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 Mariacristina Cremaschi
 
Un'arte schizofrenica

Mariacristina Cremaschi

Durante un recente incontro, Franco Vaccari, artista impegnato da sempre nella sperimentazione sui linguaggi dei nuovi media e forse antesignano dell'arte in rete in Italia con 'Atelier d'artista' (1996, ora non piu' in rete), interpellato sui motivi per i quali l'utilizzo artistico della rete telematica, per quanto lo riguardava, si fosse arrestato a quell'unico episodio, ha dichiarato che, benche' l'esperienza fosse stata molto interessante e i risultati soddisfacenti, non intendeva ripeterla, poiche', non possedendo sufficientemente conoscenze tecniche del mezzo, non si sentiva di padroneggiarlo.
Nonostante Franco Vaccari non appartenga alle ultime generazioni di artisti, questo aneddoto forse permette una lettura sulla scarsa attenzione che, piu' in generale, gli artisti italiani dedicano al fare arte in rete: insufficienza nella preparazione tecnica, spesso accompagnata o determinata da un pregiudizio sulla predominanza della macchina rispetto al processo creativo che induce a negare alla produzione attraverso questo mezzo uno statuto di artisticita' (1).
Assumendo, quindi, un atteggiamento meramente fenomenologico e prescindendo dall'incidenza percentuale assai bassa della produzione artistica italiana, sia in riferimento alla produzione interna che alla totalita' dell'arte in rete, una panoramica su cosa significhi fare arte in rete oggi in Italia non puo' che evidenziare come essa rispecchi le stesse linee operative, le stesse strategie del fare arte in rete nel resto del mondo, non avendo, a mio parere, alcun senso distinguere un 'ramo italiano' in un ambito in cui, fra l'altro, si mettono in discussione i concetti tradizionali di appartenenza.
Credo piuttosto che si possa prendere in esame il fare arte in rete in Italia come emblematico delle caratteristiche e delle problematiche che emergono da questo operare artistico, qualunque sia la nazionalita' degli artefici.
L'approccio piu' 'normale' degli artisti con la rete e' la creazione dei cosiddetti 'siti d'artista' o delle 'gallerie virtuali', quest'ultime realizzate a volte appositamente per la rete o altre come repliche digitali di istituzioni reali. Attraverso questi spazi numerosi artisti espongono le loro opere, indipendentemente dalla tecnica con cui sono state realizzate: computer grafica, fotografie, video, ma anche opere create con mezzi piu' tradizionali quali pitture o sculture. In questo caso l'uso della rete telematica e' puramente parassitario, in quanto ne sfrutta l'enorme potenziale comunicativo, ma non attinge, se non in minima parte, alle sue possibilita' piu' innovative, quali l'interconnessione tra piu' utenti o l'interattivita' in tempo reale. Cio' nonostante, si devono considerare, senza pregiudizio di valore, alcuni cambiamenti che tali realizzazioni apportano rispetto alla fruizione e alla concezione degli spazi dedicati all'arte. In primo luogo questi siti offrono agli artisti una visibilita' generalizzata, senza mediazioni, impensabile nel circuito ufficiale dell'arte, mentre dal punto di vista della fruizione, attraverso il collegamento alla rete telematica il pubblico puo' visitare le gallerie virtuali in un tempo e con modalita' impensabili nel mondo fisico, di ricevere informazioni sull'artista e la sua opera attraverso i suoi scritti, di mettersi in contatto attraverso la posta elettronica, di avere, quindi, un approccio personalizzato con il mondo dell'arte. Nel caso di opere collettive, come il citato lavoro di Vaccari, il pubblico ha la possibilita' di assistere in tempo reale allo svolgimento del progetto proposto dall'artista organizzatore.
Anche le riviste d'arte in rete o e.zine hanno contribuito in questi anni a mutare l'informazione di/e sull'arte. Molte di esse, non si limitano ad essere semplici repliche digitali di omologhe pubblicazioni su carta, ma, sfruttando le possibilita' della struttura ipertestuale e della connettivita' offerte dal contesto mediale, hanno creato degli spazi in cui ogni utente puo' costruirsi il proprio percorso di lettura allargato, attraverso i links, a tutta la rete, e anche collaborare con propri contributi alla creazione di uno strumento di informazione che si rinnova in continuazione.
Ai 'siti d'artista' o agli e-magazine non viene riconosciuta una specificita' artistica, mentre questa viene riconosciuta ai processi che attuano strategie tali da innescare progetti il cui fine non e' solo quello di comunicare, ma di coinvolgere il pubblico che diventa compartecipe di questo processo: la cosiddetta net.art.
L'ambito della net.art dovrebbe comprendere, per alcuni studiosi, critici e curatori(2), quei progetti che non possono prescindere dal medium che utilizzano, sfruttano e interrogano le caratteristiche salienti che costituiscono la sua entita' e la sua originalita', assumendo un atteggiamento simbiotico nei confronti della rete, nel senso che questi lavori sfruttano le caratteristiche specifiche del mezzo in modo tale che tali prerogative ne condizionino l'esistenza; la rete stessa, inglobando tali lavori, ne assume il potenziale creativo, risultandone 'vitalizzata'.(3) Queste caratteristiche, sintetizzando al massimo, si possono riassumere in alcune parole chiave: interconnettivita', interattivita', servizio pubblico, comunita' (4). Pur condividendo questi paradigmi, non posso che considerare che i problemi di fondo su cui si basa l'esistenza di questo tipo di arte vanno ben al di la' di questi 'paletti' e implicano un discorso piu' generale intorno all'arte contemporanea, nel cui ambito si sviluppa non solo la net.art ma anche tutta l'arte tecnologica.
Secondo Mario Perniola (5), l'arte attuale ' (...) soffre di una duplice semplificazione (...): da un lato essa viene schiacciata sulle opere, prescindendo da tutto cio' che e' condizione dell'esistenza di un'opera d'arte; dall'altro viene schiacciata sulla realta', prescindendo dallo spessore e dalla complessita' del reale'. Secondo il filosofo entrambe queste concezioni peccano di ingenuita', in quanto non sarebbe possibile cogliere l'arte in nessuna delle due, bensi' nell'ombra che accompagna tanto l'opera quanto l'operazione artistica. Non e' qui il luogo per approfondire questo concetto di ombra, ma piuttosto di interrogarsi se e in quali di queste concezioni si riconosca la net.art e piu' in generale tutta l'arte tecnologica e quali siano i pericoli che questo appiattimento da un lato sulle opere e dall'altro sulla realta' comporta.
Certamente l'operare degli artisti in rete non consiste tanto nella creazione di opere (anche se immateriali), ma in azioni il cui scopo e' quello di raggiungere il pubblico. Essi hanno raccolto la sfida di estetizzare lo spazio della comunicazione rappresentato dalla rete che riassume in se' tutti i linguaggi contemporanei, intuendo, sulla scia di quanto e' avvenuto nei decenni precedenti, a partire dagli anni '60, che e' in questo spazio, grazie alla sua potenza espressiva, che si giocheranno i grandi mutamenti sociali e prospettando la necessita' di una partecipazione democratica nella sua gestione. Questo tipo di concezione si scontra con una concezione dell'arte come un'entita' dotata di un 'valore', sia esso culturale od economico. È su questo punto che la net.art, ma in generale tutta l'arte che si riconosce piu' sull'attivazione di processi che sulla creazione di opere dotate di un 'valore denota un atteggiamento schizofrenico, in quanto pretenderebbe di farsi accettare da chi, avendo concezioni diverse dell'arte, non puo' accettarla e nello stesso tempo, attraverso questa ambizione, sembra condividerne gli assunti.
Si potrebbe obiettare che, se pur marginalmente, la net.art e l'arte tecnologica vengono accettate dalle istituzioni tradizionali dell'arte. Che questa accettazione diventi incondizionata, fatto a mio giudizio che non va ne' auspicato ne' demonizzato, non deve far venir meno la consapevolezza che si viene accettati da queste istituzioni perche' al proprio progetto viene assegnato un 'valore' di comunicazione, che di fatto lo allinea all'arte delle opere.
Il pericolo da cui deve guardarsi piuttosto la net.art e, in generale, tutta la produzione artistica che non e' appiattita sulle opere, e' quello di non confondersi troppo con la vita, di sottrarsi alla spettacolarizzazione, al clamore che tutto banalizza, perche' forse l'artisticita' si nasconde proprio in quelle zone d'ombra che il bagliore dei riflettori non puo' cogliere.

