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AI MAGAZINE Anno 8 Numero 66 estate 2014



L'eco del tempo

Roberto Palumbo

intervista a Fabiano Parisi



a photography and CONTEMPORARY cultures’ mag.


SOMMARIO N.66
L’APERITIVO ILLUSTRATO Green Apple_Between the Line



10
Michael Brus
interview | by Vincenzo Circosta

12
Illustrated Fantasies
interview | by Adele Rossi

14
Beetween The Lines
about photography and law
by Cristina Manasse, lawyer

16
The photograph in the
ancient land of freedom
interview | by Eric Mc Grath

20
The Echo Of The Time
interview | by Roberto Palumbo

24
The flight of man or
the flight from man?
interview | by Debora Ricciardi

27
The sober elegance
of Irving Penn
exhibit | by Michele de Luca

28
Locus amoenus:
a mediation of nature photo
interview | by Gaia Conti

32
Nicola Samorì
profile| by Luca Maruffa

34
Green, white and red
interview | by Marco Vincenzi
38
Portfolio
Fratelli Calgaro

50
Abu Dhabi: here the future of art has already begun
profile | by Giacomo Belloni

52
The princess’s secret
arts&crafts | by Alessandra Baldassarri

54
When the treasure is the safe
arts&crafts | by Michael Sägerbrecht

55
The ocean’s star
arts&crafts | by Alessandra Baldassarri

56
Fitting Art
arts&crafts | by Vincenzo Circosta

58
Anna Paghera green care
arts&crafts | by Luca Magnanelli Weitensfelder

60
The eye of the observer
interview | by Christina Magnanelli Weitensfelder

62
Phyllis Lambert, Golden Lion at the 14th Biennale
profile | by Laura Migliano

66
The new Scottish Parliament - Edinburgh
profile | by Alessandro Antonioni

68
Between the lines feed grows
think | by Benedetta Alessi

71
Grizzana remembers Morandi
exhibit | by Stefania Dottori

72
The Agenda, must-see art shows
by Adele Rossi

75
The miserable girl replied
think | by Alessandro Di Caro

76
Nothing is known, everything is imagined
profile | by Luca Maruffa
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Fabiano Parisi, Il mondo che non vedo 33, 2007
stampa giclèe su carta Canson Infinity

Fabiano Parisi, The Empire of Light 03, 2007
stampa giclèe su carta Canson Infinity

Abbiamo incontrato Fabiano Parisi qualche mese fa ad Arte Fiera a Bologna, dove ha esposto le sue opere. Incuriositi ed affascinati abbiamo chiacchie­rato con lui del suo lavoro, dei luoghi che ha visitato e immortalato nelle sue fotografie.
Abbiamo parlato di quella sottile linea temporale che sembra dividersi tra passato e presente negli scatti dei luoghi che rappresenta.
Nelle immagini dei teatri delle industrie o degli edi­fici in disuso l’eco di ‘ciò che fu’, si insinua imme­diatamente nella mente di chi guarda attraverso le sue rappresentazioni che sembrano sospese tra foto­grafia, pittura e narrativa. Ogni immagine ha una storia da evocare: suggerita, sussurrata, desiderata.
In questa breve intervista qualche informazione in più per capire chi è Fabiano Parisi, il resto nei suoi scatti.

Roberto Palumbo: «Come nasce il tuo lavoro e l’interesse per i luoghi che rappresenti?»
Fabiano Parisi:
«Ho iniziato fotografando alcuni manicomi abbandonati mentre preparavo la tesi in psicologia e sono rimasto rapito dalle atmosfere ra­refatte ed uniche di questi luoghi, dove si respirava ancora tutta la storia di ciò che era stato. Ho allar­gato poi la ricerca ad altri luoghi dimenticati e nel frattempo la fotografia è diventata un lavoro».

«Nascere e vivere a Roma ha in qualche modo influenzato la tua visione delle cose?»
«Sicuramente nella percezione e nel senso dello scorrere del tempo, Roma con la sua storia è una cit­tà straordinaria e difficile allo stesso tempo, da vive­re e da fotografare. Un progetto a cui sto lavorando è proprio quello di confrontare le antiche rovine ro­mane con quelle moderne che ho ritratto finora, che presenterò in autunno in collaborazione con la gal­leria Glauco Cavaciuti Arte a Lugano (Svizzera)».

«Come più volte citato, se gli scatti non rap­presentano una forma di denuncia, cosa rap­presentano allora?»
«L’obiettivo è restituire la maestosità e la magni­ficenza di questi luoghi ormai dimenticati e in via di estinzione, che sembrano far parte di un mondo parallelo.
Nella composizione delle fotografie sono stato colpi­to dalla forma, da linee e volumi, ma guidato soprat­tutto dalla luce.
L’intenzione è di dare alle mie fotografie una netta impronta di rigore e di forte contrasto tra luce e om­bra, ed è proprio in questi luoghi che ho ritrovato il senso magico e simbolico di questo contrasto: la luce, che illumina la grandiosità delle architetture di un impero decadente, con ampie zone d’ombra e neri profondi, quasi a evocare la storia vissuta e facendo­ne intravedere una nuova».

«La dimensione temporale degli scatti in cui si è trasportati è duplice: una dello stato at­tuale e una del fasto originale dei luoghi rap­presentati. Questo lascia forse allo spettatore la possibilità di immaginare la seconda?»
«In questi luoghi il tempo è sospeso, immagino un inizio ma non vedo la fine così come vado oltre la visione nostalgica della rovina e del tempo che pas­sa, concentrandomi sulla bellezza di ciò che rimane. Le fotografie sono state scattate in tutto il mondo senza per questo comporre una sorta di mappatura dell’abbandono, non c’è una geografia del luogo così come non c’è un flusso di tempo definibile, lo spetta­tore non conosce il dove e quando. C’e’ un doppio salto e le fotografie si possono leggere a vari livelli, tutto è lasciato all’immaginazione».

«Alcuni scatti appaiono impregnati di un surrealismo evocativo che sembra ricordare le atmosfere dei film di Kubrick ed in particolare di Shining. Un accostamento appropriato?»
«Nel mio lavoro c’è un doppio piano, quello as­solutamente reale del luogo rappresentato e quello surreale che si sperimenta vedendo la magnificenza andare in rovina, si crea una strana sensazione di aspettativa ai confini tra fantasia e realtà. Il passato si concretizza nel vedere dei mondi dai quali pensi di essere distante ma in realtà questi sono la tua storia e ti appartengono. Anche tecnicamente le mie foto­grafie sono tutte a fuoco, c’è una visione ampia e non solo un particolare isolato, allo stesso modo nei vari luoghi ricerco sempre la stessa luce e questo non fa che amplificare l’aspetto surreale delle immagini».


Fabiano Parisi è nato nel 1977 a Roma, dove vive e lavora. Dopo la laurea in Psicologia decide di dedicarsi alla fotografia. Parisi partecipa alla 54°Biennale di Venezia, Padiglione Italia nel 2011, ed a Fotografia, Festival Internazionale di Roma, nel 2012 al museo MACRO. È finalista nel 2012 al Young Master Art Prize a Londra e nello stesso anno vincitore di un premio speciale al Premio Arte Laguna 11.12.
Nel 2010 è il vincitore assoluto a New York del Celeste Prize International nella categoria foto­grafia. Ha esposto le sue opere in diverse mostre personali, tra le ultime alla Diana Lowenstein Fine Art Gallery di Miami (USA) nel 2013, alla galleria Glauco Cavaciuti Arte nel 2011 e nel 2013, al Museo di Roma in Trastevere, con la mo­stra Il mondo che non vedo, nel 2010, e alla Fabbrica Borroni (Bollate, Milano) nel 2009.