Attraversare le contingenze allargando le prospettive

16/06/2011
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L'inadeguato/a


Nel padiglione spagnolo a lei dedicato Dora Garcia ha voluto sviluppare il tema della marginalità in Italia. Qui, quasi come nella vita, il bordo è davvero sottile: se cadi da un lato sei pubblico, se passi dall'altro sei performance.

Appunto un grande palco è al centro della mostra, a disposizione di personaggi complessi invitati da un "tavolo di pensiero" tutto italiano.

L'azione è scandita anche fuori scena da oggetti e documenti utili a presentare e soprattutto a conversare su molte diverse verità. Per tutta la durata della Biennale.
Ce ne ha parlato Eva Fabbris...



















Massimo Marchetti: Il paglione spagnolo quest'anno ospita l'artista Dora Garcia. Qui però, è presente anche una buona parte di Italia, perché ci sono diversi curatori, critici e autori che hanno collaborato alla costruzione di un palinsesto e la stessa coordinatrice del padiglione è un'italiana: Eva Fabbris.
Ecco tu adesso sei all'interno del padiglione, sentiamo che c'è per fortuna silenzio, ma non è una cosa scontata, perché il lavoro stesso di Dora Garcia prevede una successione quasi continua di azioni che si svolgono dall'inaugurazione della Biennale fino a novembre.
Il titolo del progetto è "L'inadeguato", puoi parlarci del concept che appunto prevede collaborazioni plurime?


Eva Fabbris: Parto da questo aspetto, ovvero con la forte impronta performativa di cui Dora Garcia, coerentemente alla sua pratica, ha voluto informare la sua presenza all'interno del padiglione.
Quando il pubblico entra la prima cosa che incontra è un grande palco, sul quale campeggia il titolo "L'inadeguato" in tre lingue - italiano, spagnolo e inglese - e questa piattaforma è a tutti gli effetti la base su cui avviene un'unica performance, una performance estesa che è cominciata il primo di giugno e che finirà il 27 novembre, coincidendo quindi con l'apertura della Biennale.

Si compone di diversi elementi; una parte importante è la serie dal repertorio di Dora. Ad esempio uno dei personaggi che si avvicendano sul palco è Charles Filch, che è quello con cui Dora ha partecipato allo Skulptur Projekte di Münster. Filch è un personaggio dell'"Opera da tre soldi" di Bertold Brecht, che Dora ha fatto impersonare ad un attore il quale - per tutta la durata della mostra di Münster - ha vissuto nello spazio pubblico della città sviluppando quel poco che dal testo di Brecht si sapeva della sua personalità, cioè che era un mendicante e che era intenzionato a fare una carriera teatrale e d'avanspettacolo.
Dora ha riaggiornato questo personaggio per l'occasione chiedendogli di tornare, per cui Charles Filch è stato qui - e verrà ancora in luglio - raccontando al pubblico della Biennale l'esperienza di Münster.

Assieme a questo aspetto si combinano una serie di presenze che vanno a costituire una costellazione di personalità con cui si articola la riflessione che Dora voleva sviluppare in questa occasione: il tema della marginalità in Italia.
Queste personalità sono state individuate così: Dora ha raccolto un piccolo gruppo di collaboratori italiani e l'ha voluto chiamare "il tavolo di pensiero" (visto che spesso ci si riuniva attorno ad un tavolo a pensare e quindi ha dato un nome molto letterale - ma anche un po' letterario - a questo gruppo), era composto da Barbara Casavecchia, Vincenzo de Bellis, Bruna Roccasalva, Cesare Pietroiusti, Stefano Graziani, Marco Baravalle, Anna Daneri e io.
A noi Dora ha chiesto di individuare delle persone che nella loro pratica, nelle loro scelte culturali, nel loro autoposizionarsi all'interno del panorama culturale, in qualche modo fossero in grado di sviluppare diverse posizioni sull'argomento della marginalità.
Noi abbiamo fatto delle ricerche, abbiamo riflettuto su quello che sappiamo della scena culturale italiana e abbiamo fatto delle proposte, in base a queste Dora ha fatto una selezione.
Devo dire che quasi tutte le persone che abbiamo invitato hanno risposto positivamente e già dal 2 giugno si sono avvicendate sul palco a parlare, in modo assolutamente informale; con Dora, con chi del tavolo di pensiero era presente e con chiunque altro del pubblico fosse lì e avesse voglia di prendere parte alle conversazioni.

Ci tengo a specificare che sono conversazioni informali che non hanno una frontalità, le sedie sono disposte in cerchio e non c'è nessuno che insegni a nessun altro, non c'è nessuno che abbia una verità da dare a qualcun altro, soprattutto nel parlare di un tema così vasto e assolutamente interpretabile. Quello che ci incuriosisce forse di più, anche del lavoro di Dora, è che le conversazioni non sono nemmeno amplificate, non sono registrate, cioè sono qualcosa che assomiglia più a una situazione nata casualmente tra due o più persone che condividono degli interessi e si incontrano, piuttosto che qualcosa di cattedratico o didattico: è uno scambio di informazioni.
L'ultima cosa che volevo dirti a proposito di questo processo, è che per articolare meglio e il più possibile il tema della marginalità abbiamo individuato delle categorie che ci sono servite a muoverci e a lavorare in maniera analitica all'interno di questo tema, sono: deviazione, outsider, esclusione, radicalità, censura, linguaggio, basagliana e note a margine.

M.M.: È interessante anche esplorare gli oggetti che sono sparsi all'interno del padiglione e che sono nelle stanze a lato rispetto al palco, c'è tutta una serie di cose e frammenti che rimandano alla dimensione di marginalità. Mi ha incuriosito molto anche vedere un carrellino utilizzato da Fausto Delle Chiaie, un artista che forse pochi conoscono, ma che chi passa davanti all'Ara Pacis a Roma non può non notare. Anche lui sarà ospitato?

