Attraversare le contingenze allargando le prospettive

21/07/2008
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Il Lungomare di Bolzano

Angelika Burtscher e Daniele Lupo, fondatori di Lungomare Gallery a Bolzano, parlano dei progetti sviluppati dall'associazione sul territorio e in occasione di Manifesta7, degli obiettivi e delle specificita' delle loro proposte, cosi' come delle relazioni con i nuovi spazi non profit italiani che operano da Torino a Palermo con cui si incontreranno una seconda volta a breve e di cui abbiamo parlato nella nostra inchiesta durante gli ultimi mesi.



OU_Osservatorio urbano – AP_proprio_IM_proprio, ma0. Installazione nello spazio pubblico, Bolzano, 2005. Foto Angelika Burtscher


Dammi una cosa a te cara, Performance di Ruth Geiersberger, 2007. Foto Ivo Corrà


Dammi una cosa a te cara, Performance di Ruth Geiersberger, 2007. Foto Ivo Corrà


Abseits_fuori gioco, mostra nell'ambito dei Mondiali di calcio, 2006. Foto Ivo Corrà


Abseits_fuori gioco, Paolo Ulian, Sciarpa per tifosi, 2006. Foto Ivo Corrà


Place it, Luna Maurer & Roel Wouters, Proposals for change. Stampa su carta, scotch, 2008. Foto Luna Maurer


Storie di cose, 2007. Foto Oliver Oppitz


Storie di cose, 2007. Foto Oliver Oppitz


Storie di cose, 2007. Foto Oliver Oppitz


Translating tradition, 2008. Foto Ivo Corrà


Translating tradition, Max Lamb, diversi materiali, 2008. Foto Ivo Corrà


Place it, Manuel Raeder, If you want to get out of a whole, stop digging, rete metallica piegata, coppette di gelato, 2008. Foto Andreas Pichler


Intervista ad Angelika Burtscher e Daniele Lupo
fondatori di Lungomare Gallery a Bolzano

A cura di Michela Gulia

Lungomare nasce nel 2003 dall'incontro di due designer, Angelika Burtscher e Daniele Lupo, lei austriaca, lui italiano. Una commistione che riflette bene l'identità linguistica di Bolzano, la città sede di Lungomare, dove convivono tre gruppi linguistici: quello italiano, quello tedesco ed un ultimo, seppure minoritario, quello conosciuto come ladino. E' importante questo aspetto nella vostra collaborazione rispetto al luogo in cui lavorate?

Daniele Lupo: La nostra realtà rispecchia molto quella del territorio su cui agiamo, un territorio segnato da queste due forti peculiarità linguistiche ed identitarie. A livello territoriale però, il nostro resta uno sguardo esterno, perché entrambi non siamo di Bolzano e questo ci ha permesso di mantenere una posizione particolare con cui osservare, riflettere e vedere le cose a distanza, senza esserne veramente dentro. Tante problematiche che ci sono qui a Bolzano, sono strettamente legate alle differenze linguistiche, ed addirittura etniche, rispetto alle quali il nostro approccio è molto più rilassato e sereno. Interessante è il fatto che nelle nostre manifestazioni il pubblico è misto, ossia ognuno parla la sua lingua. La differenza culturale rappresenta soprattutto un'opportunità. Allo stesso modo, a livello personale, il fatto di provenire da luoghi geografici così diversi ha una forte influenza nel lavoro che proponiamo.

Come è nata l'idea di aprire Lungomare a Bolzano? Partendo dalla vostra formazione come designer cosa vi ha motivato alla creazione di un 'laboratorio' che intende esplorare i diversi aspetti della produzione culturale nelle sue connessioni con la società?

Angelika Burtscher: La scelta di Bolzano è legata ai nostri studi. Abbiamo frequentato insieme l'Accademia di Design. Da lì è iniziata la nostra collaborazione e in seguito, restare, è stato per certi aspetti 'casuale', tenendo conto del fatto che nessuno di noi due pensava di lavorare qui. Era chiaro però fin dall'inizio che se ci fossimo orientati su questa città, sarebbe stato fondamentale aprire una piattaforma sperimentale di confronto, che affiancasse il nostro studio (Studio Lupo & Burtscher), dal momento che non c'era ancora molto nell'ambito del design e mancava uno spazio in cui potessero convergere diversi approcci per aprirsi ad una discussione.

D.L. Nella scelta di Bolzano è stato determinante il fatto che in questa città, non vi fosse una grande tradizione di operazioni culturali riguardanti progetti al di fuori dell'arte. Qualcosa di simile mancava in tutto l'Alto-Adige e lavorare su questa assenza è stato molto interessante e con piacere abbiamo riscontrato risposte positive alle nostre iniziative. L'idea di lavorare a livello interdisciplinare, in questo senso, è stata per noi un'esigenza, una risposta coerente ai temi che affrontiamo e che proponiamo. Ad esempio, abbiamo collaborato con l'Università di Bolzano ad un progetto sulla "Biografia degli oggetti", un convegno organizzato in modo da non coinvolgere soltanto sociologi, ma anche antropologi, archeologi e designer.

