Attraversare le contingenze allargando le prospettive

22/02/2015
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Studi festival in prospettiva

I "postumi" di questa prima edizione di Studi festival a Milano: immagini, video delle mostre negli studi d'artista e considerazioni non proprio a freddo; in attesa della seconda edizione...















































E così è andata... Molto bene a parere di tutti
di Anna Stuart Tovini

A fine gennaio così scrivevo per spiegare come Studi festival avesse preso corpo nel tempo: "Da cosa nasce cosa", questa specie di versione vernacolare della teoria frattale rende bene la breve storia di Studi festival che fra qualche giorno si svolgerà a Milano.

Poi è successo tutto dal 10 al 15 febbraio, oltre 50 studi d'artista aperti contemporaneamente sparsi in tutta la città, centinaia di persone coinvolte, una grande allegria per strada. Non faceva neanche freddo.

Qualche giorno prima un giornalista ha definito l'evento "un salto nel buio". In un certo senso aveva ragione, perchè si trattava di un dispositivo interattivo; di quelli veri però: che partono vuoti e si riempiono un pò per volta con i contributi dei partecipanti. E questi contributi sono solo parzialmente prevedibili.

Studi festival è un'iniziativa ideata e organizzata da artisti che hanno coinvolto altri artisti in modo orizzontale e completamente aperto. La regola del gioco era che il proprietario di ogni studio invitasse ad esporre altri autori nel suo spazio e non mostrasse solo le proprie opere. Noi organizzatori (Vincenzo Chiarandà, Anna Stuart Tovini, Rebecca Moccia, Claudio Corfone) abbiamo stimolato la partecipazione, insistito nella comunicazione, in parte collaborato ai lavori. Ma, quando siamo andati a vedere cosa era successo, non sapevamo che mostre ci fossero nei moltissimi studi che stavamo andando a visitare!

E sono stati giorni in cui ci si muoveva in un turbinio di saluti, capelli che ti sfiorano la faccia, mani fredde che si stringono, teste sulle spalle (appoggiate a quelle degli altri), sorrisi e domande. Tante domande curiose. Cosa avevano organizzato gli artisti? Cos'erano o cosa volevano diventare gli oggetti esposti?

Quindi poi ascoltare le storie; una delle cose più belle del mondo è lasciarsi prendere dalle storie, che diventano sapori nelle parole di così tante e diverse persone, voci che colorano mondi...
Raccontano per esempio delle avventurose migrazioni di gigantesche quantità di cioccolato che passano da una mostra a uno studentato e poi di nuovo in mostra, rischiando sempre di più, e forse il gioco è proprio questo.
Storie eccitate illustrano come un video rigirato e ricolorato si trasformi in una citazione cubica di Tuttle.
E certo prima che me lo spiegassero non potevo sapere come un minuscolo cadavere di lucciola fosse diventato la causa di un black out generale a Siena, oppure che si può abbattere un muro per riciclarlo in scultura che rappresenta il riuso di un muro... inoltre lo stesso muro può avere dei buchi che riempiti di schiuma di poliuretano germinano rigonfiandosi in forme autonome.
Wisteria (in questo caso un titolo) è il nome botanico del glicine, che in un cortile è diventato un meraviglioso monumento e ispirazione di opere organiche che però hanno spesso tre gambe, così, tanto per dissentire con la natura... Una piccola cornice racchiude un apparentemente innocuo collage che invece nasconde una storia complessa di forme tridimensionali che, diventando bidimensionali, stanno a rappresentare varie vicende intorno alla recente scoperta della molecola del fullerene; però tutto era partito dall'aspetto "chimico" delle facce di un pallone di calcio.

Insomma ovunque oggetti folgoranti nella loro semplicità, vicini a reliquie di racconti interminabili, accanto a mute e precarie presenze....

Ci sono sparsi microchips a ricordarti che esisti, carte elaborate che sfidano esaedri e altre geometrie, ritratti in Esperanto (con cagnolino), i fenicotteri ripresi mentre fanno Acquagym, le fotografie scattate rincorrendo la luna piena (come unica fonte di luce).
Ma anche disegni eseguiti "in remoto" o esercizi cromatici che si lasciano contaminare da esercizi acrobatici: il salto tagliando in aria una pallina con la spada, eseguito davanti a un grande dipinto creato da un software, il tutto colto - sospeso - in un video... digitale ovviamente.

