"Anno del Drago" è il progetto artistico-culturale realizzato da
Dryphoto arte contemporanea in collaborazione con il
Centro Pecci di Prato, ideato con il fine di riflettere sul complesso rapporto tra la forte comunità cinese e la città toscana.
“ll Drago è potente ma non incute timore, quando danza incontra tutti i residenti nella nostra città, e istituisce una narrazione che innesca nuovi processi, conferisce senso e significato componendo nuove coordinate interpretative e prefigurative di azioni e situazioni e su queste basi costruisce nuove forme di conoscenza che orientano il nostro agire.”
Intervista a
Vittoria Ciolini, sostenitrice di questa mostra e di altre piattaforme di interazione.
A cura di
Eleonora Farina
Vittoria, sei l'ideatrice e la fondatrice di Dryphoto arte contemporanea, una no profit nata a Prato poco più di tre decadi fa e che porta avanti progetti legati soprattutto al mezzo fotografico. Da alcuni anni ti sei avvicinata alla comunità cinese presente nella tua città.
Il rapporto si è poi intensificato quando, nel 2007, il Comune di Prato non ha dato il permesso per svolgere la tradizionale sfilata Danza del Drago, momento culminante dei festeggiamenti del Capodanno cinese.
Iniziamo quindi da una riflessione personale e dal tuo interesse per questa realtà, così radicata ma spesso anche isolata sul territorio, e dalle difficoltà che hai incontrato in questo processo di 'integrazione' (una parola che - so già - tu non apprezzi molto).
L'ideatore e fondatore di Dryphoto arte contemporanea è in realtà l’artista Andrea Abati. Io mi sono avvicinata a quest’avventura durante la formalizzazione del gruppo di lavoro e sono stata quindi incaricata della direzione dello spazio.
Personalmente ho sempre tenuto conto del territorio che abito, e di conseguenza anche del territorio che la galleria abita, e con il tempo Dryphoto stessa ha intensificato i progetti che uscivano dallo spazio espositivo per entrare direttamente nel tessuto cittadino. Si potrebbe quasi dire che negli ultimi dodici anni è stata la città (più che la galleria) il luogo dove abbiamo organizzato mostre, azioni, incontri, convegni, laboratori ecc.
Nel 2002 in occasione della prima edizione di “Spread in Prato” - quando abbiamo “osato un viaggio nei territori inesplorati che stanno al di là della zona protetta dell'arte”1 – abbiamo deciso di inserire nel percorso espositivo, tra opifici industriali ed esercizi commerciali, il ristorante Yun Tian Lou e la macelleria Abou Allal Islamic. Una scelta che mostrava chiaramente come la popolazione e le abitudini della città fossero notevolmente cambiate.
All'interno di questa modalità di operare direi che l'avvicinamento alla comunità cinese ha avuto semplicemente ragioni logistiche. La seconda sede di Dryphoto arte contemporanea (divenuta oggi l'unica) è infatti situata proprio ai margini della zona della città - denominata macrolotto zero - dove risiede la gran parte della comunità cinese di Prato.
E' presso questa sede che nel 2005 è nato SenzaDimoraFissa, un laboratorio permanente sul rapporto tra pratiche artistiche e contesto urbano, un progetto di Andrea Abati in collaborazione con Dryphoto.
Nel 2007, come hai ricordato tu, SenzaDimoraFissa ha lavorato elaborando un fatto di cronaca pratese: l'amministrazione comunale, in occasione dei festeggiamenti del Capodanno secondo il calendario cinese, non concedette il permesso di sfilare per le vie della città con la tradizionale Danza del Drago.
SenzaDimoraFissa aprì quindi uno spazio di discussione via e-mail e organizzò una serie di azioni al fine di far emergere il dissenso di quella parte di società civile che non si riconosceva nella linea adottata dal Comune di Prato e che quotidianamente portava avanti microstorie di interazione tra nuovi e vecchi cittadini. Persone che in questo modo contribuiscono all'affermarsi di un nuovo concetto di cittadinanza reale, basato sulla condivisione di uno spazio vissuto.
Il primo passo per arrivare a un progetto con una parte della comunità cinese - e più precisamente con l'Associazione Buddista della Comunità Cinese in Italia - è stato fatto però l’anno successivo, in occasione dei festeggiamenti del Capodanno Cinese, quando l'Associazione ci ha chiesto di fare da mediatori con le istituzioni per poter organizzare la tradizionale sfilata.
