Attraversare le contingenze allargando le prospettive

08/02/2008
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ARGOMENTI

È la volta di 1:1projects









Prosegue il ciclo di interviste che segue i collegamenti e le progettualità di una rete di giovani curatori e di nuovi spazi che dall'Italia organizzano sbocchi e collaborazioni all'estero. Cecilia Canziani, uno dei nove componenti di 1:1projects parla del progetto...

Intervista a cura di Michela Gulia.

Comincerei col chiederti cos'è e com'è nato 1:1 projects

1:1projects nasce tre anni fa ed inizialmente voleva essere principalmente un servizio di peer critique tra membri di un gruppo di curatori con base a Londra e a Roma che condividevano la necessità di confrontarsi. Tutti noi credevamo allora - e continuiamo a crederlo adesso - che la nostra professione si svolga meglio attraverso il dialogo e lo scambio di idee, competenze, professionalità.
Abbiamo due sedi, una Roma e una a Londra, che condividono lo stesso nome e la stessa visione, ma i due gruppi hanno modi di operare specifici in relazione al contesto: quello di Londra non ha una sede e lavora principalmente su pratiche legate al territorio, mentre il gruppo di Roma ad un certo punto si è trovato ad avere desiderio di aprire uno spazio.
Uno spazio non profit con il proprio archivio, di cui Roma e il centro sud in generale avevano bisogno perchè in quel momento mancava, dove ci fossero a disposizione di tutti i portfolio di artisti italiani e non. Molte persone, tra cui diversi curatori provenienti dall'estero hanno trovato nell'archivio un luogo dove condurre le proprie ricerche; e poi a Roma ci sono anche tanti artisti e studenti giovani per i quali invece abbiamo voluto avere un archivio di artisti internazionali.
Un'altra dimensione che a noi interessava esplorare lo scorso anno, e lo abbiamo fatto in maniera quasi bulimica, era quella di non esporre le opere ma parlarne. Mancavano a tutti quanti i dibattiti, le tavole rotonde. Così il nostro spazio è diventato un luogo dove raccontarsi storie che hanno a che fare con l'arte contemporanea.

Il tema dell'ospitalità è ricorrente nei vostri progetti e nelle vostre collaborazioni insieme a quello dell'affinità. Penso anche al secondo evento dell'Affinity Group Meeting che si è tenuto nel vostro spazio

L'Affinity Group Meeting è stato uno dei seminari che abbiamo realizzato lo scorso anno, curato da Francesco Ventrella, che è uno dei membri del gruppo di Roma e che adesso sta seguendo un dottorato in Women and Gender Studies a Leeds, vedi come il percorso individuale di ciascuno di noi viene messo in comune. E' una cosa che ha proposto Francesco, l'European Feminist Forum, e che noi abbiamo adottato e abbiamo voluto ospitare; si prestava benissimo effettivamente. Le parole affinità, condivisione fanno parte del nostro linguaggio, della nostra pratica e del nostro orizzonte.
Spero che resteremo sempre così, perchè affinità in quel senso, in quel luogo, in quel contesto, nel modo in cui lo usiamo, vuol dire trovare una spinta a fare attraverso il confronto; e certamente anche con luoghi, cose e situazioni che ti sono simili. Con la stessa logica, ad esempio, cerchiamo di costruire un network con una serie di spazi italiani e stranieri con i quali in qualche modo abbiamo un sentire comune.

In precedenza avete lavorato sia con Exposito che con FormContent. Come nascono e come si sviluppano questi contatti? A che tipo di collaborazioni state lavorando per il futuro?

La collaborazione con Exposito è nata, come poi spesso succedono le cose per noi, attraverso un artista. Con Exposito ci siamo incontrati perchè loro avevano bisogno di un video di Rossella Biscotti, artista che noi abbiamo in archivio. Luigi Giovinazzo ci chiamò per chiederci se potevamo mandarglielo e lui e Francesca Boenzi furono così carini che invece di rispedircelo, vennero a Roma. Ci siamo incontrati attorno al nostro tavolo, in ufficio, e abbiamo passato un paio di belle ore a raccontarci le esperienze di 1:1 così come le esperienze di Exposito e siamo rimasti di nuovo con la sensazione di avere degli obiettivi comuni. Poi ci siamo risentiti quando loro hanno lanciato la residenza, e noi abbiamo proposto un artista, Christodoulos Panayiotou.
In seguito il loro progetto è stato presentato con un incontro nel nostro spazio e credo che continuerà cosi, in maniera spontanea da un lato, ma anche programmatica. Il loro obiettivo è quello di avere una visione rispetto all'area del Mediterraneo, ed anche noi siamo orientati a creare collaborazioni e reti che non siano semplicemente legate ai centri del mondo dell'arte ma che invece potenzino lo sguardo a 360 gradi; perchè le periferie sono ricchissime, soprattutto in questo momento, di esperienze che vanno valorizzate. Inoltre insieme ad Exposito c'è stata anche la possibilità di incontro con FormContent. Spero che nascano altre cose con spazi non profit in Italia e fuori, spazi con cui siamo in contatto e con cui magari ancora non abbiamo fatto nulla di specifico. E poi in questo senso ci interessa esplorare e capire che cosa i non profit possono fare. È anche un modo di ragionare su quello che noi siamo e che possiamo offrire.
Proprio quest'anno, credo verso giugno, cureremo un seminario sui non profit dell'area scandinava e nordica. Verranno 5 rappresentanti di diversi spazi e mi auguro che sia un bel momento di incontro e di riflessione.

Il vostro ultimo progetto 'Unpacking the archive' prende come punto d'avvio il vostro archivio, uno strumento importante al quale avete dato molto spazio.

