Musica, teatro, danza, video, arti visive, scrittura, sono gli ambiti creativi sostenuti da Movin'Up. 20 giovani autori italiani, selezionati nella prima sessione 2008 del concorso, stanno ora per avviare i propri progetti in giro per il mondo o per partecipare a residenze presso importanti istituzioni internazionali. Abbiamo intervistato tre di loro: Andrea Mochi Sismondi, che scriverà un libro e una drammaturgia insieme a Teatrino Clandestino sulla sua esperienza con i rom della comunità di Sutka in Macedonia; Fabrizio Coniglio, metà del duo artistico ConiglioViola, che a Parigi amplierà il progetto multimediale di autobiografia immaginaria "Nous Deux"; Laura Delle Piane, che realizzerà un film sul quartiere di San Agustin a L'Havana insieme al Laboratorio Artistico LASA.
FABRIZIO CONIGLIO (ConiglioViola)
Mi dicevi che stai scrivendo, ma tu tieni un diario?
Non proprio, ogni tanto scrivo. Una volta lo tenevo ma purtroppo non sono molto bravo nella trascrizione degli eventi, era più un diario impressionistico... anche dei film non ricordo mai la trama, mi ricordo solo la sensazione che mi hanno lasciato.
Allora raccontaci del progetto che state elaborando, che è iniziato nel 2007 e che proseguirà...
E' un progetto che si chiama "Nous deux" (noi due), è un'autobiografia immaginaria dove fantastichiamo di essere due bambini e di esserci incontrati in un'altra epoca e in un altro contesto. Come quando ci si chiede cosa sarebbe successo se ci si fosse incontrati 10 anni fa, o 100 anni fa, oppure tra mille anni, noi lo abbiamo immaginato e non è detto che questo ritratto sia meno vero della realtà. Si tratta di una collezione di 11 opere (perche' 1 più 1 fa 2) che raccontano di due bambini che si incontrano sui banchi di scuola, poi uno trascina l'altro al luna park e uno dei due è un po' titubante; a un certo punto vedono in una vetrina una bottiglia che contiene un elisir che permette di diventare grandi, però non hanno abbastanza soldi per comprarla e allora vanno a rubare le ciliege per cercare di farsi l'elisir da soli, se non che combinano un disastro, si sporcano tutti di rosso e finiscono in prigione perchè le macchie vengono scambiate per sangue... Poi arriva un coniglione alato che ci salva e ci porta sulla luna.
Perchè avete scelto ConiglioViola come nome?
Perchè io di cognome mi chiamo Coniglio e Andrea si chiama Raviola. E poi il nostro logo è un coniglio vitruviano ed è un po' la rappresentazione di tutta la nostra filosofia, del nostro modo di vivere e di intendere l'arte. Il medium del nostro lavoro è il digitale declinato in tutte le forme possibili, e per noi il digitale è in qualche modo uno strumento per riappropriarsi della concezione rinascimentale dell'artista a tutto tondo, che non è definita da nessun mestiere o specializzazione. La caratteristica di ConiglioViola è quella di esprimersi in tantissimi ambiti separati mantendo tuttavia una forte unitarietà fra i progetti. Poi c'è anche l'altra componente: che è l'ironia, il riso e che sottende un pò a tutte le nostre "bravate".
Come quando vi siete fatti sponsorizzare da stilisti di moda?
Beh quello era un modo per prendersi un pò in giro, era una cosa che nasceva dall'esigenza di farsi il guardaroba gratis per presentarsi bene e attraverso questo scherzo giocare un po' a fare le star. Il mondo dell'arte è molto piccolo ma tutti si prendono anche troppo sul serio... diversi stilisti hanno accettato di vestirci, ma non la chiamerei arte questa, i nostri progetti erano altri...
Perchè avete scelto Parigi?
Boh è successo. Le immagini principali nel video che si chiama "Le vent nous portera" (il vento ci porterà), ispirato a una canzone di Noir desire che abbiamo rifatto e ricantato, sono la prigione e la fuga. La prigione rappresenta un pò la vita dalla quale l'arte consente di fuggire, infatti la vita ha una sua storia ben definita ma attraverso l'arte se ne può creare una parallela e immaginaria; fare gli artisti significa forse non voler vivere, oppure vivere più di una vita, più di un mondo. A un certo punto però anche un mondo immaginario finisce per creare un'immagine cristallizzata di te stesso dalla quale vorresti fuggire.
