Attraversare le contingenze allargando le prospettive

01/02/2013
stampa   ::  




Minimal leggenda







Bas Jan Ader, I'm too sad to tell you, 1971. Pellicola 16 mm in bianco e nero, muto, 3'34”. Creditline: Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam








Bas Jan Ader, Untitled (Westkapelle, The Netherlands), 1971/2003. 2 C-prints-ed. 3, 40.6 x 40.6cm ognuna. In collaborazione con the Bas Jan Ader Estate, Mary Sue Ader Andersen and Patrick Painter Editions




Bas Jan Ader, Untitled (Tea Party), 1972. 6 C-prints, 12.5x20cm ognuna. Creditline: Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam




Bas Jan Ader, Primary time, 1974. Video a colori, muto, 26'. Creditline: Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam




Bas Jan Ader, nome d'arte di Bastiaan Johan Christiaan Ader, è una figura leggendaria con un destino segnato dal mare e dalla forza della natura.
Nel 1963 prese un passaggio su un cargo in Marocco che naufragò in California, dove si stabilì. Nel 1975 scomparve durante una traversata dell'Atlantico verso l'Irlanda che doveva diventare un'opera dal titolo "In Search of the Miraculous".

E' stato quindi poco il tempo che ha potuto dedicare all'arte.
Era sottilmente ironico nelle sue azioni effimere e minimali, forse egocentrico nel suo sottolineare la fragilità umana in piccoli, efficaci modi.

Bologna gli ha dedicato una retrospettiva che è stata inaugurata la scorsa settimana in occasione di Artefiera. E di questa mostra hanno parlato tutti, esperti e non.
In questa pagina potete leggere la presentazione alla stampa in cui Gianfranco Maraniello, il curatore della mostra Javier Hontoria e Mary Sue Ader - moglie e collaboratrice dell'artista - parlano delle opere esposte lungo un percorso che intende ricostruire le fasi salienti della vita e del lavoro di Bas Jan Ader.

Stefano W. Pasquini ha registrato la conferenza e ha intervistato (in inglese) Javier Hontoria e Mary Sue Ader.






Gianfranco Maraniello: "Tra due mondi" può essere considerata la prima vera mostra dedicata a Bas Jan Ader nel nostro Paese; è una responsabilità - dice il direttore dell'Istituzione Bologna Musei - che ci siamo sentiti il dovere di assumere per colmare un gap storico rispetto a un artista determinante.
Bas Jan Ader è un artista seminale che ha influenzato intere generazioni e ancora oggi molte delle nuove leve artistiche guardano a lui, al fatto di essere stato capace di vivere il grande movimento delle neoavanguardie in un momento in cui i linguaggi artistici contemporanei erano soggetti a profonde trasformazioni.

Tra le due accezioni che distinguono i linguaggi dell'arte, quella romantico-emozionale e quella oggettiva-concettuale, Javier Hontoria, il curatore della mostra, ha scelto una chiave di lettura emozionale che meglio descrive il lavoro dell'artista.
Le coloriture timbriche proposte nei lavori di Bas Jan Ader sembrano connotare lo stesso spazio espositivo, il luogo sembra corrispondere al modo di lavorare dell'artista.
Per la realizzazione ci siamo affidati alla competenza di Javier Hontoria che ha dedicato a Bas Jan Ader i suoi studi, diverse pubblicazioni e alcuni progetti espositivi.
Altro importante contributo è quello di Mary Sue Ader Andersen, che non è stata la compagna di Bas Jan Ader solo nella vita, ma anche nella ricerca artistica.
Grazie a lei abbiamo avuto la possibilità di comprendere tracce e angolazioni dell'opera di Bas Jan Ader con il quale Mary Sue ha direttamente lavorato, filmando, costruendo e condividendo molte esperienze.

Vorrei chiedere a Mary Sue Ader una considerazione personale sull'allestimento adottato per la mostra. Tra le opere presentate "I'm too sad to tell you" è forse la più famosa: si tratta di un video nel quale Bas Jan Ader si lascia andare a un pianto dirompente che in questo caso è ripresentata a dimensioni naturali, a differenza di altre mostre in cui il viso dell'artista è esploso in grandi proiezioni.

Mary Sue Ader: Credo che questa location sia il luogo ideale per presentare il lavoro di Bas Jan e se fosse ancora tra noi ne sarebbe molto orgoglioso.
Penso che il grande pregio della mostra sia che spostandosi da una stanza all'altra si può veramente seguire il dipanarsi della storia che culmina sicuramente nello spazio in cui è presente "I'm too sad to tell you".
Lavorare con Bas Jan era eccezionale, la prima era sempre buona, le cose non si ripetevano mai.
Solitamente io mi occupavo di fare i film mentre Bill Levitt, artista di Los Angeles amico di Bas Jan, scattava le foto, ma nel caso della West Kapelle ho realizzato io le fotografie a colori. Alla West Kapelle ho anche girato un film. Ricordo che era una giornata terribile, faceva un gran freddo e soffiava un vento fortissimo, forse però questo è stato fondamentale per l'impatto finale del lavoro.
Ammetto che con Bas Jan si procedeva sempre così: lui decideva di fare qualcosa solo quando aveva la certezza che fosse un lavoro importante. O era un capolavoro o niente...

Javier Hontoria: Abbiamo scelto la miglior location possibile per questa mostra e siamo contenti del risultato soprattutto in termini di scala.
L'intento è stato ricreare lo spirito e l'atmosfera che hanno caratterizzato il lavoro di Bas Jan Ader cercando di recuperare una relazione di intimità tra l'opera dell'artista e lo spettatore.
La mostra è strutturata in sei aree tematiche che cercano di ripercorrere la totalità del lavoro di Ader, il quale, tutto sommato, ha avuto una carriera piuttosto breve: tra gli otto e i nove anni in tutto.
La mostra non è stata allestita secondo una sequenza cronologica ma tematica. Sono stati riuniti tutti i suoi lavori più emblematici e che concentrano il maggior numero di temi affrontati nella sua ricerca artistica.

