Ve la do io l'assemblea permanente!
Il 18 maggio, mentre gli occupanti erano riuniti in assemblee permanenti da giorni, l'assessore Boeri ha annunciato il suo nuovo programma di appuntamenti pubblici ancora più "costituenti" all'ex Ansaldo di Milano. Lo ha fatto nel corso di un primo incontro organizzato per dare una risposta "istituzionale" al problema dello spazio richiesto da Macao. In realtà il segnale dato dai politici in quell'occasione è stato imbarazzante: che Macao si costituisca in associazione, partecipi al bando ed otterrà una sede all'ex Ansaldo. Così: a scatola chiusa.
Insomma la prospettiva di un'assegnazione "clientelare" che oltretutto dimostra l'incapacità di comprendere e collocare il fenomeno Macao e getta più di un'ombra sul senso delle tre giornate dell'OCA (Officine Creative Ansaldo) previste dal 14 giugno a Milano.
E' un'oca "allegra e appassionata" e soprattutto nottambula quella che Boeri lancia in risposta a slogan del tipo "si potrebbe anche pensare di volare" sentiti a Macao.
L'inizio della storia...
Ma torniamo indietro e cerchiamo di capire da dove si potrebbe far cominciare questa storia: per esempio dall'appello al Presidente del luglio 2009.
La genesi dell'appello risale all'incontro
Il Falso Oreste
di Bologna in cui, con Lisa Parola e Cesare Pietroiusti, cominciammo a lavorare al testo e alla sua diffusione attraverso UnDo.Net.
L'
appello al Presidente
fu firmato da centinaia persone da tutt'Italia e ottenne la
risposta "formale"
di Louis Godart della Segreteria Generale della Presidenza della Repubblica.
In preparazione di un incontro nazionale (che non fu mai realizzato) nei mesi successivi si attivarono una serie di
tavoli di confronto
a Torino, Bologna, Venezia, Roma, Genova, Milano e anche tra italiani residenti a Berlino, che videro la partecipazione di decine di artisti, curatori, studenti...
UnDo.Net divenne la piattaforma di confronto e comunicazione di quanto emergeva nei tavoli.
L'incontro che organizzammo a Milano (6 marzo 2010) si intitolava
L'altra parte del giorno.
In ogni incontro la discussione era focalizzata sulle problematiche delle singole città, ma anche sulle necessità di intervento e analisi a livello nazionale.
Nel dicembre 2010, con la nomina di Giovanni Minoli a Presidente del Consiglio di Amministrazione del Castello di Rivoli, si avviò un primo gruppo di lavoro costituito da Cecilia Guida, Aria Spinelli, Anna Stuart Tovini e Matteo Lucchetti che diffuse una
lettera di denuncia e protesta
circa quest'ennesimo pasticcio all'italiana. La lettera fu sottoscritta poi da 190 tra curatori, artisti, giornalisti e organizzatori, mentre molti altri dichiararono la loro solidarietà ma non se la sentirono di esporsi in prima persona apparendo tra i firmatari.
Il Paese è reale
Nel frattempo lavoravamo a un'analisi delle aspettative degli operatori nei confronti delle istituzioni culturali pubbliche e delle modalità con cui rendere più trasparenti cariche e programmi. Lungo questo percorso il gruppo si è ampliato e con il nome di
DRR - Il Paese è reale si sono organizzati una serie tavoli di lavoro con Michela Gulia, Elvira Vannini, Caterina Iaquinta, Francesca Chiacchio, Marcella Anglani, Camilla Pietrabissa, Francesca Guerisoli, Valerio Del Baglivo e, come Vladivostok, Alessandro Nassiri e Maddalena Fragnito.
DRR firma
Furibondi
ma il gruppo fatica a decollare. Nel luglio 2011 l'incontro
L'arte è un lavoro organizzato da Maddalena Fragnito, Emanuele Braga e Francesca Guerisoli registra nuovi ingressi (come Marco Baravalle e Camilla Pin) ma anche le prime prese di distanza.