L'archivio è una delle primissime cose di cui abbiamo sentito l'esigenza. Era una cosa in cui credevamo tutti quanti, perchè ci sembra giusto che esista un'alternativa al sistema delle gallerie, senza nulla togliere a queste. Sappiamo quanto sia stato e resti impagabile il lavoro delle gallerie in Italia, ma una galleria ha una propria agenda, mentre l'archivio può essere una struttura più democratica.
Non vogliamo però nascondere il fatto che dietro gli archivi ci sono delle persone; l'archivio non è un'astrazione. Noi scegliamo gli artisti insieme, secondo quello che in quel momento ci sembra avere una sorta di logica o comunque una coerenza.
Ogni 4 mesi invitiamo dei nuovi artisti a far parte dell'archivio, a mandare il loro materiale e poi ne discutiamo, in modo tale che quella piccola rosa sia significante. C'è sicuramente l'idea di completare la situazione a Roma e nel Sud, e questo ci preme particolarmente, ma anche di tenere uno sguardo molto ampio sull'Italia, perchè ci sono artisti che ci interessano, ci piacciono e abbiamo piacere che siano visti anche dagli studenti e dai nostri interlocutori qui. E ci muoviamo allo stesso modo rispetto ad artisti internazionali con i quali abbiamo lavorato. La prossima presentazione avrà delle selezioni dai nostri partner all'estero; in questo modo cerchiamo di dare spazio e sostanza alle collaborazioni che abbiamo aperto. Così in fondo è nato anche il progetto 'Unpacking my archive'.
Si è trattato della prima mostra che abbiamo ospitato nel nostro spazio, ed è una mostra molto particolare. Noi abbiamo scelto di non avere un programma di esposizione, dal momento che a Roma spazi per esporre ce ne sono moltissimi, e questo evento è stato pensato come un momento all'interno di un percorso didattico, che è anche un altro dei nostri interessi, una delle linee guida del nostro lavoro.
Abbiamo creato un laboratorio con gli studenti dello IUAV del corso di allestimento di Cornelia Lauf.
Sono venuti a Roma e con loro ci siamo chiusi dentro lo spazio di 1:1 per un po' di giorni, e abbiamo prima di tutto ragionato su che cosa è un archivio, chi è l'archivista, quali sono le suggestioni che l'archivio offre. Ovviamente questo era un punto di partenza e di riflessione che abbiamo offerto ai ragazzi che stanno facendo un percorso di studi in arti visive e che diventeranno probabilmente dei curatori.
Dopo questa parte teorica hanno cominciato a frugare l'archivio, ad indagarlo, e ci hanno fatto una proposta di mostra, che era il fine del laboratorio.
Si tratta di una selezione di artisti che io credo sia straordinaria perchè nessun'altra persona avrebbe pensato di mescolare così tanto le carte. Tra gli artisti c'erano Johanna Billing con un video di un paio d'anni fa realizzato ad Amsterdam, Elena Nemkova con una sorta di taccuino d'appunti o un diario sulla storia e le storie.
E poi ancora Tim Brennan che ha mandato una meditazione al giorno sul tema di 1:1 curating, per cui ogni giorno avevamo un nuovo pensiero su cui riflettere, e Iain Forsyth e Jane Pollard con un lavoro che era già stato esposto a Roma ma che in questo contesto offriva la possibilità di una lettura diversa. Poi Alessandro Sarra che ha realizzato un'opera nuova, un archivio che raccoglie i tracciati del battito cardiaco dei nostri curatori e Stanislao di Giugno con il lavoro audio Pangea in cui ha sovrapposto gli inni di tutti i paesi europei.

C'è qualche relazione tra il vostro archivio e quello di Viafarini?

Care/of e Viafarini sono strutture importantissime e a cui guardiamo con rispetto e attenzione. Esistono da molto più tempo che noi e quindi è difficile paragonarci a loro. Ma certamente è nostro desiderio averli come interlocutori, ci stiamo pensando. Pensa che Chiara Agnello è stata una delle prime persone a vedere 1:1projects quando eravamo ancora nel pieno dei lavori di ristrutturazione!

Una domanda che vorresti sentirti fare?

'Come immagino 1:1 projects da qui a dieci anni?' Spero che rimanga sempre lo stesso posto vale a dire che mantenga uno spirito di costante sperimentazione, che rimanga un luogo poroso e flessibile, un luogo che cerca tutto intorno con curiosità e vuole costruire reti con artisti, con curatori e istituzioni e situazioni di vario tipo.
Penso che la cosa più bella da augurare a 1:1 è che ci siano sempre persone nuove ad animarlo, che non resti una cosa legata alle nostre individualità, ma che si mantenga vitale attraverso nuova linfa.

1:1projects
Piazza Scipione Ammirato, 1/c Roma
Tel 06 45472265
info@1to1projects.org
http://www.1to1projects.org

Michela Gulia è laureata all'Università di Roma "La Sapienza" in semiologia dell'arte contemporanea. Ha lavorato presso la Fondazione Baruchello (Roma), dove ha partecipato a diversi seminari di ricerca , tra cui quello su "Roma '77" con Rogelio Lopez Cuenca, e "Senza titolo per parlarne" con Mauro Folci e Osservatorio Nomade. Attualmente collabora con UnDo.Net

Immagini dello spazio di 1:1 projects realizzate in occasione della mostra "Unpaking the archive" e dell'incontro con Exposito.

Quest'intervista in formato PDF da stampare

L'intervista precedente: FormContent: profilo di uno spazio

staff@undo.net



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