Nel padiglione spagnolo a lei dedicato Dora Garcia ha voluto sviluppare il tema
della marginalità in Italia. Qui, quasi come nella vita, il bordo è davvero
sottile: se cadi da un lato sei pubblico, se passi dall'altro sei performance.
Appunto un grande palco è al centro della mostra, a disposizione di personaggi
complessi invitati da un "tavolo di pensiero" tutto italiano.
L'azione è scandita
anche fuori scena da oggetti e documenti utili a presentare e soprattutto a
conversare su molte diverse verità. Per tutta la durata della Biennale. Ce ne ha
parlato Eva Fabbris...
Massimo Marchetti: Il paglione spagnolo quest'anno ospita l'artista Dora Garcia.
Qui però, è presente anche una buona parte di Italia, perché ci sono diversi
curatori, critici e autori che hanno collaborato alla costruzione di un palinsesto e
la stessa coordinatrice del padiglione è un'italiana: Eva Fabbris.
Ecco tu adesso sei all'interno del padiglione, sentiamo che c'è per fortuna
silenzio, ma non è una cosa scontata, perché il lavoro stesso di Dora Garcia
prevede una successione quasi continua di azioni che si svolgono dall'inaugurazione
della Biennale fino a novembre.
Il titolo del progetto è "L'inadeguato", puoi parlarci del concept che appunto
prevede collaborazioni plurime?
Eva Fabbris: Parto da questo aspetto, ovvero con la forte impronta performativa di
cui Dora Garcia, coerentemente alla sua pratica, ha voluto informare la sua presenza
all'interno del padiglione.
Quando il pubblico entra la prima cosa che incontra è un grande palco, sul quale campeggia il titolo "L'inadeguato" in tre lingue -
italiano, spagnolo e inglese - e questa piattaforma è a tutti gli effetti la base
su cui avviene un'unica performance, una performance estesa che è cominciata il
primo di giugno e che finirà il 27 novembre, coincidendo quindi con l'apertura
della Biennale.
Si compone di diversi elementi; una parte importante è la serie dal repertorio di
Dora. Ad esempio uno dei personaggi che si avvicendano sul palco è Charles Filch,
che è quello con cui Dora ha partecipato allo Skulptur Projekte di Münster. Filch
è un personaggio dell'"Opera da tre soldi" di Bertold Brecht, che Dora ha fatto
impersonare ad un attore il quale - per tutta la durata della mostra di Münster -
ha vissuto nello spazio pubblico della città sviluppando quel poco che dal testo di
Brecht si sapeva della sua personalità, cioè che era un mendicante e che era
intenzionato a fare una carriera teatrale e d'avanspettacolo.
Dora ha riaggiornato questo personaggio per l'occasione chiedendogli di tornare, per
cui Charles Filch è stato qui - e verrà ancora in luglio - raccontando al pubblico
della Biennale l'esperienza di Münster.
Assieme a questo aspetto si combinano una serie di presenze che vanno a costituire
una costellazione di personalità con cui si articola la riflessione che Dora voleva
sviluppare in questa occasione: il tema della marginalità in Italia.
Queste personalità sono state individuate così: Dora ha raccolto un
piccolo gruppo di collaboratori italiani e l'ha voluto chiamare "il tavolo di
pensiero" (visto che spesso ci si riuniva attorno ad un tavolo a pensare e quindi ha
dato un nome molto letterale - ma anche un po' letterario - a questo gruppo), era
composto da Barbara Casavecchia, Vincenzo de Bellis, Bruna Roccasalva, Cesare
Pietroiusti, Stefano Graziani, Marco Baravalle, Anna Daneri e io.
A noi Dora ha chiesto di individuare delle persone che nella loro pratica, nelle
loro scelte culturali, nel loro autoposizionarsi all'interno del panorama culturale,
in qualche modo fossero in grado di sviluppare diverse posizioni sull'argomento
della marginalità.
Noi abbiamo fatto delle ricerche, abbiamo riflettuto su quello che sappiamo della
scena culturale italiana e abbiamo fatto delle proposte, in base a queste Dora ha
fatto una selezione.
Devo dire che quasi tutte le persone che abbiamo invitato hanno risposto
positivamente e già dal 2 giugno si sono avvicendate sul palco a parlare, in modo
assolutamente informale; con Dora, con chi del tavolo di pensiero era presente e con
chiunque altro del pubblico fosse lì e avesse voglia di prendere parte alle
conversazioni.