Era importante che ci fosse una rosa di interventi interdisciplinari per affrontare e capire meglio un tema. Questo modo di lavorare fornendo punti di vista differenti, scaturisce dall'esigenza di rispondere ad una realtà che è complessa.

In Massive Change Bruce Mau scrive della necessità di non parlare di un mondo del design quanto piuttosto di un design del mondo, di non pensare cioè il design come confinato ad un solo ambito produttivo, ad una pratica e ad una disciplina. Il libro infatti è costruito sull'intreccio di interventi che spaziano dall'economia, alla storia, alla matematica, alla biotecnologia ecc… Vi sembra che ci siano dei punti di contatto tra questo e il vostro approccio?


A.B. Molti dei nostri progetti sono legati al tema della quotidianità, con qualcosa che tante persone conoscono e possono condividere. In un certo senso il design, come linguaggio formale, viene connesso a questioni interne alla società, ad un'attualità condivisa. Come nel caso di Place_it, per il quale abbiamo invitato a partecipare quattro grafici, chiedendo loro non solo di interagire con diverse facciate di edifici della città, ma anche di riflettere sul contesto, su ciò che le circonda. I designers sono venuti qui per fare una ricerca, e insieme a loro abbiamo incontrato giornalisti, sociologi e politologi locali, in modo da fornire un quadro il più possibile vario ed ampio. Gli incontri e in generale il sopralluogo hanno fornito gli strumenti con i quali i designers hanno elaborato dei progetti in grado di far scaturire delle riflessioni site specific.

Il progetto in generale si basa su due quesiti: come può la grafica riflettere in modo critico su questioni sociali? E ancora: la comunicazione nello spazio pubblico come può essere modificata? Attraverso quali strumenti? Ad esempio Manuel Raeder non lavora con un billboard o con un'applicazione tipicamente pubblicitaria, ma rinchiude la facciata di un edificio in una rete metallica sulla quale interviene tipograficamente tracciando una frase scritta con delle coppette di gelato incastrate nella rete. Agisce cioè non solo su una superficie piana ma realizza un intervento attorno all'edificio.

Come curatori avete lavorato a progetti che intendevano far riflettere sull'impatto degli strumenti della comunicazione visiva sulla città (Place_it, appunto), sulla tradizione e la sua persistenza nei nostri modi di vivere (Translating tradition), o ancora sul corpo e sull'identità individuale e collettiva (Partecipant, Connected And in-Dipendent), solo per citarne alcuni. E' interessante vedere come spesso questi progetti siano segnati da un'impronta 'laboratoriale' molto forte, quasi una sorta di brainstorming...

A.B. I progetti di Lungomare nascono per la galleria e con la galleria, a partire da una tematica che noi o altri curatori che invitiamo a collaborare, ci poniamo e che sviluppiamo insieme. Raramente abbiamo presentato dei prodotti o dei progetti finiti. Con l'attività che proponiamo definiamo dei territori per noi interessanti da esplorare attraverso l'architettura, il design, la moda ecc…

Nella mostra Vuoi stare con me? abbiamo riflettuto insieme a Bernhard Willhelm e Stephan Schneider su come la moda possa essere uno strumento capace di definire identità, e su come la moda sia strettamente legata a modi di pensare e di comunicare. I designers, partendo da una storia d'amore tra adolescenti hanno allestito, mettendole a confronto, due stanze: quella della ragazza alla Bernhard Willhelm e quella del ragazzo alla Stephan Schneider. La mostra ha avuto un interessante riscontro da parte dei visitatori e ha promosso un'idea della moda come veicolo di definizione della propria identità, al di là del mercato dei grandi marchi.

D.L. Spesso il territorio, o la realtà quotidiana da cui siamo circondati, sono gli spunti da cui traiamo i temi dei nostri progetti. Per la mostra Translating Tradition che abbiamo inaugurato a maggio, abbiamo voluto focalizzare l'attenzione sulla realtà delle tradizioni locali. L'Alto Adige, o forse meglio il Südtirol – considerando che sono tradizioni che riguardano la cultura tedesca, quella italiana è stata importata molto più recentemente – fa riferimento ad una realtà rurale molto semplice e povera. La nostra riflessione è partita innanzitutto con una ricerca, attraverso la quale individuare un possibile filo conduttore che accomunasse alcune delle tradizioni; da lì siamo arrivati a definire il progetto, che era appunto quello di lavorare su tradizioni che si basassero su una comunicazione non verbale come gesti, attitudini, ed oggetti che riuscissero a comunicare dei contenuti, ad esempio il fatto di essere sposati o meno, o il modo di portare i grembiuli, che qui sono caratteristicamente azzurri. A seconda di come le persone li indossano o li utilizzano si capisce se stanno lavorando o meno ecc…

In seguito abbiamo invitato sei designers che non avevano nessuna conoscenza del territorio a delineare una prospettiva futura, un'idea di continuità o semplicemente a interpretare le tradizioni secondo un loro progetto _fabric interseason si sono concentrati sulla tradizione del grembiule azzurro ed hanno realizzato delle istruzioni d'uso per ottenere una borsa a tracolla facendo due semplici nodi e quindi senza compromettere l'oggetto della tradizione.

