Attraversare le contingenze allargando le prospettive

20/02/2009
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Mutevole Non


Un'associazione non profit, che non è fissa però è attenta al territorio, che si basa sulla partecipazione non specializzata per poter sperimentare meglio dinamiche collaborative e interdisciplinari (cioè che non hanno l'arte visiva come unico fulcro di interesse). Qualcosa di mutevole come il mare e come il flusso di energie che cerca di cogliere quando mobilita i suoi progetti.
Francesco Bertelé, membro di Mobeel a Venezia, descrive le attività e le relazioni con le istituzioni così come le iniziative dell'associazione, ad esempio "Nessun uomo è un'isola"...



"Tobia's Garden", opera di Plamen Bontchev e Sofia Burchardi realizzata per "Proj V-incontrare". Venezia 2007




"Gli atleti", performance in loop. Parte dell'opera "4+1" di Claudio Marcon e Hanna Hildebrand realizzata per "Proj V-incontrare". Venezia 2007




artLab 4 "Nessun uomo e' un'isola", installazione di Bjor Renner




artLab 4 "Nessun unomo e' un'isola". Peformance musicale di Kat Frankie, ospite dell'artista in residenza Dafne Boggeri




"Rough Tapes n.6", performace del coreografo Bruno Catalano e la danzatrice Michela Bertele'. Venezia 2008




"Danny Boodman T.D. Lemon", produzione teatrale. Canzo 2008




Foto ricordo dei membri di Mobeel e artisti ospiti della collettiva




"Rough Tapes n3", videoproiezione di Cristina Spizzamiglio




"A4 / 8 studi" Manifesta parallel events, Trento. Mostra degli artisti della Fondazione Bevilacqua la Masa, a cura di Mobeel. Nella foto: opera di Marina Ferretti




"Rough tapes n.5", performance del duo Spectacular Synthetizer. Venezia 2008




Intervista con Francesco Bertelè

A cura di Michela Gulia

Per cominciare, se ti chiedessi di tracciarmi sinteticamente un profilo di Mobeel, su quali delle sue caratteristiche metteresti l’accento ?

Mi piacerebbe fare una sorta di elenco di sostantivi ed aggettivi che racchiudono un po’ di significati: un’associazione fondata sulla collaborazione non specializzata, la mobilità, l’attenzione al territorio, il non profit, la ricerca non di un consenso ma di una partecipazione e l’autocritica. Questi sono i punti fondamentali da cui partiamo.
Mobeel non vuole essere un gruppo chiuso di persone che semplicemente porta avanti e gestisce l’associazione. Noi pensiamo le dinamiche di creazione artistica e di sperimentazione come essenzialmente collaborative, per cui tendiamo a far entrare in ogni singolo progetto persone sempre nuove che di volta in volta, e in modo estemporaneo, affiancano una sorta di gruppo base distribuito tra Canzo e Venezia. Si tratta di collaborare con persone che si muovono in direzioni differenti e che cercano costantemente di aprire un dialogo tra diverse tematiche.
Mobeel è nata nel 2005 a Canzo come un’associazione culturale che lavora in modo trasversale tra le discipline. Questa idea iniziale col tempo si è andata strutturando, in particolare dopo il mio trasferimento a Venezia, per cui Canzo è diventata la sede in cui si porta avanti l’interesse per le pratiche teatrali, la danza e la musica, invece a Venezia abbiamo deciso di focalizzarci sull’arte contemporanea.

Il vostro gruppo di base è formato da Claudia Di Lecce, Valerio Del Baglivo, Maddalena Pugliese, Pietro Rigolo, Mauro Bracciali, Michela Bertelé, Filippo Prina e naturalmente Francesco Bertelè. Artisti e/o curatori? Quante sono le anime di Mobeel?