Ci tengo a specificare che sono conversazioni informali che non hanno una
frontalità, le sedie sono disposte in cerchio e non c'è nessuno che insegni a
nessun altro, non c'è nessuno che abbia una verità da dare a qualcun altro,
soprattutto nel parlare di un tema così vasto e assolutamente interpretabile.
Quello che ci incuriosisce forse di più, anche del lavoro di Dora, è che le
conversazioni non sono nemmeno amplificate, non sono registrate, cioè sono qualcosa
che assomiglia più a una situazione nata casualmente tra due o più persone che
condividono degli interessi e si incontrano, piuttosto che qualcosa di cattedratico o
didattico: è uno scambio di informazioni.
L'ultima cosa che volevo dirti a proposito di questo processo, è che per articolare
meglio e il più possibile il tema della marginalità abbiamo individuato delle
categorie che ci sono servite a muoverci e a lavorare in maniera analitica
all'interno di questo tema, sono: deviazione, outsider, esclusione, radicalità,
censura, linguaggio, basagliana e note a margine.
M.M.: È interessante anche esplorare gli oggetti che sono sparsi all'interno del
padiglione e che sono nelle stanze a lato rispetto al palco, c'è tutta una serie di
cose e frammenti che rimandano alla dimensione di marginalità. Mi ha incuriosito
molto anche vedere un carrellino utilizzato da Fausto Delle Chiaie, un artista che
forse pochi conoscono, ma che chi passa davanti all'Ara Pacis a Roma non può non
notare. Anche lui sarà ospitato?
E.F.: Certo. Le due stanze laterali sono a tutti gli effetti una zona che si situa
tra l'esposizione e il magazzino. Quello che ci abbiamo messo è in vetrina e quindi
è visibile, ma funziona come una sorta di deposito in cui chi passa a performare -
ad agire, a fare una segnalazione sul palcoscenico - mette i propri oggetti di
scena.
E' come se fosse un backstage visitabile rispetto allo stage centrale.
L'esempio di Fausto Delle Chiaie è perfetto: lui sarà uno dei tre artisti, con
Andrea Lanini e Giuliano Nannipieri, che farà parte di un workshop organizzato il
18 giugno da Cesare Pietroiusti e dai suoi collaboratori del progetto "Museo
dell'arte italiana in esilio", quindi quando sarà qui Fausto Delle Chiaie aprirà
la vetrina dove adesso è esposto il suo carrellino e lo mostrerà agli studenti
raccontando del suo lavoro.
M.M.: Il prossimo appuntamento è domattina (8 giugno) per la presentazione di una
rivista, puoi dirci qualcosa?
E.F.: Domattina, ed anche il 9-10-11 giugno, si susseguiranno una serie di situazioni
legate al lancio della rivista "No Order". Si tratta di un evento che è stato
curato e organizzato da Marco Scotini a cui interverranno gli Etcétera, Angela
Melitopoulos, Christian Marazzi ed altri, articolando in modo rispondente all'invito
posto da Dora la loro comparsa sul palco. Racconteranno e performeranno attorno alla
loro investigazione sull'industria creativa, ai processi di autodefinizione, di
coalizione dei lavoratori della conoscenza ecc., quindi svilupperanno in maniera
alternativa i temi esposti nella rivista stessa.
M.M.: Rispetto alla tua esperienza di curatrice, un progetto di questo tipo quanto ha
cambiato i tuoi parametri? Tu hai fatto già una serie di esperienze molto
importanti, perché sei stata assistente al Museion di Bolzano, attualmente sei
curatrice dello spazio Kaleidoscope di Milano - dell'omonima rivista - dove si
organizzano sostanzialmente delle mostre, quindi un format più tradizionale.
Un'esperienza di questo genere quanto ha spostato i tuoi parametri?
E.F.: Devo dire che non avevo mai avuto l'occasione di lavorare così lungamente ad
un progetto così vasto di un solo artista. È un'esperienza stupenda, perché è un
artista che prima conoscevo da spettatrice solamente. Questo è un lavoro complesso,
sensibile, basato sulla ricerca, ma anche su curiosità soggettive, sempre declinate
nello studio e nel lavoro documentario, ma comunque aperte ad una visione molto
personale del sistema artistico e culturale... poter vivere dall'interno i processi
produttivi è stato straordinario.
Personalmente trovo - e forse non si dovrebbe dirlo quando si è coinvolti in prima
persona - che sia un plus per la Biennale di quest'anno avere un padiglione che è
attivo in maniera così continua, che espone ed è quindi anche una mostra a tutti
gli effetti, ma che è basato sull'attività, sull'interazione, sulla presenza
fisica e l'azione delle persone, e di conseguenza anche sulle dirette reazioni dello
spettatore.