E' stata un’esperienza molto potente che ci ha costretto a toccare con mano contraddizioni e problematiche che fino ad allora avevamo affrontato solo teoricamente. Abbiamo scoperto una città con sentimenti e atteggiamenti profondamente razzisti, un’amministrazione assolutamente incapace di gestire alcunché e in balia dei ricatti dei vari comitati e/o di chi con la comunità cinese ha relazioni esclusivamente economiche.
La nostra interazione è principalmente con i cittadini cinesi della cosiddetta ‘prima generazione’, una comunità ampia e fortemente consolidata, ben radicata su parte del territorio, inserita perfettamente nelle zone d’ombra del tessuto produttivo e commerciale della nostra città, dove la ricchezza di alcuni è nata e continua a crescere grazie al lavoro nero, alla corruzione, allo sfruttamento.
Anche per questo non amo la parola integrazione: non vorrei integrare nessuno in un modello di società come la nostra! E mi sembra un’opportunità imperdibile la possibilità che abbiamo di interagire con cittadini provenienti da mondi e culture diverse per provare a ripensare insieme una società nuova. Con il tempo Danza del Drago è per noi diventata spazio di resistenza, simbolo della volontà della comunità cinese (ma anche delle altre comunità presenti in città) di interagire con il territorio che abita.
Questo lungo cammino, di lavoro e insieme di presa di coscienza, vi ha portato a coinvolgere il Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci e a metterlo in relazione con l'Associazione Buddista. L'idea, di Andrea Abati e Franco Menicagli, è stata quella di istituire un bando di concorso per opere d’arte in relazione (tematicamente ma non solo) al mondo cinese.
Il risultato finale vede nove artisti, di cui sette italiani (Andrea Abati, Stefano Boccalini, Michelangelo Consani, Leone Contini, Valentina Lapolla, Franco Menicagli e Robert Pettena) e due cinesi (Da Wing e Shou Li), presentati nel progetto "Anno del Drago", complementare alla mostra di video arte "Moving Image in China" nelle sale principali del Centro.
Quest'ultima, una mostra importata; la vostra, una mostra ideata e realizzata sul territorio. Quali sono le caratteristiche artistiche, i risvolti sociali e le implicazioni umane di questo progetto?
La proposta di Abati e Menicagli di chiamare degli artisti in città a lavorare e avendo come punto di partenza i festeggiamenti del Capodanno cinese è arrivata al momento opportuno, dopo un percorso che negli anni ha visto una evoluzione dei nostri rapporti con l'Associazione Buddista e anche il consolidarsi sul territorio di detta Associazione.
Inoltre “Moving Image in China” è stato un momento istituzionale importante per la città di Prato, che ha così esperito l'incontro e l’unità di intenti tra la Console cinese di Firenze e le amministrazioni locali rispetto al ruolo dell'arte quale mediatrice di conflitti.
Per “Anno del Drago” ho invitato personalmente alcuni artisti con cui avevo già lavorato in passato e dei quali condividevo in modo particolare la poetica e la ricerca, facendo attenzione a sceglierne anche diversi che avessero avuto un primo scambio con la comunità cinese. Per gli artisti cinesi invece mi sono consultata con l'Associazione Buddista, perché desideravo trovare qualcuno che vivesse e/o lavorasse direttamente a Prato.
Una giuria, formata da Marco Bazzini - direttore del Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, Saretto Cincinelli - curatore indipendente, Lorenzo Giusti - direttore di EX3 Contemporary Art Project di Firenze e Fabio Gori - collezionista, ha poi selezionato “Pronto Moda” di Stefano Boccalini quale miglior lavoro in mostra.
Negli ultimi anni sono diverse le iniziative artistiche legate alle comunità cinesi sul territorio italiano. Quali riflessioni attivano e quali ‘temi caldi’ affrontano gli artisti in mostra al Centro Pecci?
“Anno del Drago”, come dicevi giustamente poco prima, è una mostra ideata e realizzata sul e grazie al territorio ma, allo stesso tempo, le opere mettono in campo questioni ed emozioni che vanno ben oltre i confini geografici.