E’ un po’ difficile per me incasellare i membri di Mobeel entro queste due figure, perchè al suo interno ci sono anche musicisti, attori e danzatrici.
Non vogliamo essere un gruppo curatoriale e neppure un gruppo artistico, che mette in atto e realizza delle operazioni firmate Mobeel. Siamo piuttosto un gruppo eterogeneo, basato su diverse pratiche, e questo è molto importante per quanto riguarda le dinamiche che si vengono a creare. Ultimamente stiamo pensando di coinvolgere, anche se in modo meno diretto, dei fundraisers, ad esempio. Ciò che ci interessa è riuscire a lavorare con persone che abbiano un interesse per questo tipo di collaborazione non profit e che riescano a focalizzarsi sulla propria pratica pur basandosi su un discorso comune, in continua ridefinizione interna.
In questo senso un caso emblematico è stato Proj V, un progetto che abbiamo realizzato a Venezia invitando una rosa di artisti a creare delle opere non in base ad una tematica ma come finalizzazione di un discorso comune e cercando, nel momento espositivo, di coinvolgere il pubblico nella stessa dinamica.

Quali sono le ‘urgenze’ che hanno portato alla fondazione della vostra associazione? Sono cambiate dopo circa quattro anni di attività?

Vorrei sottolineare innanzitutto, che tutto quello che sto dicendo è firmato da me, si tratta della mia singola riflessione e della mia esperienza. Il fatto che non ci sia una risposta univoca di questo soggetto chiamato Mobeel è importante anche in relazione a quello che ti dicevo prima, quando parlavo di una pluralità di soggetti differenti, i quali potrebbero darti risposte del tutto diverse tra loro.
Per tornare alla tua domanda c’è stata sicuramente un’evoluzione rispetto all’inizio, quando l’esigenza era quella di associarsi per condividere qualcosa. Un’idea semplice ma fondamentale perché se si esaurisce questa volontà di collaborazione anche il non profit e l’associazionismo vengono meno. In seguito questo punto chiave si è venuto raffinando, soprattutto perché ci siamo resi conto di muoverci all’interno di un sistema, anche economico, molto legato all’autorialità individuale.
Un po’ di tempo fa Marjetica Potrc mi ha detto che secondo la sua opinione, il futuro dell’arte sta nelle collaborazioni, non facendo riferimento a collettivi artistici, ma mettendo l’accento sulle attuali possibilità collaborative e su una realizzazione finale influenzata da differenti autori che metterebbero così in crisi un certo modo di pensare l'autorialità.

In che modo un’associazione non profit come la vostra vive a Venezia la vicinanza con grandi istituzioni come il Guggenheim, Palazzo Grassi e l’evento della Biennale? Pensi che ci sia spazio per una produzione culturale indipendente? E che tipo di risposte avete incontrato?

La collaborazione con le istituzioni presenti sul territorio e la ricerca di un dialogo è un punto importante all’interno del nostro statuto.
A Venezia sicuramente l’istituzione più mobile, e quella che ci ha permesso di instaurare un dialogo è la Fondazione Bevilacqua La Masa. Quest’anno poi abbiamo realizzato il primo progetto su chiamata, una sorta di servizio per la provincia di Venezia che ha base a San Servolo. Parlo di Art Lab, la residenza che due dei nostri membri, Maddalena Pugliese e Claudia di Lecce hanno curato dopo un momento di elaborazione che ci ha coinvolto tutti quanti. La scelta di essere un non profit è connessa al discorso della produzione indipendente per la possibilità di sperimentare ciò che ci interessa, senza adattarci a temi altrui.
A Venezia ci sono alcune grandi istituzioni come la Fondazione Bevilacqua La Masa, che fa un lavoro importante sul territorio, la Guggenheim, che ha una storia importante e organizza buone mostre, e poi ci sono situazioni più vicine a quella di Palazzo Grassi, che si muove in linea con il mercato dell’arte e con tutto il sistema economico - turistico di questa città.
Proj V nasce dal nostro non sentirci parte di questo sistema, dall’avvertire la presenza di un flusso sotterraneo che volevamo individuare con chiarezza e dall’esigenza di contattare il nostro ‘vicino di casa’. Così questo progetto è stato realizzato in un’abitazione privata messa a disposizione da un amico, e i dibattiti previsti nel programma si sono svolti con la porta aperta sul campo, un fatto anche simbolico, per invitare gli ospiti, o chiunque volesse, ad entrare.
La situazione a Canzo invece è tutt’altra, con una dimensione sociale molto più intima e forte, veramente molto locale. Di conseguenza le pratiche e le strategie che adottiamo sono diverse. Però come attitudine, come senso di quello che facciamo, ci sembra sempre di essere nel mezzo tra Venezia e Canzo.

