A cinquant'anni dalla sua creazione, dei problemi dell'
Ilva di Taranto - nata Italsider nel 1950 - sono piene le cronache dei giornali. Nei titoli riecheggiano ancora parole come veleno, morte, cassa integrazione, economia, il dramma del Sud, ambiente a rischio; il sottotesto è velatamente sempre e solo uno:
cosa farne di questa bomba ad orologeria?
Abituati dunque ad un collegamento quasi automatico tra questo luogo e l'idea diffusa di difficoltà, scopriamo adesso un volto inedito e di grande interesse della fabbrica: quello di luogo creativo, apripista dell'arte contemporanea e dei nuovi linguaggi. A riannodare i quindici anni di storia che vanno dal 1960 al 1975 è
Gianluca Marinelli, giovane artista di Taranto che dopo aver studiato lontano dalla sua città natale ha deciso di tornare, come del resto molti suoi coetanei.
Il risultato del suo lavoro di ricerca è pubblicato nel libro “Taranto fa l'amore a senso unico”, accurata cronistoria che documenta l'attività svolta da artisti visivi, scrittori e operai.
Saltano subito all'occhio nomi e presenze importanti del mondo della cultura, ma soprattutto sorprende una modalità di approccio all'arte che ribalta idee standardizzate di un Sud in perenne ritardo cronico: qui l'allineamento culturale fa passi da gigante, e in alcuni casi l'innovazione che aprirà le porte a tendenze e nuovi movimenti avrà in questa fabbrica inedite modalità di realizzazione.
Per raccontare questa vicenda, Gianluca Marinelli ricostruisce come primo passo il contesto economico e sociale: è il 9 luglio 1960, con un investimento di 377 miliardi di lire, viene posta la prima pietra di quella che presto sarebbe stata definita dalla stampa internazionale «la Rolls Royce di tutte le acciaierie del mondo».
Alla fine del 1970 con un ulteriore investimento di 1326 miliardi di lire, ha avvio il raddoppio del Centro siderurgico, e l’Italsider dà lavoro a circa 20 mila persone. Nel quindicennio 1960-1975 muta profondamente la fisionomia occupazionale della provincia jonica: diminuisce il numero di disoccupati, aumentano il reddito e i consumi.
I responsabili dell'Italsider comprendono subito che la costruzione dell'immagine pubblica è essenziale per una attività così delicata: i modelli sono Olivetti e Pirelli, ed ecco ingaggiati intellettuali e dirigenti di formazione umanistica, per trasformare le esigenze di comunicazione aziendale in una operazione culturale concepita come la realizzazione di un grande ritratto d'azienda.
All'interno dell'Italsider nascono testate giornalistiche, si progettano iniziative capaci di stimolare il coinvolgimento dei lavoratori e delle comunità locali.
Figura chiave per molte di queste iniziative sarà quella dell'artista
Eugenio Carmi, che parallelamente alla propria ricerca pittorica nel solco dell’informale, intraprende l’attività professionale di grafico, curando prima gli aspetti grafico-visivi della Esso.
Dal 1956 al 1965 lavorerà per l'Italsider, divenendo un vero e proprio art director per l'azienda, con risultati che lasceranno il segno: l'Italsider sarà la prima industria a presentare il proprio bilancio annuale attraverso il linguaggio cinematografico: il Film-relazione 1961 è probabilmente il primo tentativo da parte di una grande industria di tradurre in film una presentazione altrimenti affidata a risme di carta piene di numeri.
Il film, diretto da
Valentino Orsini, dedica una larga parte all'inaugurazione dello stabilimento di Taranto, scorrono poi le immagini della lavorazione delle materie ferrose e i grafici di Carmi che illustrano i dati del bilancio, tradotti nel linguaggio dell’animazione cinematografica, insieme alle interviste agli operai dei centri siderurgici di tutta Italia.
Nel frattempo Taranto si configura anche quale laboratorio per riviste specializzate in stampa periodica aziendale: a partire dal dicembre 1960, la “Rivista Italsider” è l'house organ dell'industria, un bimestrale stampato con una tiratura di cinquantamila copie, distribuita via posta ai dipendenti, e a personalità del mondo economico e culturale, istituti finanziari, ambasciate, università, biblioteche, gallerie d’arte, musei. Tra i temi trattati, particolare rilievo si dà all’arte contemporanea: nel 1961 Marco Valsecchi pubblica a puntate una piccola storia delle avanguardie artistiche.