Il percorso espositivo nelle sale del Centro Pecci viene aperto da un Drago, scelto dagli artisti e dagli organizzatori come simbolo comune. Seguono poi i lavori dei diversi artisti che si sono confrontati sul tema, ognuno con il proprio approccio e con il proprio background e utilizzando media differenti quali la fotografia, la performance, l’installazione, l’azione, la scultura.
Andrea Abati, ad esempio, utilizza uno strumento narrativo molto popolare del passato: il fotoromanzo. “La Prole del Drago” racconta, attraverso la storia d'amore tra una ragazza cinese e un ragazzo italiano, di temi attuali come la crisi economica, l’incertezza del lavoro e del futuro, la paura del razzismo, la diffidenza verso l'altro, con la particolarità di inserire nelle immagini di reportage l'uso della finzione e della messa in scena, girando le scene con i due attori principali in diretta.
“Pronto moda”, l'opera realizzata da Stefano Boccalini e vincitrice del bando, è un abito di alta moda composto da buste rosse. Tra i cinesi lo scambio di buste rosse, che contengono sempre denaro, è tipico delle festività dell'anno nuovo e viene chiamato Ya Sui Qian, ovvero ‘denaro che scaccia gli spiriti maligni’. In questo caso ad essere scacciate sono le regole del mondo del lavoro attraverso la pratica corrente del mercato nero e della contraffazione.
“8” di Michelangelo Consani è l'unica opera situata in due locations: presso il Centro Pecci si trovano otto monete da un centesimo e un audio in lingua cinese che chiede “quanto costa? quanto vale?”; presso il Tempio Buddista di Prato la ricevuta di una donazione all'Associazione Buddista, ovvero l'importo del suo fee più otto. Consani non vuole che intercorra del denaro tra lui e la comunità cinese.
Le otto monete da un centesimo sembrano di rame ma sono in realtà quasi completamente di ferro e sono quindi tenute insieme da una calamita: una metafora della decadente Europa in contrasto con la grande Cina, rappresentata dalla mostra “Moving Image in China” ai piani superiori del Centro.
“Km.0” di Leone Contini è un’installazione sull'agricoltura di sussistenza cinese nel pratese, oggi tendenzialmente invisibile ma in grande espansione, altamente significativa perché il fatto di coltivare ortaggi che fanno parte del proprio ambiente tradizionale in una nuova terra racconta letteralmente di un nuovo radicamento.
Completano l’opera un video nel quale l'artista intervista i contadini cinesi della zona e un tavolo con i residui di verdura; le cassette di plastica, che durante l’inaugurazione hanno contenuto gli ortaggi, sono utilizzate per allestire un vero e proprio mercatino.
Da Wing mette a confronto strumenti e tecniche antiche per parlare di simboli e archetipi della Cina contemporanea. Con “Tre angoli” trasporta dalla carta alla plastica l'antica tecnica del ritaglio.
Valentina Lapolla propone una serie di 18 piccole fotografie a colori. “Quando il drago danza” è il risultato di azioni che l’artista ha realizzato mentre il Drago compiva la sua danza nei luoghi di Prato attraversati dalla sfilata; Valentina ha partecipato a questa scena performativa compiendo dei gesti che erano co-presenti e co-partecipanti, connessi e sincronici rispetto ai festeggiamenti, azioni che ruotano intorno all'idea di soglia, del momento della prima percezione - un momento molto intenso dove si attiva un diverso campo di attenzione, dove il sé allenta i suoi confini, un momento prezioso e delicato di reciproca vulnerabilità e affidamento.
Shuo Li presenta due sculture e un’installazione: “Sta volando – Sta pensando – Sta aspettando”. Li sostiene che ogni persona in Cina si sente, in fondo, buddista e per questo la mostra si apre con la statua di un uomo che prega. La figura di Buddha incarna l'amore per l'umanità e la natura e quest’ultima viene rappresentata dall’artista attraverso la figura della rana, un animale caro alla cultura e alla tradizione cinese.
Il rispetto per la cultura tradizionale si unisce in Li al desiderio di un incontro tra mondo occidentale e mondo orientale e ciò sarà reso possibile solo dalle nuove generazioni: dell’installazione di bottiglie, contenenti ognuna la foto di un bambino di origine cinese abitante a Prato, i visitatori possono portare via una parte e in tal modo il bambino/adulto del futuro, all’interno della quotidianità casalinga, sarà ogni giorno meno ‘altro’, meno ‘diverso’.