Parigi sarà sicuramente una pausa pubblicitaria nella storia di ConiglioViola; ormai esistiamo da circa 7 anni, ma che ConiglioViola sia diventato un artista non era nelle nostre intenzioni iniziali, volevamo solo giocare e non avevamo niente di preciso in mente, a un certo punto è diventato questo e ne siamo felici. Però abbiamo anche lavorato tanto e di sicuro più fatto che guardato, quindi ora abbiamo bisogno di una pausa. L'ultimo lavoro che abbiamo presentato alla Rotonda della Besana di Milano si chiamava "Fine primo tempo", è stato un caso ma ha coinciso anche con la fine del primo tempo della nostra esistenza. Adesso ci sarà un intervallo, ed anche se abbiamo progetti all'orizzonte la cosa fondamentale ora è la pubblicità che c'è fra il primo e il secondo tempo, la possibilità di cambiare anche un po' canale per poi tornare. Noi abbiamo fatto tanto anche quantitativamente, adesso abbiamo voglia di stare un pò a guardare: Parigi sarà anche questo.
Movin'up vi da quindi questa possibilità?
Niente accade per caso... si sono succedute una serie di coincidenze che sono state anticipate dal progetto "Fine primo tempo", ma adesso rivoluzioneremo tante cose... Il secondo tempo di ConiglioViola sarà diverso ma non sappiamo ancora come sarà. Per intanto il progetto "Noi due" verrà ampliato ed ha già tre sedi candidate ad ospitarlo fra cui una a Parigi.
Mae West diceva che fra due mali preferisce quello che non conosce perchè almeno è un male che non ha ancora provato, e tu?
Questa domanda cade proprio a fagiolo, ma il mio problema è che sono un eterno indeciso, probabilmente sceglierei tutti e due facendomi molto del male, ma a volte non scelgo niente e lascio che i mali scelgano me. Il male maggiore è in genere quello che ti sceglie e ti travolge, no?
Volevo capire se davvero credi nel destino oppure no
Non lo so, sono molto indeciso anche su questo. Tento di crederci ma non lo so; a cosa si può credere in alternativa al destino?
ANDREA MOCHI SISMONDI
Raccontaci la storia di questo tuo progetto dal punto di vista di come si sono "svolti i fatti"
Nel dicembre 2006 mi trovavo a Skopje ed ho avuto notizia dei grandi campi profughi nella periferia della città che avevano accolto i rom cacciati dal Kosovo alla fine degli anni ‘90. Non avendo il popolo rom un proprio esercito e una sua rappresentanza in grado di far sentire la propria voce alla comunità internazionale è stato abbastanza facile togliergli tutto e questo ha provocato grandi ondate migratorie che si sono riversate sulla Macedonia. Sono andato allora nella Municipalità di Šuto Orizari (Šutka), unico luogo al mondo in cui i rom - che lì sono l’80% della popolazione - hanno una rappresentanza amministrativa, un sindaco e un consiglio comunale. La potenza di quel primo contatto ha innescato il progetto: l’idea è stata quella di vivere lì alcuni mesi per fare delle interviste, parlare con le persone e trarre visoni filosofiche dall'interno. Nell’inverno di quest’anno io, la mia compagna Fiorenza e il nostro bimbo di due anni siamo stati un mese e mezzo a Šutka riuscendo a superare la grande diffidenza che caratterizza tutti i popoli di quei luoghi in cui il problema della sopravvivenza quotidiana fa scattare meccanismi di difesa della propria dignità. Ora siamo in partenza per la seconda residenza di produzione.
Per fare questo ti ha aiutato anche il progetto Movin'Up o il suo livello di intervento è stato un altro?
Il progetto Movin'Up è stato fondamentale per sostenere la scommessa della lunga residenza, per coprire i costi di produzione necessari per non avere una visione breve e stereotipata, per permettermi "il lusso" di stare tanto tempo ad osservare e studiare la comunità. Il progetto si basa infatti su interviste progressive, che mi avvicineranno sempre più alle persone e alle loro storie.
Giorno dopo giorno si costruisce il percorso successivo. Nel mio primo soggiorno sono partito con dei filoni tematici che mi interessava approfondire, in seguito ho avuto modo di ricostruire le storie delle famiglie e dei loro viaggi scoprendo narrazioni molto complesse. Paradossalmente sono arrivato a leggere dietro le storie alcune dinamiche di potere molto simili a modelli relazionali che esistono da noi. A Šutka gli stessi meccanismi sono però molto meno diluiti e ben più leggibili, questo raffronto è diventato così la chiave che ha assunto un valore primario nel mio lavoro.
Vuoi scrivere un libro o una sceneggiatura teatrale?
L’esito del mio lavoro sarà la pubblicazione di un libro ma collaborando da anni con Teatrino Clandestino il diario che ho tenuto e terrò durante le residenze rappresenterà anche un bacino di materiale da cui la compagnia attingerà per uno spettacolo che debutterà nel 2009.
Come mai sei stato così attratto dai rom, dipende da un tuo interesse o studio personale o dalla ridondanza con cui i media hanno ultimamente riportato fatti legati agli "zingari", come vengono chiamati?