In copertina figurano opere di artisti contemporanei, per lo più astrattisti come
Alviani, Carmi, Colla, Capogrossi, Di Teana, Kounellis, Perilli, Rauschenberg, Severini, Vasarely, Vedova, per sottolineare l’equazione «arte d’avanguardia uguale industria d’avanguardia».
In fabbrica entrano alcuni tra i maggiori scrittori italiani, invitati per un “racconto sul campo”, illustrato da artisti.
Giuseppe Ungaretti scrive ispirato dalla visita dello stabilimento di Bagnoli,
Cesare Brandi interviene sugli aspetti artistici ed urbanistici delle dieci città in cui operano i lavoratori dell’Italsider. I testi sono accompagnati dalle tecniche miste di
Piero Guccione, Giuseppe Martinelli, Giuseppe Banchieri, Giovanni Omiccioli, Giovanni Cappelli, Giancarlo Cazzaniga.
Nel 1960 si lavora anche su commissione per raccolte di scritti:
Il giorno di tutti è una raccolta di novelle ispirate al mondo del lavoro che vede scrittori come
Giovanni Arpino, Dino Buzzati, Italo Calvino, Carlo Cassola, Beppe Fenoglio, Vasco Pratolini, Leonardo Sciascia, Mario Tobino, con illustrazioni di
Giacomo Porzano;
Racconti del Risorgimento del 1961, un’antologia a cura di
Carlo Bo, illustrata da
Bruno Caruso.
Dopo due volumi dedicati alla narrativa, l’Italsider offre in dono agli operai della fabbrica una raccolta di testi teatrali:
Cinque modi di conoscere il teatro, con all’interno una serie di tavole realizzate da
Fabrizio Clerici, Guccione, Mino Maccari, Renzo Vespignani, Emanuele Luzzati.
Quest'ultimo, insieme ad altri illustratori, sarà il nome di punta de “Il Lingottino”, rivista per i figli dei dipendenti, scommessa unica nel suo genere.
Umberto Eco scrive invece per presentare una raccolta di fotografie di
Kurt Blum, Arno Hammacher, Federico Patellani, Ugo Mulas, Mimmo Castellano, e una piccola antologia di lavori in ferro di
Burri, Consagra, Pomodoro, Carmi e Kemény.
Tra i film che raccontano l'Italsider, si ricordano
Pianeta acciaio, diretto nel 1962 da
Emilio Marsili, soggetto di Luciano Emmer e sceneggiatura di Dino Buzzati, e
Acciaio tra gli ulivi di
Giovanni Paolucci. Nel 1965 viene girato
Una storia comincia di Orsini, racconto della lavorazione dell’acciaio nello stabilimento pugliese in un ambiente in via di trasformazione.
E' sempre grazie all'impegno di Eugenio Carmi che l'Italsider contribuisce all’organizzazione di appuntamenti culturali di assoluto rilievo. In occasione della
Mostra delle Partecipazioni italiane ospitata a Mosca dal 28 maggio al 12 giugno del 1962, Carmi cura un allestimento di opere di quattordici artisti italiani sul tema “Arte e lavoro”, (Cazzaniga, Costantini, Cantatore, Bacci, Porzano, Gentilini, Vespignani, Attardi, Capogrossi, Perilli, Carmi, Scanavino, Vedova, Verzetti), poi nel padiglione della fabbrica compaiono i pannelli pittorici di
Emanuele Luzzati, raffiguranti il viaggio delle materie prime dalle miniere fino agli stabilimenti siderurgici italiani.
I disegni di
Giacomo Porzano, accostati a una immagine fotografica di
Federico Patellani che riprende otto giovani operai su uno dei grandi tubi realizzati a Taranto, raccontano invece la trasformazione da realtà agricola a colosso industriale.