Recentemente avete partecipato ad un incontro a Milano, in occasione del numero due di InContemporanea, in cui vi siete ritrovati insieme ad altri spazi no profit italiani, quasi a rappresentare un'ulteriore e nuova geografia dei luoghi dove si fa arte e cultura. E' stato utile anche per voi il confronto con piattaforme simili alla vostra?

A.B. Questo incontro è stato molto importante e proficuo per noi, come penso per tutti, anche in previsione di un nuovo incontro che si terrà a breve nel nostro spazio. In Italia è veramente necessario investire nella cultura contemporanea e soprattutto rimediare alla mancanza di istituzioni che siano disposte a sostenerla: non c'è un British Council che attivamente lavora alle produzioni culturali con professionisti che guardano anche al di là dei confini nazionali. E' molto importante in questo paese iniziare un dialogo tra gli spazi non profit, che hanno una maggiore possibilità di connettersi con le realtà locali, nazionali ed anche internazionali, e che sono in grado di portare avanti una maggiore sperimentazione.

D.L. L'incontro è stato molto interessante e l'idea di creare una rete tra gli operatori culturali e gli spazi non profit può essere uno strumento in più per comunicare con un pubblico più vasto, ed anche per iniziare delle collaborazioni. Lungomare, all'interno di questo gruppo, ha una specificità propria, nel senso che gli altri spazi sono centrati sull'arte, mentre noi ci occupiamo più di design, architettura, moda ecc…

Auspichiamo che il prossimo incontro dia una base concreta alla nostra collaborazione e che unendoci si riesca ad essere più presenti e più forti nel confronto con le istituzioni italiane. Come diceva Angelika, il ruolo degli spazi non profit è molto importante, innanzitutto perché sono più "leggeri", nel senso che hanno una dimensione molto diversa da quella di un museo d'arte contemporanea o di altri spazi istituzionalizzati, e poi sono molto più mobili e dinamici, quindi più precisi rispetto alle risposte che la realtà contemporanea richiede.

E' stata appena inaugurata Manifesta7, ospitata dalla regione del Trentino Alto Adige e Bolzano è una delle città coinvolte nell'evento. Avete elaborato qualche progetto per l'occasione? Cosa vi sembra più interessante delle proposte in atto e come sente il territorio questo evento secondo voi?

A.B. Per Manifesta il nostro studio di design ha curato e realizzato l'immagine coordinata della piattaforma Parallel Events, che per noi è una realtà molto interessante. Ci sembra importante il fatto che grazie a Manifesta7 siano nate cinquanta iniziative parallele, con un programma molto diverso e vario, e soprattutto che queste iniziative interessano un territorio molto esteso, toccando piccoli centri come Merano, Bressanone, Dobbiaco, Val Pusteria ecc…

Il fatto che Manifesta7 abbia lavorato su un'intera regione anziché su una città specifica è interessante perché comporta il coinvolgimento di più centri posti su un asse nord-sud che vivono insieme ma in fondo hanno ciascuno peculiarità distinte e specifiche. Per quanto ci riguarda in occasione di Manifesta7 abbiamo inaugurato un progetto intitolato Summer Drafts, curato insieme a Paolo Plotegher, del Goldsmiths College di Londra. Sono stati invitati quattro artisti e teorici internazionali a parlare della tematica della convivenza e a parlarne in un luogo, come Bolzano, dove la convivenza ha un lungo percorso ed una storia specifica. Franco La Cecla ha presentato il suo nuovo libro Contro l'architettura nel corso di una colazione informale nel nostro giardino, e il collettivo berlinese Unwetter ha proposto un 'picnic discorsivo' durante il quale le persone sono state invitate a parlare di temi scelti di volta in volta, in questo caso si è trattato di spazi informali e convivenza. Per il mese a seguire si terranno tutta una serie di workshop.


Lungomare
Via Rafenstein, Rafensteinweg 12, 39100 Bolzano
T +39 0471 053636
www.lungomare.org

 

 

Le interviste precedenti sui nuovi spazi non profit italiani:

 

Abbasso Prospero e Robinson Crusoe

Meno veloce della luce

Il totale è più della somma...
Napoli bella e dannata
Qualcosa di nuovo a Milano #2
Qualcosa di nuovo a Milano #1
Ospiti di Nosadella.due
È la volta di 1:1projects
FormContent: profilo di uno spazio



Michela Gulia è laureata all'Università di Roma "La Sapienza" in semiologia dell'arte contemporanea. Ha lavorato presso la Fondazione Baruchello (Roma), dove ha partecipato a diversi seminari di ricerca , tra cui quello su "Roma '77" con Rogelio Lopez Cuenca, e "Senza titolo per parlarne" con Mauro Folci e Osservatorio Nomade. Attualmente collabora con UnDo.Net

 

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