Prima Sala: Melanconia e Romanticismo
Ci troviamo davanti a un'opera il cui titolo completo è "Implosione dell'artista che contempla le forze della natura".
L'artista, con aria molto fiera, è sul tetto di una casa che fuma un sigaro, ed è contento di avere terminato gli studi.
Qui Bas Jan Ader si mette in relazione con i grandi maestri del Rinascimento, in particolare con "Melancolia I", l'autoritratto del 1514 di Albrecht Durer, in cui si vede Durer in posizione frontale guardare direttamente il fruitore dell'opera d'arte.
Bas Jan Ader vuole mostrare da un lato la consapevolezza dell'essere artista e dall'altro la sensazione di essere nulla di fronte alle forze della natura. Il paesaggio richiama quello del monaco in riva al mare di Caspar Friedrich, che tra l'altro e' presente anche in altre sue opere.

Seconda Sala: Come scomparire completamente
Il titolo di questa stanza è tratto da una canzone dei Radiohead e richiama perfettamente la dialettica tra assenza e presenza che si ritrova sempre nei lavori di Bas Jan.
Qui ci sono alcune performance molto brevi durante le quali Bas Jan costruisce delle scatole all'interno di un ambiente naturale, poi ci entra e, dopo avere bevuto un the, scompare grazie a un dispositivo molto semplice.
Abbiamo voluto mantenere un profilo basso, dal punto di vista espositivo, per rispettare le sue idee cosi' come il suo approccio essenziale e minimalista.
Nonostante una lunga fase di preparazione e documentazione le sue performances erano sempre contenute. Esistono video, corredati da foto, che documentano le esperienze, ma queste sono sempre rimaste cose separate.

Terza sala: L'eredità di Mondrian
Bas Jan aveva studiato Mondrian come maestro modernista e importante esponente del movimento De Stijl e del razionalismo.
Bas Jan lo ammirava molto, ma il suo lavoro si è concentrato nel tentativo di sovvertire e rivoluzionare i codici del Modernismo che considerava falliti.
Nel fare questo ha però sempre usato molta ironia. "Broken Fall Geometric", che ha come sfondo la West Kapelle, consiste in una performance in cui un vento fortissimo lo costringe in una posizione orizzontale: un richiamo alle linee verticali e orizzontali di Mondrian...

Quarta sala: Linguaggio e teatro
Bas Jan Ader visse in California dove l'arte concettuale prodotta a New York era vista come autoreferenziale. Quindi, insieme ad altri artisti, decise di prendersene gioco inscenando il rapporto tra linguaggio e teatro. Il linguaggio diventava scenario teatrale e irrompeva la soggettività, aspetto che i radicali newyorchesi aborrivano.

Quinta sala: I'm too sad to tell you
Questa è l'opera che ha suscitato il maggior numero di commenti e che ha raccolto anche fan e sostenitori.
"I'm too sad to tell you" è diventata famosa nel 2003-2004, quando ha cominciato a delinearsi la tendenza definita come "Romanticismo Concettuale" a cui nel 2006 è seguita una mostra a Norimberga.
Quest'opera è stata realizzata da Bas Jan ben prima, anche se il suo lavoro non ha avuto molta eco fino a metà degli anni Novanta circa.
In questo video senza sonoro Bas Jan Ader si riprende mentre piange. Perché è concettuale? Non sappiamo il motivo per cui pianga, nè le cause che hanno provocato il pianto, nè tantomeno le conseguenze.
In scena c'è soltanto la visualizzazione dell'idea del piangere, non si conosce altro se non il significante. L'artista non può nemmeno spiegare il motivo del suo pianto perchè è "troppo triste per dirlo".

Sesta sala: Falling
L'ultima sala è dedicata alle celebri cadute in tre film realizzati da Mary Sue.
Ancora una volta non sappiamo nulla delle cause che inducono l'artista a farsi cadere dal tetto di casa, a gettarsi in un canale di Amsterdam o a ciondolare dal ramo di un albero. Né si conoscono le conseguenze, che potrebbero essere anche molto tragiche, ma questo è irrilevante.
In pochi secondi sono concentrati temi riferiti al teatro esistenzialista, alla dialettica dell'assurdo di Samuel Beckett, ad Albert Camus, ma anche alle commedie di Buster Keaton o Charlie Chaplin e agli anni Venti dei film muti.
Possiamo farci un'idea del fallimento con richiami non solo al Romanticismo ma anche alla tragedia greca in cui il destino dell'eroe è la caduta.


Intervista al curatore della mostra Javier Hontoria:

  scarica: mp3

Intervista a Mary Sue Andersen, moglie dell'artista:

  scarica: mp3


Ulteriori informazioni sulla mostra "Bas Jan Ader. Tra due mondi" a Villa delle Rose, Bologna. Fino al 17 marzo 2013


Puoi leggere anche:

alla fin della fiera (27/01/2013)
Un florilegio di opinioni, incisive, lapidarie o accaldate, commentano la fiera ufficiale e off, i premi, le mostre, ma soprattutto le politiche culturali a Bologna

tuttoBologna (22/01/2013)
Artefiera nelle parole del nuovo direttore Giorgio Verzotti, SetUp in diretta radio e poi la nostra playlist tematica tra mostre e performance, eventi live e cinema ad arte...


Stefano W. Pasquini è artista, scrittore e curatore. Dirige "Obsolete Shit" e conduce il programma "Coxo Spaziale" su Radio Città Fujiko a Bologna.