In occasione del
V Festival dei due Mondi di Spoleto, l'Italisder diventa mecenate: dieci artisti vengono ospitati negli stabilimenti sparsi nel Paese e creano le loro opere in acciaio, con la collaborazione di tecnici ed operai, seguendo l'idea di un coinvolgimento ormai rodato. David Smith è a Voltri, Ettore Colla a Bagnoli, Arnaldo Pomodoro a Lovere, Beverly Pepper a Piombino, Alexander Calder, Pietro Consagra e Carlo Lorenzetti a Savona, Carmi, Lynn Chadwick e Nino Franchina a Cornigliano.
Le attività del Circolo vengono inaugurate a Taranto nel luglio 1963, e per tutti gli anni Sessanta e Settanta la programmazione culturale segna un'ascesa che punta sempre più verso la qualità, con momenti altissimi.
Nel 1964 si inaugura una mostra di incisioni di
William Hogarth, nel maggio dello stesso anno sono esposte incisioni di
Léger, Gris, Derain, Delaunay, Kokoschka, Kandinskij, Klee, Picabia ed altri. Nel 1965 si dà spazio alla fotografia: in collaborazione con il Moma di New York si presenta una mostra antologica di
Edward Steichen.
Aspetti della pittura moderna francese, organizzata nel 1968, curata da
Marco Valsecchi, include ottantadue opere grafiche dalla collezione Sprovieri di Roma, con lavori di
Cézanne, Chagall, Dalì, De Chirico, Gauguin, Le Corbusier, Manet, Matisse, Modigliani, Monet, Picasso, Renoir, Toulouse-Lautrec, Utrillo, Van Gogh. La notte di Natale dello stesso anno, il Pontefice sceglie l'Italsider per celebrare la messa, ed ecco la xilografia Paolo VI tra i lavoratori, scelta dal Circolo Filatelico di Taranto per essere riprodotta sulla cartolina- ricordo.
Sono ancora tantissime le iniziative culturali e gli artisti che collaboreranno in questi anni con la fabbrica: il critico
Franco Sossi solleciterà una maggior attenzione sulle tematiche sociali, proprio quando nel frattempo, l'Italsider registra un sempre più crescente dato tragico, legato alle morti sul lavoro: sono ben 359 le persone che rimangono uccise tra il 1960 e il 1979.
Nel 1973 si segna l'inizio di una vertenza destinata a durare quattro anni, con lunghi scioperi e un duro confronto sulle mancate tutele del lavoratore, che fanno comprendere la nuova dimensione sociale raggiunta in questi anni dagli operai, stanchi di essere sfruttati in condizioni lontane dalla sicurezza.
Le gallerie d'arte diventano così punti d'incontro fondamentali per uno scambio d'idee, oltre che per dibattiti con artisti e appassionati: già nel 1963 aveva aperto a Taranto la prima galleria privata, “L'incontro”, un anno dopo è la volta di “Taras-Cassano” e “La Cornice”, gestita dai fratelli Enzo, Michele e Cosimo
Ciraci, associa all’attività espositiva anche l’impegno in campo editoriale, pubblicando le cartelle grafiche dei più rappresentativi artisti tarantini, ma anche libri, come
Luce, spazio, strutture (1967) di Franco Sossi.
L'allarme e la necessità di protestare sono immediatamente colti dagli artisti: emblematica, in tal senso, la realizzazione della performance che dà il titolo al libro.
Del Piano e Michele Perfetti scrivono su un lenzuolo bianco percorso con colore rosso :
Taranto fa l’amore a senso unico, dove il nome della città è scritto su fogli di cartone assemblati in forma di croce, per ricordare il sacrificio e la compravendita di Taranto.
L'azione vuole essere una critica all'economia cieca, che non risparmia niente e nessuno: la fabbrica- mostro vuole solo per sé, divora, distrugge, non curante delle conseguenze. L’artista conclude la propria performance raccogliendo il materiale per bruciarlo davanti al monumento ai Caduti e a una scritta che recita: «Qui è l’Olocausto».
Nel 1973 Del Piano crea “Punto Zero”, Centro di documentazione sull’arte contemporanea, qualche anno prima avevano aperto “Ionia” (1971), “A & A”, “Raffaello” e “Quercia” (1972), “Punto Zero”, “Il Capitello” e “La Saletta” della galleria “Margherita” (1973).
