Attraversare le contingenze allargando le prospettive

09/06/2010
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La stirpe delle storie


Una mostra che trae ispirazione da un modo di ricostruire la Storia, prende spunto dal racconto di uno scrittore e dal modo in cui il protagonista intreccia il suo diario ed i testi di altri poeti e scrittori. "Dal metodo che emerge nel racconto di Malcolm Lowry, siamo partiti per cercare di capire come gli artisti contemporanei indaghino il passato", afferma il curatore Salvatore Lacagnina in questa intervista.
E' un modo autonomo, quasi autoreferenziale, che evidenzia contraddizioni e derive offrendo scorci inaspettati. Dal testo alla voce e poi di nuovo al testo, prima a Roma e ora a Basilea, il percorso di questo progetto continua nei suoi svincoli...



Guantanamera (Cuba), MartiMemorial, 2009. Film Still HDV PAL, Aspect Ratio 16.9, Ross Birrell and David Harding




Guantanamera, 2009. Jose Andres, installation still HDV PAL, Aspect Ratio 16.9, Ross Birrell and David Harding




Guantanamera, 2009. Renee Barrios, installation still HDV PAL, Aspect Ratio 16.9, Ross Birrell and David Harding




Guantanamera (Miami), Collage, 2010. Film Still HDV PAL, Aspect Ratio 16.9, Ross Birrell and David Harding




Jimmie Durham, A Kinetic Sculpture in Two Dimensions, 2006. Video, colore, suono, 37''




Nancy Davenport, Weekend Campus (particolare), 2004. Video still, 3 mins. Courtesy l'artista e Nicole Klagsbrun Gallery, New York




Franco Vaccari, Rrose Sélavy (Marcel Duchamp), Belle Haleine, Eau de Voilette, 1921. L'histoire de la Belle Hélaine de Costantinople, Bibliotèque Bleue, XVII secolo, 2009. Courtesy l'artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia




Cécile Hummel, Voyage pittoresque, 2010. Nove C-Print, 21x29 cm




Moyra Davey, The End, 2010. 12 fotografie a colori, 30 x 45 cm (cad), 69 x 151 cm (installazione). Courtesy l'artista e Murray Guy, New York




Danh Vo, Tombstone for Nguyen Thi Ty, 2009. Marmo, granito, bronzo, rilievo in legno. Courtesy l’artista e Galerie Isabella Bortolozzi, Berlino. Foto- Serge Hasenböhler. © Kunsthalle Basel, 2009




Quest'intervista, tratta da Voices, si può anche ascoltare:





Strange Comfort (Afforded by the Profession)

Massimo Marchetti intervista Salvatore Lacagnina, responsabile artistico dell'Istituto Svizzero di Roma e co-curatore della mostra con Adam Szymczyk.

Il progetto Strange Comfort ha una radice letteraria?

Sì, il titolo del progetto espositivo proviene da un racconto di Malcolm Lowry, uno scrittore inglese che ha vissuto tanti anni negli Stati Uniti e che è famoso al grande pubblico per un romanzo intitolato “Sotto il vulcano”. Lowry scrisse un racconto, “Strange Comfort Afforded by the Profession” (ovvero Strano Conforto Offerto dalla Professione), pubblicato dopo la sua morte, insieme ad altri due racconti “italiani” (se così possiamo definirli). La trama del racconto è molto semplice: è la storia di uno scrittore americano che arriva a Roma con una borsa di studio (come spesso accadeva già 50 anni fa e come accade ancora oggi) e visita la casa di John Keats e Percy Bysshe Shelley.
Dal momento in cui esce da questa abitazione-museo entra in un bar e comincia a sfogliare i suoi taccuini fra una grappa e l'altra. Mentre prende appunti arriva a berne fino a 10-12 e nel frattempo ritrova scritti di altri viaggi e di altri incontri con Poe, Gogol', Shakespeare e Dante. Così ricostruisce una sorta di genealogia della sua propria scrittura in modo indiretto, e della cultura occidentale anglosassone, oltre che di quella italiana ed europea.
Dal metodo di studio che emerge dal racconto di Lowry, siamo partiti per cercare di capire come gli artisti contemporanei possano indagare il passato in un modo autonomo, quasi autoreferenziale, astorico, privo di riferimenti filologici o storiografici, ma più legato alle proprie passioni, alle proprie pratiche, ad una propria ricerca sul passato-presente-futuro.