Franco Menicagli con “Yo-Yo”, scultura in acciaio con frammenti di scritta cinese e fascette ferma-cavo in plastica, utilizza e rielabora la scrittura - principale strumento di trasmissione dei saperi e della storia - partendo dall'insegna di un negozio cinese la quale, persa la sua funzione originaria, è stata dimenticata e abbandonata, rotta e incompleta.
L’artista costruisce così un insieme di relazioni formali tra i caratteri della calligrafia, che vanno a formare una scultura: un geoide, una lanterna, qualcosa di gioioso e scintillante, metafora di nuovi legami e connessioni, sinonimo d’arricchimento e variazione di punti di vista che si modificano costantemente nel tempo.
“The Dragon and Saint George” è invece l'azione che Robert Pettena ha realizzato nella città di Prato nei primi giorni di marzo. Un banner con riprodotto un particolare di un'incisione di Joseph Edgar Boehm, il quale rappresenta San Giorgio che uccide il drago, è stato esposto in Piazza del Duomo e in Piazza del Comune, luoghi dove il Drago non poteva danzare per divieto dell'amministrazione comunale.
In mostra al Pecci la fotografia dell'installazione in Piazza del Comune e l'articolo di un quotidiano locale sull'azione. Fuori dal Centro il banner originale.
Durante l'inaugurazione di "Anno del Drago" è stato interessante notare la presenza massiccia della comunità cinese al Centro Pecci, nonostante alcuni (o forse sarebbe meglio dire molti) di loro hanno ancora difficoltà ad esprimersi in italiano.
Simile esperienza l'avevo vissuta a Prato lo scorso anno in occasione della cena di ringraziamento offerta dall'Associazione Buddista per la sfilata del Capodanno cinese 2011. Quella sera ci siamo ritrovati, tu, Andrea Abati ed io, a condividere un ottimo cibo cinese insieme a persone con le quali avevamo grandi difficoltà a comunicare verbalmente.
Eppure questo sodalizio tra italiani e cinesi funziona, e sempre di più, almeno a Prato. Quali saranno i passi futuri che proporrete per contribuire a superare le difficoltà di dialogo? "Anno del Drago 2" o nuove idee?
La situazione è ancora molto difficile e a volte pesante: la lingua continua ad essere l'ostacolo principale per comunicare in maniera adeguata con i cittadini di origine cinese, specialmente con quelli di prima generazione.
Persiste inoltre un atteggiamento molto ambiguo da parte delle istituzioni e di una gran fetta di cittadini di origine italiana: da un lato non si pongono limiti quando si tratta di commerciare e fare affari con loro, ma dall’altra e allo stesso tempo - in nome della legalità - vengono messi in campo provvedimenti discriminatori e persecutori contro la comunità stessa. Per fortuna negli ultimi due anni si sono moltiplicate a Prato iniziative, soprattutto tra i giovani e principalmente a carattere sociale e culturale, che vedono insieme cittadini di diversa provenienza.
E’ un primo, importante, ma non risolutivo passo in avanti.
La nostra collaborazione con l'Associazione Buddista non si è certamente conclusa con "Anno del Drago". Ma la situazione è in fieri e così incerta che, secondo noi, non è proficuo in questo momento avere già un progetto definito.
In una dinamica in continua evoluzione preferiamo quindi adottare una modalità di partecipazione che ci permetta di fare attenzione e prestare ascolto, restando così in contatto con ciò che accade intorno a noi.
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Anno del Drago
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Eleonora Farina è laureata all'Università "La Sapienza" di Roma in storia dell'arte contemporanea con una tesi sulla Kunsthalle Portikus di Francoforte sul Meno (al tempo diretta dal Prof. Daniel Birnbaum). Dopo un anno di lavoro a Bucarest presso il dipartimento curatoriale del Museo Nazionale d'Arte Contemporanea, al momento vive a Berlino dove ha iniziato un dottorato di ricerca presso la "Freie Universität" (Prof. Gregor Stemmrich) sulla Video Arte in Romania ai tempi della dittatura di Ceauşescu. E' su questa tematica che ha inoltre realizzato diversi progetti curatoriali, ha partecipato a lecture e ha scritto articoli specialistici. Collabora regolarmente con UnDo.Net e con la rivista "Arte e Critica".