Che ruolo pensi possano avere in Italia gli spazi non profit e come valutate la crescente fioritura di queste iniziative negli ultimi due, tre anni? Credi che risponda anche ad una diversa esigenza e domanda di cultura?

Mi sembra che sia in atto una presa di coscienza legata alla necessità di costruire un network, di connettere queste realtà dando loro una sola voce, corale e forte, per riuscire a confrontarsi e a dialogare con le istituzioni. Una dinamica piuttosto naturale, poi bisogna vedere come si comporteranno i singoli .
Quest’attitudine noi l’abbiamo sempre fatta nostra, da ultimo anche con ArtLab, la residenza che abbiamo curato a San Servolo. Il titolo è stato Nessun uomo è un’isola e l’idea era un po’ quella di cercare un nuovo punto di partenza per riflettere su questi stessi argomenti di cui parliamo adesso. Il progetto si basava sulla costruzione di un network, in modo che la selezione degli artisti per ArtLab passasse attraverso realtà simili alla nostra, caratterizzate da un lavoro molto stretto con il territorio di appartenenza. Realtà quindi che facessero da ponte partendo da loro relazioni e progetti precedenti. Così abbiamo fatto un piccolo viaggio in Italia per conoscere 1:1 projects, Exposito, Nosadella 2, ViaFarini, Napoli Est, ecc… ma abbiamo contattato anche istituzioni straniere, come Basis, Platform Garanti, Signal, Wiels e poi la Fondazione Ratti, Form Content, Supportico Lopez, ecc…

La prossima Biennale si avvicina, avete in mente qualcosa da presentare per l’occasione? E quali sono invece i vostri progetti più a breve termine?

Ci sono delle idee per la Biennale ma è ancora prematuro parlarne. Per ora invece ci piacerebbe continuare con un progetto già avviato, una serie di mostre ideate e curate da Maddalena Pugliese, un altro membro di Mobeel, all’interno di uno spazio che ci è stato dato in utilizzo dalla Galleria Nuova Icona diretta da una persona molto dinamica come Vittorio Urbani. Io ho partecipato come artista ad una delle due prime mostre, l’altra invece era di Alessandro Laita e Chiaralice Rizzi, mentre una terza vedrà come artista Roberto de Pol e inaugurerà il 26 febbraio.


Associazione culturale Mobeel

http://www.mobeel.org
associazione@mobeel.org



Le puntate precedenti della nostra inchiesta sui nuovi spazi non profit italiani:
Voler essere uno dei tanti

Politiche: paralleli e meridiani
Scambi d’arte ‘made in Europe’...
Oggi, ieri, domani
Farsi spazio
Il Lungomare di Bolzano
Abbasso Prospero e Robinson Crusoe
Meno veloce della luce
Il totale è più della somma…
Napoli bella e dannata

Qualcosa di nuovo a Milano #2

A Berlino, tra Biennale e sperimentazione

Qualcosa di nuovo a Milano #1
Ospiti di Nosadella.due
E’ la volta di 1:1projects
FormContent: profilo di uno spazio


Michela Gulia è laureata all'Università di Roma "La Sapienza" in semiologia dell'arte contemporanea. Ha lavorato presso la Fondazione Baruchello (Roma), dove ha partecipato a diversi seminari di ricerca , tra cui quello su "Roma '77" con Rogelio Lopez Cuenca, e "Senza titolo per parlarne" con Mauro Folci e Osservatorio Nomade. Attualmente collabora con UnDo.Net


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