Ciascun artista cerca di ricostruire una propria genealogia all'interno di questo percorso espositivo?

Esattamente, per cui tutti gli artisti hanno una storia diversa e costruiscono una storia diversa: da Danh Vo - artista vietnamita trasferitosi quando aveva un anno in Europa - il quale indaga le sue radici attraverso i racconti della nonna, perché in realtà non conosce il Vietnam e la storia della sua gente; a Cécile Hummel, un'artista svizzera che da 20 anni gira l'Italia continuando a rifotografarla e riguardarla con gli occhi di un viaggiatore di fine Ottocento - primo Novecento; a Goshka Macuga, artista polacca che ha presentato una serie di lavori dedicati a Lord Byron il quale era stato un altro abitante della casa Keats-Shelley.
Quello che abbiamo fatto è stato trovare un metodo che accomunasse una serie di artisti che sono stati poi presentati in mostra ma, sicuramente, anche altri artisti hanno modalità di lavoro simili.

Ti chiedo di delinearci l'intervento di Jimmie Durham, un'artista tra i più noti in mostra, il quale, essendo nativo americano, ha un rapporto piuttosto critico con il suo Paese. In questo progetto che tipo di intervento ha fatto?

La presenza di Jimmie Durham ci interessava, così come quella di Maria Thereza Alves o di un'artista meno nota di loro come Nancy Davenport, perché questi artisti vivono a Roma, quindi, seguendo le tracce del racconto di cui illustravo prima la trama, ci sembrava interessante mettere insieme le energie di persone che si trovano per un periodo nella stessa città.
Jimmie Durham ha presentato un lavoro assolutamente di altra natura rispetto al suo solito: è un video intitolato “Scultura Cinetica” (Kinetic Sculpture) costituito, semplicemente, da un sasso che cade dentro un secchio di colore, l'immagine è rallentata e si crea un vortice circolare.
Questo lavoro visivamente non ha un riferimento diretto alla cultura indiana d'America. Ricordiamo che Durham è Cherokee ed è stato rappresentante dell'American Indian Movement alle Nazioni Unite. In questo caso il gesto è assolutamente simbolico, ma ci sembrava perfetto per questa mostra.

Parliamo delle location che sono state scelte: la casa Keats-Shelley, ma anche altri luoghi piuttosto eccentrici per ospitare una mostra, come il Cimitero Acattolico, per esempio...

La prima motivazione nella scelta delle location era quella di ricreare l'idea di una passeggiata: Keats viveva in questa casa in Piazza di Spagna, saliva la famosissima scalinata, poi si muoveva verso il Pincio, uno dei Colli romani, e verso Villa Borghese.
Abbiamo pensato che potesse essere interessante spingere lo spettatore, ma anche noi stessi, a ripercorrere parte della passeggiata di Keats, anche perché l'Istituto Svizzero è situato proprio su questo percorso, con una deviazione di 50 metri. Quindi abbiamo unito la casa di Keats in Piazza di Spagna e l'Istituto Svizzero. Sulla strada abbiamo trovato una bellissima libreria antiquaria che esiste da 100 anni chiamata Rappaport. Ovviamente è un luogo poco adatto alle mostre, ha una sede piccolissima al primo piano, dove per entrare si deve suonare un campanello...
Quella libreria ci ha ha fatto capire che ci interessava portare gli spettatori e le opere in luoghi che fossero un pò meno abituali: dove bisogna fare un piccolo sforzo e creare in sé stessi un'attitudine per guardare la mostra. Il percorso, poi, prosegue al Monastero di Sant'Isidoro che è confinante con l'Istituto Svizzero. È un bellissimo monastero aperto al pubblico solo la domenica per la messa. Nel cortile abbiamo collocato un lavoro di Danh Vo.
Nel Cimitero Acattolico è sepolto Keats, così come tanti altri poeti e personaggi famosi: c'è Gregory Corso, Gramsci, c'era stato Pasolini prima di essere riportato a Casarsa, ecc...
Lì abbiamo scelto di far svolgere una visita guidata a due artisti, domenica, dopo l'inaugurazione; gli scozzesi Ross Birrell e David Harding hanno condotto la visita guidata concludendola con una partitura per viola. La viola è l'evoluzione della lira, un vecchio strumento che Keats volle inciso sulla sua tomba.

E' proprio il lavoro presentato per la mostra questa visita guidata di Ross Birrell e David Harding?

