Matteo Galbiati
All muscles. Divagazioni tra arte e sport a cura di Gabriele Tinti
Profili. Stefano Bombardieri intervista di Ilaria Bignotti
Dossier luoghi/spazi: PARCO – Pordenone ARte COntemporanea di Elena Paloscia
Progetti&Dintorni: Adobe Museum of Digital Media (AMDM), di Chiara Canali
Manifesta 8, intervista a Hedwig Fijen di Silvia Conta
Un giorno di felicità. 2010Miniartextilcomo, intervista a Luciano Caramel di Matteo Galbiati
Latifa Echakhch, GAMeC – Bergamo, intervista ad Alessandro Rabottini di Gabriele Francesco Sassone
Space Invader, Wunderkammern, Roma, intervista a Space Invader di Daniela Voso
Guest, Museo San Francesco - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di San Marino, di Silvia Conta
Il mercoledì di Espoarte: intervista a Ruggero Maggi di Francesca Di Giorgio
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1)“Corpo iniziale”, 2000, trittico (particolare), cm 120x100
courtesy Sabrina Raffaghello arte contemporanea

1)“Ritratto magico”, 2005, cm 125x134
courtesy Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea

1)“Il cuore del viaggiatore” (particolare), 2009, cm 80x110
courtesy Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea

Per Michele Zaza l’immagine non è mai stata un simulacro ma viva testimonianza del farsi dell’uomo nel tempo. Un farsi che necessariamente conduce alla trasfigurazione, attuata nella ricongiunzione del corpo con la sfera del simbolo e dell’archetipo, sia questo colore, postura, mimica nell’immagine che conquista l’ambiente domandando l’esperire, e quindi manifestando quel possibile che si dà nel celarsi. L’affermazione dell’esserci nel e oltre il proprio tempo, atto estremo di affermazione in quel dispiegarsi dell’alterità che rende l’uomo tale.

Luisa Castellini: È attraverso un corpo e un mistero, l’Incarnazione, che l’Occidente supera in parte la diffidenza nei confronti dell’immagine aprendo anche i battenti a opere che mirano all’alterità. Nella sua ricerca corpo, mistero e possibilità sono sempre stati presenti e nel corso del tempo hanno conosciuto diversi tempi e latitudini: dove l’ha condotta questo viaggio?
Michele Zaza: La cultura occidentale si è sempre mossa su un versante cristologico, nel senso che l’idea prende corpo nell’immagine, nella figurazione concreta dell’essere umano. Non a caso il Cristo risorge per riscattare la carne e continuare a essere uomo perpetuando il mistero della vita e della creazione. Lungo il percorso della creatività che da sempre si estende dalla condizione umana alla condizione dell’assolutezza, l’incarnazione e la partecipazione si trasformano lentamente in una sorta di stato trascendentale, poiché l’immagine desiderata mira a conquistare il valore ascetico-sostanziale: una metafisica fattuale. Il viaggio è infinito. Riconduce a se stessi. La libertà e la necessità s’incontrano in un mondo ideale, quasi ad integrarsi. Tuttavia, la libertà, superando i vincoli che la legano alla necessità, potrà pensare e produrre immagini dell’anima. Una trasfigurazione esemplare dell’identità condivisa con l’alterità, simile a un’entità cosmica la cui intimità non esclude l’altro.

Il la della sua ricerca evoca una sorta di work in regress, per dirla con Claudio Costa, vissuto in prima persona e insieme alla sua famiglia: quale rilievo ha assunto il muoversi in una consonanza identitaria nell’avvicinamento a una dimensione di trascendenza, mitica?
Il desiderio di sublimare la realtà quotidiana, nonché l’aspirazione sempre crescente all’idealità, mi conducevano alla comunità dei miei genitori, alle mie radici, alla mia nascita, al mio corpo come corpo del loro corpo. La riconoscibilità della mia identità ha posto il termine finale del filo conduttore della ricerca nella conquista del fondamento antropologico. La consapevolezza della lotta per cambiare il mondo e l’uomo. Dal momento che il linguaggio dell’artista è epifanico, la dialettica apparenza-essenza rivela l’anima segreta della realtà, l’habitat familiare o il contesto domestico. I corpi viventi finiscono per sottrarsi al loro habitat quotidiano per vivere uno spazio “favolistico”, creato a propria misura. Se la povertà spirituale sottrae l’uomo al dubbio, alla critica, alla consapevolezza della propria condizione di ripetizione ineluttabile, al contrario la ricchezza spirituale conferisce all’uomo una potenzialità creativa, riconquistando uno spazio circolare ed eroico, propulsore di infinite significazioni. L’intento è raggiungere e comprendere l’unità di tutte le cose. Un’unità differenziata e molteplice che interpreta e reinventa il mondo dei sensi.