Questa per me è la parte più stimolante, il poter vedere come procede un progetto
che si basa molto sull'interazione con lo spettatore. Questa dimensione di backstage
e stage, che a livello di presenze oggettuali è la dinamica più interessante
all'interno del padiglione, ha uno scarto ancora più forte nell'ambiguità tra
presenze performative e audience: tu sali sul palco e sei performance, scendi dal
palco e sei pubblico.
C'è l'attivazione di tutte le potenzialità dell'essere all'interno dello spazio
espositivo, e questa è una cosa che a me sta insegnando molto. Io sto facendo un
dottorato sulla storia delle esposizioni e in particolare sul rapporto tra l'artista
e il curatore, sugli artisti che fanno i curatori, i curatori che curano in maniera
- tra mille virgolette - creativa, quindi è molto interessante per me lavorare
all'interno di un contesto in cui l'autorialità è fortemente permeata di
ambiguità, nel senso più positivo possibile, qui l'autore è un concetto che
diventa sempre più sfaccettato.
Adrian Paci, Vincenzo Latronico, Giancarlo Norese, Debora Ligorio, Barbara Casavecchia e tanti altri, seduti in cerchio per una prima lecture durante i giorni dell'opening. Un estratto in questo breve video (Riprese Luciana Andreani per UnDo.Net)
Padiglione Spagna ai Giardini - 54. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale
di Venezia
Dora Garcia
L'inadeguato / Lo inadecuado / The Inadequate
Commissario/Curatore: Katya Garcia-Anton http://theinadequate.net
Quest'intervista è stata realizzata il 7 giugno 2011 ed è tratta da
Voices, archivio sonoro in progress di
UnDo.Net realizzato in collaborazione con Humus, programma radiofonico di
approfondimento culturale condotto da Piero Santi su Radio Città del Capo. Ogni
settimana alcuni dei protagonisti della scena artistica contemporanea sono
intervistati da Annalisa Cattani e Massimo Marchetti.
Voices è un attraversamento random tra le contingenze del contemporaneo che offre
un'istantanea - ovviamente parziale - del dibattito intorno al display, le pratiche
artistiche e curatoriali, i protagonisti delle fenomenologie attuali.
Ogni intervista viene trasmessa in radio e viene pubblicata su UnDo.Net per essere
diffusa attraverso la rete, in relazione con tutte le altre fonti presenti nel
network riguardo eventi culturali, autori e progetti.
Una Biennale alterground:
Venice Alterground (18 luglio).
Storie trasversali, personaggi e situazioni che con artisti e curatori ci siamo andati a cercare. Potere e arte, libertà di parola ed "azione", bene comune: da tutto il mondo alla Biennale di Venezia
Sto quindi siamo (10 luglio)
Continua la saga della deriva, rivelata dai protagonisti e da chi sulla zattera c'era. Il video, i suoni, le immagini, i pensieri, il racconto: 12
ore vissute su Osloo, il padiglione danese galleggiante a Venezia e ... su UnDo.Net
I miss my enemies (29 giugno).
La curatrice russa Oxana Maleeva risponde a una fila di domande su artisti e collezionisti del suo Paese incrociando passato e presente. Fino a parlare della mostra "I miss my enemies"...
Unofficial Virtual Kosovo NonPavilion (29 giugno).
Grazie all'artista Gjoke Gojani il Kosovo ha ora un Padiglione, solo 'virtuale', ma nel contesto di un evento ufficiale della Biennale di Venezia... e online su UnDo.Net
Trasformazioni (24 giugno).
Nella Biennale di Venezia in che misura si manifestano le eredità culturali dei decenni passati? Il parere di una giovane curatrice particolarmente sensibile a queste tematiche
Boris Groys (21 giugno).
Come l'arte contemporanea interseca la politica in Russia? Risponde Boris Groys, curatore del Padiglione Russo alla 54ma Biennale di Venezia...
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Da New York, Berlino, Parigi, Ginevra, Zurigo, San Marino, Milano... artisti e curatori, a Venezia per l'opening, molto spontaneamente qui esprimono i loro pareri
Haddetto e non haddetto (11 giugno) Maddalena Fragnito e Emanuele Braga hanno raccolto un diluvio di pareri e commenti da ascoltare
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Luce sulla Biennale di Venezia
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