Questo progetto nasce prima della fiammata mediatica intorno alla questione dei rom innescatasi con l'omicidio di Giovanna Reggiani e alimentata e cavalcata dalle autorità italiane. Il fatto che qui in Italia ci siano grandi querelle ha aggiunto contenuti contestuali al mio interesse ma il centro del mio lavoro è la dimensione Šutka. Il mio non è un lavoro “sul sociale”, ma di fatto prendendo corpo in un momento così ostile e neo-autoritario esso assume una valenza politica forte. I miei colloqui a Šutka non hanno neanche una vocazione antropologica: quello che mi interessa è come delle persone pensanti che sono in una situazione profondamente diversa dalla mia possano aiutarmi a interpretare la realtà contemporanea che ci accomuna.
A parte la paura del diverso e la colpevolizzazione, verso i rom si nota anche un'attenzione molto folkloristica...
Questo aspetto è molto interessante perché nei primi contatti, quando non esiste ancora confidenza, quello che loro propongono di sé stessi sono le danze, il cibo e la musica. Il folk e' il loro biglietto da visita prestampato perché di fatto è l'aspetto più rassicurante, quello della Carmen, quello che noi riconosciamo e attraverso il quale possiamo confermare i nostri stereotipi. Andando più a fondo si scopre però il loro desiderio di forzare questa gabbia comunicazionale.
Secondo te perché i rom restano "zingari" anziché venire compresi nell'idea - in qualche modo anche un pò trendy - di transnazionalità?
Ti rispondo con una storiellina. Skopje ora sta investendo per darsi un’immagine di città europea, anche perché la Macedonia sta cercando in tutti i modi di entrare nell’UE. L’Amministrazione ha deciso quindi di organizzarsi per la raccolta differenziata dei rifiuti. Moltissimi dei rom di Šutka attualmente vive raccogliendo su carri trainati da cavalli i materiali riciclabili e rivendendoli a grosse ditte (nello specifico gran parte del materiale viene spedito a Milano per essere lavorato). La Giunta di Skopje non ha pensato in nessun modo di coinvolgerli nel suo progetto, i cassonetti verranno chiusi e ci saranno migliaia di persone che perderanno la loro unica fonte di sostentamento. I rom si sono specializzati nei secoli scorsi nella fornitura di beni e servizi utili alle popolazioni stanziali in determinati periodi dell’anno, viaggiavano e si inserivano periodicamente nelle nicchie di mercato non sostenute dai residenti, oggi però anche a causa del declino dell'artigianato e dell'agricoltura di fatto questi lavori sono diventati non competitivi con la grande industria e sono sfumate le loro tradizionali possibilità occupazionali. Poi entra in gioco anche il rifiuto culturale del lavoro salariato, spesso chi lavora sotto padrone viene visto infatti dai rom come uno schiavo, il che però non conferma affatto lo stereotipo dello zingaro che non lavora, anzi li abbiamo visti trascorrere giorni e notti in giro per la città per vendere al dettaglio piccole partite di oggetti comprate all'ingrosso; il ricavo è basso ma la libertà – valore supremo – è maggiore. Per la nostra società a mio avviso i rom sono inquietanti soprattutto per questo, la nostra Costituzione inizia dicendo che l'Italia e' una Repubblica fondata sul lavoro e credo che molti italiani se mai la leggessero penserebbero immediatamente al lavoro salariato. I rom no e questo a me, per indole e aspirazione, interessa molto.
LAURA DELLE PIANE
Come nasce il tuo progetto?
Nasce da incontri e contaminazioni fra persone differenti che con ruoli diversi portano avanti un discorso sullo spazio pubblico. Qui in Francia ho infatti già collaborato con un artista che si chiama Stefano Sciancland e che porta l'arte contemporanea in territori marginali delle città. Aurelie Sampeur, l'organizzatrice del film che ho girato con Sciancland nel novembre 2007, mi ha proposto di partecipare a un altro laboratorio artistico che gli stessi protagonisti hanno organizzato a partire già dal 2005 a Cuba.
Si tratta di artisti francesi o cubani?
Entrambi. I miei principali referenti a Cuba sono Aurelie Sampeur e Candelario: l'artista che ha fondato il LASA, Laboratorio Artistico di San Augustin a La Habana. Sono stata invitata da loro come regista per portare uno sguardo differente, giovane ed europeo, su questa realtà e su questo quartiere. Io ho una grande passione nel lavorare con le persone e sul campo; ora stiamo scrivendo una sceneggiatura e abbiamo tracciato alcune linee del film, ma sara' veramente qualcosa che nascera' dal contatto con gli abitanti. La finalità del progetto è di rendendere protagoniste le persone che vivono li' di quello che accade intorno a loro, in un quartiere che è completamente dimenticato e nel quale neanche loro si identificano realmente. E' un film per loro e con loro.