Da una sorta di condensazione antropologica – tra coscienza dell’opacità del tempo, di prassi e costrizioni – alla ricostruzione di un’aderenza tra l’uomo e il senso del possibile, il suo percorso si è dispiegato in primis quale potenzialità semantica: qual è il rapporto tra parola e messa in immagine nella sua ricerca?
Il superamento della materia (piacere feticistico) e della sua corruttibilità sensibile, come anche l’acquisizione fisica dello spazio, concede all’essere la conoscenza, la trascendenza, la creatività e l’idealità. La rappresentazione non è la mimesi del visto e vissuto, ma del pensato. L’artista in quanto corpo trasfigurato assume la conformazione di una visione variabile, divenendo luogo di resistenza alle logiche proprietarie, all’opacità del mondo e del quotidiano. Il che conduce alla facoltà costitutiva dell’esistenza, al suo esser progetto, autoprogettazione dell’immagine rimessa alla decisione della propria individualità.
Idealmente il mio pensiero espresso in anteprima mediante la parola può svelare un intreccio di significati nascosti, conferendo un valore più intenso alla raffigurazione stessa. Spesso considero l’immagine non sufficientemente efficace rispetto al titolo al punto di doverla sperimentare nuovamente.

Colore, postura, mimica e impianto narrativo traghettano il corpo nella sua fisicità a farsi geografia plausibile, non solo immaginifica, di altri luoghi: il riconoscimento, l’appropriazione dell’archetipo e quindi la re-iscrizione di nuovi codici mitopoietici per quali direttrici si attua nella sua architettura? È possibile superare la nostalgia propria della maschera prima e dell’immagine poi?
Il ruolo ontologico del concetto di corporeità trova la sua motivazione nel rifiuto di una visione che riconduce all’obiettività, a tutto ciò che si configura come un corpo convenzionale. Il corpo è qualcosa che abita nel mondo senza essere una cosa del mondo, perché ci appartiene. Non si manifesta in un senso unico, la sua apparizione è vettore di qualità dialettiche. Esiste per osservare, interrogare, criticare, creare. Porre confini, determinare altri spazi e immagini. Un progetto poetico che sottrae l’uomo a un’esistenza meramente opaca. A questo punto si può dire che nostalgia e passione della maschera, ancor prima dell’immagine, si equivalgono. Il pretesto è produrre un movimento emozionale: un viaggio continuo nella formulazione di icone, ridefinito costantemente come un itinerario su cui si ricompone e incarna una sorta di unità perduta. Sovente la chiamo “nuova cosmologia umanistica” dove, tolto ciò che appare superfluo, si può vedere la “proposta” di un nuovo essere.

Stelle di pane, cibo simbolico di carne e spirito, ovatta, per un ambiente, quello della fruizione, che si è fatto sempre più totale. La costruzione di uno spazio da respirare sottende l’intenzione di creare un momento rituale e dunque di operare in un’ottica di comunione?
Non esiste una separazione tra me e le cose più vicine, come non esiste una distanza tra me e le cose più lontane. Tutte le cose che abitano in me esistono nell’universo. La modificazione del “proprio mondo”, insieme del “proprio corpo”, è il farsi della “propria esistenza”. Il confine del corpo corrisponde al confine del mondo. Ciò che appare estraneo deve essere pensato come realtà possibile e ideale. La trasfigurazione del corpo e la trasformazione dello spazio, nelle mie ultime opere, rivelano un cosmo materiale/immateriale, insieme psichico. Un cosmo dove si sedimentano segni e simboli, le molliche di pane e il colore del cielo, le forme plastiche e i gesti del corpo, i movimenti del volto e delle mani nelle foto e nei video. Un processo di visione onirica capace di rigenerare l’invisibile quanto il potenziale visibile. La mia ipotesi di “centralità-totalità” mi permette di concepire una rappresentazione dove convergono idealmente terra, cielo, uomo, coscienza. Si tratta di una configurazione ideale del mondo a partire dal suo naturale fondamento antropologico. Una sorta di paradiso inventato, etere spirituale dell’infanzia e della bellezza, che possa trascendere gli ambiti della morale e della sociologia. Una favola ritrovata, capace di portare l’essere oltre se stesso.

Le sue immagini si muovono nella consapevolezza della distanza fondante, che ha del magico, tra presentazione e rappresentazione: se l’icona si fonda sul tentativo di aderire al prototipo cosa mette al riparo l’immagine dall’esaurirsi nel suo essere fine e non anche mezzo?
La vita è inconcepibile senza il corpo. Vivere significa prendere corpo. La presenza del corpo rende esistente il mondo. Il corpo diviene la figurazione concreta della conoscenza del mondo. L’esistenza dell’uomo non è puramente biologica, essendoci nell’uso del proprio corpo un elemento di creazione che impedisce di separare ciò che è naturale e ciò che è prodotto o indotto, il fine e il mezzo. Il corpo diviene zona di trasformazione dal naturale al culturale e viceversa.