No, loro hanno anche una doppia proiezione all'interno dell'Istituto Svizzero. Molti artisti hanno lavori esposti in più sedi...
Birrell e Harding hanno ideato questa performance e poi presentano una doppia proiezione di due volti, uno maschile e uno femminile, che interpretano la canzone “Guanta la mela”. Questa canzone ha una storia molto particolare: il testo era una poesia del cubano José Martí, è un simbolo della rivoluzione cubana ma allo stesso tempo è anche una canzone antirivoluzionaria. In riferimento a questo una radio che esiste a Miami, contro Cuba e contro Castro , finanziata prima dalla Cia e adesso dai conservatori americani, è stata chiamata proprio Radio Martì. Questo è un aneddoto per farvi capire come certe genealogie si intrecciano, come certe ambiguità della storia emergono attraverso i lavori di questi artisti.

C'è anche un'artista italiano in questa compagine: Franco Vaccari...

Siamo molto onorati di aver avuto per questa mostra Franco Vaccari con un bellissimo nuovo lavoro dedicato a Duchamp. Colgo l'occasione per dire al pubblico che una seconda versione di questa mostra sarà inaugurata il 12 giugno alla Kunsthalle di Basilea. Anche lì Vaccari avrà dei nuovi lavori, in particolare il poster della mostra sarà una sua immagine.

Ti faccio un'ultima domanda. Dato che è una mostra in un certo senso metodologica, come tu hai spiegato, mi stuzzicavano alcune considerazioni che ci sono nel testo di presentazione sul ruolo del curatore. Per Salvatore Lacagnina come si declina questo termine?

Questa è una domanda che mi faccio spesso. A volte la risposta non è neanche consapevole, ma è in quello che ciascuno di noi fa. Questa mostra è anche un modello di auto-riflessione su un metodo di lavoro. Tutto quello che ho descritto prima per gli artisti diventa anche un po' l'illustrazione del lavoro che io e Adam Szymczyk abbiamo fatto.
Questa mostra è stata l'occasione per rimettere insieme dei saperi in modo personale... In questo caso abbiamo rotto l'idea di mostra tematica, abbiamo rotto, o interrotto, l'idea di mostra omogenea.
È una mostra che parte in modo centripeto, va dal centro alla periferia e poi ritorna al centro. È una mostra con un tono volutamente basso. È una mostra che spinge a guardare i luoghi più che le opere d'arte stesse, che porta a passeggiare per Roma. È come se avessimo cercato di sviare il centro dell'attenzione dagli artisti, ma in realtà tutto questo si rivela come una modalità di guardare le cose, perché senza gli artisti e le loro opere né la mostra né altro esisterebbe.

Suscita delle derive, insomma...

Si, questo mi piace

Riassumendo qualche dato tecnico della mostra: è aperta fino al 25 settembre, ed è ad ingresso libero?

Ad ingresso libero in tutte le sedi, tranne alla casa Keats-Shelley dove la mostra è divisa su due piani. Al primo l'ingresso è libero perché c'è una stanza dedicata solo alla nostra mostra con due lavori di Moyra Davey, mentre al secondo piano i lavori sono all'interno della casa-museo e per accedervi occorre pagare il normale biglietto. In questo caso non abbiamo voluto creare eccezioni per i visitatori della mostra perché ci sembrava doveroso sostenere questo piccolo gioiello di museo che si autofinanzia.

( * ) Il racconto di Lowry fu pubblicato postumo nel 1961, in Hear Us O Lord from Heaven Thy Dwelling Place, una raccolta dei suoi racconti più tardi, scritti in una prosa diaristica tipica della letteratura di viaggio.


Strange Comfort (Afforded by the Profession)
A cura di Adam Szymczyk, direttore della Kunsthalle Basel e Salvatore Lacagnina, responsabile artistico dell'Istituto Svizzero di Roma

Il comunicato stampa della mostra in corso a Roma fino al 25 settembre, con indirizzi ed orari delle diverse sedi espositive.

Il comunicato stampa della mostra presso Kunsthalle Basel dal 12 giugno al 22 agosto.


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Quest'intervista è tratta da Voices, archivio sonoro di interviste in progress un progetto del network UnDo.Net realizzato in collaborazione con Humus, programma radiofonico di approfondimento culturale condotto da Piero Santi su Radio Città del Capo. Ogni settimana alcuni dei protagonisti della scena artistica contemporanea sono intervistati da Annalisa Cattani e Massimo Marchetti.
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