E.F.: Certo. Le due stanze laterali sono a tutti gli effetti una zona che si situa tra l'esposizione e il magazzino.
Quello che ci abbiamo messo è in vetrina e quindi è visibile, ma funziona come una sorta di deposito in cui chi passa a performare - ad agire, a fare una segnalazione sul palcoscenico - mette i propri oggetti di scena.
E' come se fosse un backstage visitabile rispetto allo stage centrale.
L'esempio di Fausto Delle Chiaie è perfetto: lui sarà uno dei tre artisti, con Andrea Lanini e Giuliano Nannipieri, che farà parte di un workshop organizzato il 18 giugno da Cesare Pietroiusti e dai suoi collaboratori del progetto "Museo dell'arte italiana in esilio", quindi quando sarà qui Fausto Delle Chiaie aprirà la vetrina dove adesso è esposto il suo carrellino e lo mostrerà agli studenti raccontando del suo lavoro.

M.M.: Il prossimo appuntamento è domattina (8 giugno) per la presentazione di una rivista, puoi dirci qualcosa?

E.F.: Domattina, ed anche il 9-10-11 giugno, si susseguiranno una serie di situazioni legate al lancio della rivista "No Order". Si tratta di un evento che è stato curato e organizzato da Marco Scotini a cui interverranno gli Etcétera, Angela Melitopoulos, Christian Marazzi ed altri, articolando in modo rispondente all'invito posto da Dora la loro comparsa sul palco. Racconteranno e performeranno attorno alla loro investigazione sull'industria creativa, ai processi di autodefinizione, di coalizione dei lavoratori della conoscenza ecc., quindi svilupperanno in maniera alternativa i temi esposti nella rivista stessa.

M.M.: Rispetto alla tua esperienza di curatrice, un progetto di questo tipo quanto ha cambiato i tuoi parametri? Tu hai fatto già una serie di esperienze molto importanti, perché sei stata assistente al Museion di Bolzano, attualmente sei curatrice dello spazio Kaleidoscope di Milano - dell'omonima rivista - dove si organizzano sostanzialmente delle mostre, quindi un format più tradizionale. Un'esperienza di questo genere quanto ha spostato i tuoi parametri?

E.F.: Devo dire che non avevo mai avuto l'occasione di lavorare così lungamente ad un progetto così vasto di un solo artista. È un'esperienza stupenda, perché è un artista che prima conoscevo da spettatrice solamente. Questo è un lavoro complesso, sensibile, basato sulla ricerca, ma anche su curiosità soggettive, sempre declinate nello studio e nel lavoro documentario, ma comunque aperte ad una visione molto personale del sistema artistico e culturale... poter vivere dall'interno i processi produttivi è stato straordinario.

Personalmente trovo - e forse non si dovrebbe dirlo quando si è coinvolti in prima persona - che sia un plus per la Biennale di quest'anno avere un padiglione che è attivo in maniera così continua, che espone ed è quindi anche una mostra a tutti gli effetti, ma che è basato sull'attività, sull'interazione, sulla presenza fisica e l'azione delle persone, e di conseguenza anche sulle dirette reazioni dello spettatore.

Questa per me è la parte più stimolante, il poter vedere come procede un progetto che si basa molto sull'interazione con lo spettatore. Questa dimensione di backstage e stage, che a livello di presenze oggettuali è la dinamica più interessante all'interno del padiglione, ha uno scarto ancora più forte nell'ambiguità tra presenze performative e audience: tu sali sul palco e sei performance, scendi dal palco e sei pubblico.

C'è l'attivazione di tutte le potenzialità dell'essere all'interno dello spazio espositivo, e questa è una cosa che a me sta insegnando molto. Io sto facendo un dottorato sulla storia delle esposizioni e in particolare sul rapporto tra l'artista e il curatore, sugli artisti che fanno i curatori, i curatori che curano in maniera - tra mille virgolette - creativa, quindi è molto interessante per me lavorare all'interno di un contesto in cui l'autorialità è fortemente permeata di ambiguità, nel senso più positivo possibile, qui l'autore è un concetto che diventa sempre più sfaccettato.




Adrian Paci, Vincenzo Latronico, Giancarlo Norese, Debora Ligorio, Barbara Casavecchia e tanti altri, seduti in cerchio per una prima lecture durante i giorni dell'opening. Un estratto in questo breve video (Riprese Luciana Andreani per UnDo.Net)


Padiglione Spagna ai Giardini - 54. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia
Dora Garcia
L'inadeguato / Lo inadecuado / The Inadequate
Commissario/Curatore: Katya Garcia-Anton
http://theinadequate.net



Quest'intervista è stata realizzata il 7 giugno 2011 ed è tratta da Voices, archivio sonoro in progress di UnDo.Net realizzato in collaborazione con Humus, programma radiofonico di approfondimento culturale condotto da Piero Santi su Radio Città del Capo. Ogni settimana alcuni dei protagonisti della scena artistica contemporanea sono intervistati da Annalisa Cattani e Massimo Marchetti.
Voices è un attraversamento random tra le contingenze del contemporaneo che offre un'istantanea - ovviamente parziale - del dibattito intorno al display, le pratiche artistiche e curatoriali, i protagonisti delle fenomenologie attuali.
Ogni intervista viene trasmessa in radio e viene pubblicata su UnDo.Net per essere diffusa attraverso la rete, in relazione con tutte le altre fonti presenti nel network riguardo eventi culturali, autori e progetti.




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