L’impiego della fotografia nella sua ricerca si è mosso su vie differenziali con una netta predilezione per la creazione: come si è sviluppato nel corso del tempo?
Se nelle esperienze attuali la fotografia, allontanandosi da una posizione artistica autoriflessiva e critica, esalta la qualità linguistica, o stilistica, ponendosi come autoreferenziale, nella mia esperienza essa acquista un ruolo partecipativo. A partire dalla sua innocenza tecnologica, la fotografia è un mezzo efficace ad alta fedeltà per visualizzare infiniti viaggi nell’immaginazione umana. È un reportage della mia “rivolta” personale, della mia autarchia, dei miei artifici, del divenire di stati emozionali e di risvegli fuori dal tempo. Mi concede la facoltà di esternare i desideri di libertà, di tradurre in immagini uno spazio diverso dalla spettacolarità effimera della società opulenta con tutta la sua velocità consumistica. La fotografia direzionata contro i grandi media di comunicazione, testimonia l’urgenza della diversità: la proposizione della propria identità. Forse può stabilirsi come un punto iniziale per un’arte epica.

Come si caratterizzano le due personali in corso da Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea e a Palazzo Bertalazone?
Nella mostra di Alessandria e in quella a Torino la trasfigurazione del corpo e la trasformazione dello spazio rivelano un cosmo creativo, psichico. Il mio volto, insieme a quello di Annamaria, dialogano ed entrano in simbiosi con forme plastiche, elementi cosmici, in un’atmosfera che tutto reinventa e al tempo stesso tutto promuove. È nella rappresentazione di un nuovo vivente che si trova la possibilità di un universo immaginario, fatto di volti che si scoprono e si nascondono dietro l’apertura e la chiusura delle mani, sicuri di voler occupare uno spazio magico e cosmologico. Il volto come contenuto umano. La sua carnalità partecipa al divenire dell’esistenza, mentre la sua valenza archetipica, con i rimandi al cielo e al sole, proietta infiniti orizzonti visivi immaginari. Nell’Apparizione magica di Alessandria o nell’Apparizione cosmica di Torino la molteplicità dell’essere è percorribile. Il sensibile si fa elemento del cosmo. Nello spazio di Roberto Allegretti la video-installazione attua una “ipotesi” di visione onirica, che iniziata in precedenza quale Universo estraneo (Luciano Amelio, Napoli 1976), appare qui sviluppata nelle sembianze di un habitat celeste trasformabile: il pavimento si smaterializza diventando cielo, luogo di germinazione di forme plastiche astratte, simile a una “emanazione” di eternità che tutto rinnova, scandita dal battito del cuore, suono cosmico della vita.

BOX/BIO

Nato a Molfetta nel ’48, si iscrive al corso di scultura di Marino Marini all’Accademia di Brera a Milano, ove si diploma nel ’71. L’anno dopo presenta alla galleria Diagramma/Inga-Pin di Milano Cristologia: la sua ricerca si sviluppa in numerosi cicli tra cui Spazio del verbo essere, Mimesi, Anamnesi. Partecipa a Documenta (Kassel, 1977 e 1982), alle Biennali di Parigi (1975) e San Paolo (1977). Nel ’78 lo spazio diventa un Racconto celeste: partecipa alla Biennale di Venezia con una sala personale nel 1980 e l’anno dopo espone al Musée d’art moderne de la Ville de Paris, mentre inizia a inserire elementi scultorei nelle sue opere. Negli anni ’90 i volti si volgono alla trasfigurazione e il viaggio diventa un “ritorno verso se stesso” in una consonanza tra uomo e cosmo densa di simboli e presenze. Negli anni 2000 è al Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea di Roma e al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Ginevra. Le sue opere sono conservate in molte collezioni pubbliche tra cui Centre Pompidou, Musée d’art moderne (Parigi); Staatsgalerie (Stoccarda); Museum of contemporary art (Téhéran); Kunsthaus (Zurigo).

Eventi in corso:
Apparizione magica
Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea
Via Treviso 17, Alessandria
Fino al 10 febbraio 2011
Info: 0131.1953264

Apparizione cosmica
Galleria Allegretti Contemporanea
via San Francesco d'Assisi 14, Torino
18 dicembre 2010 - 15 gennaio 2011
Inaugurazione 17 dicembre ore 19.00
Info: 011. 5069646

Gallerie di riferimento
Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea, Alessandria
Galerie Martine e Thibault de la Châtre, Parigi (FRA)
Galerie Daniel Varenne, Ginevra