E' la prima volta che affronti una situazione di questo tipo?
A Parigi, come dicevo prima, ho realizzato un breve documentario sperimentale con Sciacland in cui abbiamo lavorato su una zona che è un vero cantiere, dove stanno ricostruendo la strada nazionale. La gente vive in baracche che presto verranno distrutte e non si sa dove loro andranno ad abitare. Anche in quel caso si è trattato di un lavoro sullo spazio abitativo e sull'appartenenza alla citta' di queste persone. Io credo che le nostre città siano composte in primo luogo da zone marginali, dove accadono delle cose e dove la vita ha una sua dignità. Questo è anche un po' il centro del mio lavoro.
Il quartiere di San Augustin a Cuba, dove andro' ad abitare per fare il nuovo documentario, è un posto che per esempio non è mai stato mappato, e gli abitanti non sanno neanche dove arriva la via principale, non hanno mai avuto una visione del loro quartiere in un contesto più ampio, nessuna foto è stata mai scattata, nessun documentario è stato mai girato e non esiste alcun tipo di testimonianza scritta della sua storia e degli abitanti. L'idea è un po' quella di tracciare una mappa fatta di memorie, di voci e di spazi.
Movin'Up in che modo ti aiuterà?
Ha reso possibile il progetto perchè anche se mi hanno invitato non c'erano finanziamenti sufficenti per farmi partire e per poterlo realizzare. Potrò avere modo di pagare il viaggio, affittare una parte del materiale ed altro ancora. Poi, visto che sarà qualcosa che comincerà veramente nel momento in cui arriverò il 3 novembre, sarà importantissimo poter avere almeno due settimane di tempo per incontrare le persone e parlarci.
Una volta che sarà finito in quali circuiti pensi che potrà girare il tuo film?
Io non vorrei realizzare qualcosa che solamente gli abitanti di San Augustin possono comprendere, mi piacerebbe che fosse un film che parla a tutti. L'associazione artistica che mi ha invitato è presente in Germania e in Francia e proporrà il film per far conoscere il suo progetto generale, inoltre il film sarà alla Biennale d'Arte dell'Havana del marzo 2009 come testimonianza del Laboratorio Artistico di San Augustin.
Anche se i confini sono spesso molto labili è interessante capire se il tuo lavoro lo fai come "artista" o come "documentarista"
Il confine è molto labile, infatti io sono stata invitata in primis per portare un contributo artistico indipendente e personale a un progetto che sta procedendo da tanti anni, ma al tempo stesso io avrò anche il dovere di riportare una realtà oggettiva e sarà molto difficile abbinare la testimonianza delle persone al mio sguardo senza che questo prevalga.
Costruiremo una mongolfiera che ci permetterà di girare sul quartiere e avremo modo fare delle riprese aeree in cui ci sarà probabilmente un punto di vista più soggettivo, poi entreremo nelle case delle persone e lasceremo spazio a loro.
Secondo te un progetto culturale comporta un impegno nei confronti degli altri? La cultura prevede anche una responsabilità politica degli intellettuali, cosa ne pensi tu che sei una giovane artista?
Queste sono domande che mi stanno molto a cuore e alle quali non ho trovato ancora risposte essendo molto giovane; però, ogni volta che mi trovo a stretto contatto con delle persone che vivono qualcosa di molto duro e marginale, prima di tutto le mie preoccupazioni sono molto umane. Sto infatti chiedendo loro di raccontare una parte della propria vita davanti a una telecamera, e a volte mi domando con quale diritto e cosa io possa dare a queste persone. Quello che d'istinto mi rispondo è che cerco di portare queste persone ad essere un po' più protagoniste, ad essere viste ed ascoltate sottolineando la propria dignità.
Io cerco sempre di farlo in modo poetico e attraverso un rapporto intimo, perchè questo è il modo che preferisco anche come mia scelta artistica; però la ragione profonda per cui mi immergo in questi progetti è che vorrei dare un'occasione a certe realtàdi venire in superficie e di essere viste da tante persone che possano quantomeno porsi delle domande.
Per il 2008 il bando di concorso rimane aperto per la seconda sessione di candidature: scadenza venerdi' 14 novembre 2008 alle ore 12 per le domande di attività all'estero con inizio compreso tra il 1 gennaio e il 30 giugno 2009.
Il comunicato stampa con tutte le informazioni su Movin'Up
Il bando completo e la modulistica di partecipazione sono pubblicati sul sito http://giovaniartisti.it Sullo stesso portale è visitabile una banca dati dei progetti vincitori e delle esperienze relative alle passate edizioni: http://www.giovaniartisti.it/movinup
Movin'Up, alla sua decima edizione, nasce dalla convenzione tra il GAI - Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Gioventù e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, PARC - Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l'architettura e l'arte contemporanea