Dal dicembre 1974 le attività del Circolo vengono trasferite negli spazi della Masseria Vaccarella, e l'inaugurazione della nuova galleria sarà l’occasione per la rassegna
Uno spazio per l’arte, curata da Franco Sossi, in cui vengono presentate le sculture prodotte dagli artisti del territorio nello stabilimento siderurgico di Taranto. Gli artisti raccontano con enfasi il loro lavoro nello stabilimento, e lo speciale rapporto che si crea con gli operai.
Per la mia esperienza d’artista -ricorda
Franco Antonazzo-
sono stato influenzato da due eventi fondamentali: lo sbarco sulla luna e la grande fabbrica. Gli operai mi sono stati sempre accanto. Andavo la mattina alle otto e uscivo la sera. Mi sono sentito gratificato per questa collaborazione. La mia presenza fu molto sentita dal punto di vista affettivo.
Anche Costone ricorda l’affiatata collaborazione con gli operai dello stabilimento:
Con gli operai c’era un rapporto bellissimo. L’entusiasmo era nei loro volti, partecipavano attivamente facendo dei sacrifici enormi, come lavorare per undici o dodici ore al giorno; malgrado avessero finito il loro turno, rimanevano ben volentieri. Erano pronti a darmi la massima collaborazione.
Gli anni che seguono vedranno presenze singolari e importanti come quelle dell'operaio-artista
Antonio De Franchis, autore dell'installazione "L'ambiente audio-cinetico"; poi il desiderio creativo si scontrerà con le necessità economiche e De Franchis lascerà le sue realizzazioni artistiche.
Nel frattempo la trasformazione economica e sociale modifica, ancora una volta, il contesto: chiudono gallerie e scompaiono le iniziative culturali, mentre l'emergenza legata alle morti sul lavoro e all'avvelenamento indirizza la riflessione in altro senso.
E adesso cosa accade? La Taranto di oggi si guarda allo specchio e vede il riflesso di un passato poco conosciuto, che per le generazioni più giovani di artisti diviene motivo di riscoperta e interesse. Una sorta di recupero di identità, sfaccettato e composito. L'autore del libro,
Gianluca Marinelli, ha dedicato proprio a Antonio De Franchis uno dei suoi video, recuperando una memoria importante e proiettandola nel presente.
Racconta l'artista:
La storia dell'Italsider di Taranto è la storia un po' di ogni famiglia di questa terra, e riscoprire certe vicende è stato importante, innanzitutto per me e il mio lavoro. La crisi -dice Marinelli-
ha cambiato le dinamiche e adesso assistiamo ad una sorta di controesodo, un ritorno al Sud che arriva come scelta, dopo aver vissuto altrove. Ritornano le associazioni indipendenti, gli artisti si ritrovano per progettare insieme, confrontarsi.
Si occupano spazi pubblici, specie nella parte della città vecchia di Taranto, abbandonata, dove adesso nascono biblioteche, centri di aggregazione, spazi creativi per un pubblico variegato.
L'Ilva è ancora lì, ma l'energia che si muove adesso da queste parti è pulita, e proiettata in avanti con uno slancio che fa ben sperare.
Paola Nicita è storica dell'arte e curatrice. Si è occupata di progetti dedicati alla promozione dei giovani artisti, in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero (Maison de la Culture, Amies; Macro, Roma; Biennale Internazionale di Fotografia, Brescia; Premio Furla, Venezia; Fondazione Merz, Torino). Ha collaborato alla realizzazione di progetti per case-museo e realizzato esposizioni sul tema del collezionismo privato. Partecipa a convegni, insegna e fa parte di giurie di vari premi. Dal 2011 dirige il Festival Finzioni, Videoracconti contemporanei per il Museo internazionale Antonio Pasqualino di Palermo; tra le collaborazioni recenti, quella con la Sezione Danza della Biennale di Venezia diretta da Virgilio Sieni, dove ha presentato “Jean-Luc Nancy- Sulla danza”.
Informazioni sulle mostre realizzate da
Gianluca Marinelli
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