I Lavoratori dell'arte
Alla fine di luglio viene pubblicato e diffuso dalle pagine di UnDo il
Documento dei Lavoratori dell'arte
firmato da (in ordine alfabetico) Marcella Anglani, Marco Baravalle, Francesco Bertelè, Emanuele Braga, Daria Carmi, Angelo Castucci, Francesca Chiacchio, Vincenzo Chiarandà, Valerio Del Baglivo, Maddalena Fragnito, Cecilia Guida, Francesca Guerisoli, Matteo Lucchetti, Aria Spinelli, Anna Stuart Tovini poi sottoscritto da molti altri e le firme sono
ancora online.
Nell'autunno 2011 prende il via il percorso che sfocerà il 3 dicembre 2011 nella giornata del Pac a Milano.
Con una serie di
incontri pubblici
si cerca di allargare la base di partecipazione ma nello stesso tempo emergono alcune individualità all'interno del gruppo che intendono "dirigere" le decisioni di tutti, anche gestendo in via esclusiva le relazioni con il Valle occupato di Roma.
Dopo
l'occupazione simbolica del Pac
diversità di vedute e disaccordi portano all'allontamento dal gruppo di molti: dei 15 firmatari iniziali ne restano solo 5. Una presa di distanza dai modi con cui è stata gestita da parte di alcuni l'azione al Pac e dalle modalità di "gestione" del lavoro di gruppo.
La Torre Galfa
Fatto tesoro del lavoro portato avanti nei mesi precedenti dal gruppo esteso (i temi, la progettualità, i tavoli di lavoro, etc.) le energie dei Lavoratori rimasti si indirizzano nelle relazioni con gruppi di azionismo politico che torneranno molto utili per realizzare l'occupazione. L'obiettivo principale è infatti quello di occupare.
La scelta di un bersaglio come la torre Galfa la dice lunga sugli obiettivi “mediatici” degli organizzatori. L'edificio infatti ha un altissimo valore comunicativo ma presenta evidenti controindicazioni a diventare la sede di un'attività permanente.
Il doppio sgombero di Torre Galfa e Palazzo Citterio (a opera di una giunta di sinistra) non ha intaccato il valore simbolico delle azioni, ma ciò di cui abbiamo bisogno oggi non sono solo denuncie quanto piuttosto pratiche perseguibili e modelli sostenibili.
L'ampia partecipazione alle assemblee però, ha dimostrato la grande urgenza di confronto sulle tematiche e per molti giovani si è trattato di un momento davvero “costituente”.
Anche per questo il tentativo di battezzare Macao come azione artistica, da parte dei pochi Lavoratori dell'Arte rimasti, è stato estremamente scorretto nei confronti degli altri partecipanti. Sia l'azione artistica che quella politica possono risultare strumentali, ma diventa molto grave quando tutto appare come una manovra finalizzata al "successo" personale di qualcuno.
Lo Occupy style arreda le gallerie d'arte da un po' e oggi anche i giornalisti di moda e costume sanno come parlarne.
Un'analisi seria riguardante l'estetica del movimento Occupy sarebbe interessante, ma forse sarà possibile affrontarla solo con una prospettiva storica; per oggi tutto ricade sotto il cappello di un'attualità semplicistica e opportunista intorno alla quale si scatena qualsiasi presunta rivista o media. Per la gioia degli artisti di cui sopra.
Il gioco dell'oca
Anche dopo il secondo sgombero assemblee e tavoli di lavoro stanno continuando e vi partecipano gruppi di persone sempre più eterogenei. Bisogna che quest'anima eclettica e multidisciplinare di Macao riesca ad emergere sottraendosi a qualunque tentativo di manipolazione da parte dei “tavoli politici” al suo interno.
Bisogna che le energie di così tante persone riescano a produrre un dialogo trasversale e Macao sia davvero di tutti.
Questa settimana rischia di essere bella fitta: da una parte Macao e dall'altra le
Officine Creative
di Boeri all'ex Ansaldo, dove siamo tutti invitati a partecipare a una full immersion di incontri tra "idee esplosive e passioni instancabili". Ma quale potrà essere la reale utilità di questi tre giorni di OCA?
Si tratta di una pratica imitativa di Macao sul piano estetico in cui è in primo luogo il “contenitore” a creare un senso, sono utilizzati termini come “assemblea” e “bene comune”, vengono chiamate a raccolta le energie creative e la passione.
E come se si volesse offrire ai giovani “creativi” un'alternativa a Macao.
Insomma se Macao non va all'Ansaldo l'Ansaldo va a Macao. Più esattamente “si fa” Macao.
Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà