Barriere. Di Lascio per creare la materia utilizza media che non hanno corpo alla vista, come la garza. Oppure sceglie materiali senza storia come i cartoni, l'ardesia, il bitume, lo spago o la stoppa.
Barriere
Il pensiero oggettivante di Claudio Di Lascio si pone all'intersezione d'influssi
emotivi e culturali diversi, spesso antitetici. Da una parte l'istanza ottimistica
derivata dall'entusiasmo per il proprio fare, dall'altro il retaggio di un mondo
bambino fragile e compresso, dove il rapporto tra soggetto - lui medesimo - e
l'oggetto - il mondo circostante - inibisce l'atto conoscitivo creando sequenze di
barriere.
Schopenhauer diceva: Il mondo è una rappresentazione.Se c'è una verità che si può
affermare a priori, è proprio questa: essa infatti esprime la forma di ogni
esperienza possibile e immaginabile, la quale forma è più universale di tutte le
altre e cioè del Tempo, dello Spazio e della Causalità, perché tutte queste
implicano già la prima.
Tuttavia il mondo così rappresentato e determinato è apparenza.E' l'apparenza che
vela gli occhi dell'uomo, è l'apparenza che spesso non permette l'abbattimento di
certe barriere.Spetta alla volontà, principio unitario ed irrazionale, produrre
quelle idee, in senso platonico, capaci di generare nuovi modelli avulsi dallo
Spazio, dal Tempo e dalla Causalità. Dove la volontà diviene ragione, inizia la
lacerazione umana, la lotta perenne che contrappone gli egoismi individuali e
l'unica strada per sottrarsi al mondo della rappresentazione sembrerebbe esser
quella di sottrarsi alla volontà di vivere. Ma c'è un potente farmaco per
districarsi da questa tragica tela di ragno: l'Arte.
Con l'Arte l'uomo non si trova più in contrapposizione con gli esseri umani: perché
attraverso l'Arte può contemplare le idee in quanto essenze universali e generiche.
Arte quindi come intuizione delle idee.
Claudio di Lascio ha percorso queste strade. Con fatica e dolore è riuscito ad
abbandonare la sua natura d'individuo per sollevarsi a soggetto puro della
conoscenza. Ma la lotta non conosce tregua, ogni giorno l'artista si confronta con
la sua volontà, perché la sua arte sempre di più coincide con la sua vita interiore.
Per raccontare le sue parabole estetiche, Di Lascio utilizza due chiavi: l'abbandono
di ogni schema precostituito e la ricerca alchemica che leviti la materia. Per
ottenere quest'ultima utilizza media che non hanno corpo alla vista, come la
garza.Oppure sceglie materiali senza storia come i cartoni, l'ardesia, il bitume, lo
spago o la stoppa.
Mezzi poveri che negano qualsiasi valore o qualità estetica, che ben si addicono a
storie senza Tempo né Spazio.Anche la Causalità viene negata in una sorta di
programmazione deliberata dalla volontà nell'atto medesimo di voler produrre arte.
Con questo non si pensi ad un rigurgito dell'Arte Povera, perché gl'intenti di Di
Lascio sono di tutt'altra natura.
Per lui infatti non possono esistere poetiche costituite in quanto, in pace con la
sua volontà, la comunione con il mondo avviene con un rito d'iniziazione eterno,
ripetibile e risolvibile ad ogni ispirazione estetica.Le metafore, le metonimie sono
il suo alfabeto, non c'è opera la cui quintessenza non rimandi alle esperienze
dell'artista negate ed al suo voler bruciarsi e rinascere, irriducibile Fenice.
Sia che rappresenti il vento o l'anima, o la malattia, tutti soggetti di per sé in-
rappresentabili se non attraverso favole simboliche, l'artista ribadisce il suo
voler rappresentare il mondo attraverso brani di pura poesia, ora graffiante, ora
dolente o melodiosa, ora dolcissima. Ma sempre poesia.
Brani laconici di ricordi e speranze oggettivati dal suo fare arte con tutta la
passione e l'onesta dedizione disponibile, fuori dai giuochi sconcertanti della
nostra contemporaneità.
Anche in questo l'artista è solidale con il filosofo di Danzica: senza volontà il
nostro vivere collasserebbe tra i granelli di sabbia della grande clessidra posta
nell'universo.
Né fine, né principio ma solo arte voluta da un'anima in - arrendevole, fragile e
nello stesso tempo feroce nel suo eterno combattere il velo di Maya.
Inaugurazione: Sabato 5 maggio 2007 ore 18, presentazione in galleria di Fiammetta Bianco
Akkademia dei Prossimali
via Alcamo, 4 - Roma