boîte Anno 4 Numero 11 estate 2013
"Sembra che codesta gente sia tanto immersa nelle sue profonde meditazioni da trovarsi in uno stato di perpetua distrazione, dimodoché nessuno può parlare né udire i discorsi altrui se qualche impressione esterna non viene a scuotere i suoi organi vocali o uditivi".
[I viaggi di Gulliver]
Un caldo brusio che sale, come un frinire di cicale, frifrì frifrì frifì......
Il verso delle cicale é come un canto, talvolta più acuto, talaltre appena accennato. Anonimo grido di un esercito di animaletti che, immagino, si raccontano storie.
Sarebbe bello poterle ascoltare... Richard, conosci un modo per decifrare il canto delle cicale?
Davvero ti piacerebbe?
E' difficile ascoltare una storia, senza perderne il canto. A meno che tu non abbia incontrato la poesia,
dove il canto sostiene la storia e la storia sostiene il canto.
Non mi interessa dirti quelle storie, ma mostrarti quelle storie e quel canto come unico corpo,
in modo che tu non sappia mai dire quale dei dei due tu stia ascoltando.
Ah! La poesia, dici? L'ho incontrata un'estate di qualche anno fa, ero appena tornata da un lungo viaggio nella terra di Albione. Mi si presentò in una strana forma, tanto che non la riconobbi. Inizialmente bisbigliò lettere e io, stupidamente, cercai le parole. Poi, una sera arancione e afosa, mi sussurrò "non cercare, ma trova". Animo curioso e occhi spalancati. La poesia mi guidò in un bosco e mi lasciò sola. Ero spaventata, non lo nego. Continuavo a inciampare nelle radici, avevo mani e ginocchia sporchi di muschio e terra. Poi, un giorno, mi fermai a osservare le radici, a seguirne l'intreccio, l'arabesco, l'incastro e finalmente capii cosa voleva dire "trovare" anziché "cercare": considerare le radici come incontri, non come intoppi.
Ecco perché, ora, in queste ore bagnate, ti chiedo di regalarmi quel corpo di storia e canto.
Ahimè! a causa della mia posizione non sono certo di poterti regalare quello che faccio...
Ho deciso di stare sui rami insieme alle altre cicale, capisci dunque come non voglia assumermi la responsabilità di parlare a nome di tutti.
Non rappresento nessuno, neanche me stesso.
Registro, quello si! e ti assicuro che è molto più faticoso di quanto si possa immaginare.
Sono quello che schiaccia il tasto rec. Mi tocca quindi volare di ramo in ramo per non perdermi niente.
Poi di notte quello che faccio è montare il materiale nel modo più lineare possibile.
Alla fine quello che si sente è un brusio indifferenziato, frastornante, ma almeno è quello che è.
Senza alcuna interpretazione, senza alcuna divisione tra canto e storia.
- Sente un forte rumore e si gira di scatto - Hai sentito? Era un tuono? Forse uno sparo? Come registri questo suono improvviso?
Non riesco a immaginare questo tuo lavoro di registrazione senza interpretazione, mi sembra impossibile. Il tuo scrutare la realtà è mediato dai tuoi occhi, i quali, converrai con me, sono la cosa meno imparziale del mondo...
Io non credo alla linearità, non riesco a concepirla: per me, ciò che collega due punti é un arabesco.
Per me, le cicale si raccontano la vita e desiderano essere ascoltate.
Era uno sparo, ma non stavo guardando lì.
Ero più dietro, ero più sotto, e sono arrivato con il fiato corto.
Solo dopo ho capito e ho deciso di prelevare, una eco che si allontanava.
E le persone dicevano: che succede? Non so, questo è quello che ho trovato.
Mi sembrava importante che tu lo vedessi. Non voglio usare il mio occhio, ma il tuo.
Ho cercato di essere il tuo strumento, e tra i nostri due punti ho cercato di intessere un ricamo.
Segui il filo che passa da una parte all'altra del tappeto.
Alla fine i due lati hanno un disegno simile, ma non potrà mai essere lo stesso.
Registri per il gusto di registrare o per restituire una parte di realtà?
Sto seguendo il tuo filo con la punta delle dita, ad occhi chiusi. Cerco la fantasia non la realtà.
Credi che il tuo filo mi possa condurre lì dove non sono ancora giunta?
Forse sarà un viaggio lungo, ma non mi spaventa. Ho molto tempo.
Sarebbe divertente registrare per il gusto di farlo... la mia, invece, credo sia più un’ ossessione!
Ogni nuovo appunto è solo un piccolissimo passo verso qualcosa che non può, per definizione, essere afferrato.
E un po' come provare a strappare con le dita un pezzo di budino.
Non credere però che la cosa sia frustrante, anzi è l'aspetto che più mi eccita.
E' come leggere un romanzo non finito. Quel libro rimarrà per sempre aperto sulla tua scrivania.
Non ti conosco abbastanza per dire che questo filo ti condurrà dove non sei ancora stata, ma, certo, posso dirti che non arriveremo mai.
Talvolta, quando mi guardo allo specchio, vedo Penelope, ma non pensare che io aspetti Ulisse, sono Penelope alla guerra, come disse quella giornalista…, per il mio gusto di tessere storie che spesso rimangono con le aperte, grondanti, per quell’attesa costante anche quando mi sembra di essere arrivata. Come puoi immaginare, quindi, ti capisco ed è forse per questo motivo che ho ficcato il naso nella tua storia e mi sono appassionata al tuo vagare senza meta.
Dove sei diretto? Che programmi hai?
La mia direzione e i miei programmi sono sempre gli stessi. L'arte.
Non farla mi rattrista. E questa è l'unica cosa che so.
Richard Sympson (2006) nasce dalla collaborazione di Cosimo Pichierri (1976) e Marco Trinca Colonel (1980). La sua boîte custodisce un fischietto.
Federica Boragina (1986) è co-fondatrice di boîte e autrice di Fabio Mauri. Che cosa è, se è, l’ideologia nell’arte. La sua boîte custodisce le conseguenze dell’amore.