Mariacristina Cremaschi
Esperta di arte contemporanea, rivolge principalmente la propria ricerca ai rapporti intercorrenti tra arte e le piu' recenti tecnologie. Ha collaborato fino all'anno accademico 1999-2000, in qualita' di Cultore della Materia, alla ricerca e all'attivita' didattica del Corso di Storia dell'Arte contemporanea della Facolta' di Lettere e Filosofia dell'Universita' di Bologna, tenendo un seminario avente per tema 'Arte e neo-tecnologie informatiche'.
Tra gli eventi recenti piu' significativi curati nell'ambito di Arte tecnologica si citano: 'Arte della Realta' Virtuale' in 'La coscienza luccicante. L'arte nell'eta' elettronica' -Palazzo delle Esposizioni-Roma - 1998; Progetto <.Net Art>: -Modena - 1999; Workshop Regionale .net art-Giovani d'Arte Regione Emilia Romagna - 1999; I Concorso <.net art>- www.Stradanove.net - 1999; Arte in contemporanea-Net Art Antology - Centro Studi L.A. Muratori-Modena - 2000.
Autrice di 'L'Arte che non c'e'. 1987-1996. Indagine sull'arte tecnologica', Edizioni dell'Ortica, Bologna, 1997, scrive come free-lance saggi e recensioni per riviste d'arte. Attualmente e' impegnata con un gruppo di artisti allo sviluppo del progetto 'PIZART', nato con lo scopo di creare connessioni tra i diversi ambiti dell'arte contemporanea, organizzando convegni, eventi, giornate di studio.


Note
(1)Achille Bonito Oliva, "Arte e anoressia"in 'Quadri e Sculture', Marzo/Aprile'99, Anno VII, numero 35
(2)Steve Dietz, Beyond Interfaces, in http://www.archimuse.com/mw98/beyondinterface/
(3)Pierre Levy; L'intelligenza collettiva, Feltrinelli, Milano, 1996
(4)Derrick de Kerchkove, Art ondine, in Cyberarts 98, Hannes Leopoldseder, Christine Schöpf (a cura di), Springer Verlag, Wien New York,1998
(5)Mario Perniola, L'Arte e la sua ombra, Einaudi, Torino, 2000

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Questioni di partenza


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