Paesaggi, territori, percorsi, tracce, mimesi, piccoli interventi, a volte basta dare un titolo ad una cosa perchè diventi qualcos'altro, lasciando però la cosa dov'è, non come è stato fatto in passato con un famoso pisciatoio... Però magari la cosa è un crocefisso che stride sul pavimento durante una performance o una raccolta di suoni della città che trasformati in mappa trasfigurano lo spazio e deformano la toponomastica.
Affascinanti agglomerati di oggetti, densi e polverosi come in una bizzarra officina, stanno a due passi da piccoli mausolei colmi di maioliche azzurrine, oscuri non-orologi, calchi inquietanti e penne di pavone.

Tra i progetti più megalomani c'era quello che ha trasformato una stanza nella vetrina dei lavori di tutti gli artisti invitati a Studi festival (facendo 2 conti oltre 200), erano allestiti beffardamente dietro una catenella, ci si poteva solo affacciare a guardarli. Frenare, rallentare, decrescere era l'ambizione di un progetto che ha invitato tutti (anche chi non c'era) a prestare i propri taccuini o quaderni di appunti, perchè i loro embrioni di idee fossero consultabili liberamente. Una condivisione ispirata a quei primi anarchici che si rifiutavano di essere produttivi, ma si impegnavano nel "contagiare" gli altri con le proprie idee.

Temi ricorrenti: dialogo, confronto, affinità. Display ripetuti: quelli in cui gli artisti sono stati invitati a scegliere ed esporre loro opere "in nuce".
Quello che è davvero certo è che tutti sono stati generosi e seriamente coinvolti nel festival. è certo il fatto che lo abbiano vissuto come un'opportunità reale di visibilità, ma soprattutto di creazione di un rapporto più "intimo" con la città e tra artisti. Per una volta...

Ho sentito molti grazie, ho detto molti grazie.


Qui un racconto per immagini e video delle 5 giornate di Studi festival:

10 febbraio: gli spazi si trasformano
11 febbraio: titoli, opere, facce...
12 febbraio: tra mondanità e temperanza
13 febbraio: performance e vertigini in grandi e piccoli spazi
14 febbraio: gran ballo del sabato sera
15 febbraio: liberi tutti!


Studi dalla parte degli artisti
di Rebecca Moccia

Tirare le somme di un inizio è sempre difficile… Si potrebbe iniziare con un’affermazione: “Sono una giovane artista e mi sento sollevata della presenza di Studi a Milano”.
Nella settimana dal 10 al 15 febbraio 2015, come degli scarafaggi (ma belli), gli artisti sono emersi dai loro laboratori, disseminati nel tessuto urbano, diffondendosi nella città.

Dopo questi giorni è come se in ogni scantinato alla fine di ogni cortile, ci fosse uno studio.
Questo pensiero ha in sé una spinta potenziale che funziona così:
in ogni studio c’è un artista o più artisti -> i quali rendono quello spazio, se non proprio “lussuoso” vitale -> i quali portano avanti una ricerca -> i quali sono in grado di riflettere sulla propria situazione in modo critico, energico e spontaneo -> creando proposte espositive interessanti.
Cosa può desiderare di più un artista, un curatore, una qualsiasi figura che lavora con l’arte o che si interessa ad essa, se non trovarsi in mezzo ad una situazione del genere, proprio nella città in cui lavora?

Durante Studi festival sono state realizzate circa cinquanta mostre d’arte contemporanea, una varietà paragonabile a quella di una fiera o di una grande manifestazione artistica.
In un periodo particolare di crisi, come quello che stiamo vivendo, gli artisti hanno l’intuizione che un certo tipo di sistema, basato sulla scoperta della star, sull’attesa di una chiamata dall’alto da parte di un curatore o di un gallerista, non è più possibile; così come non è più possibile stare ad aspettare in fila sognando la realizzazione di un progetto o la collaborazione con un artista x.
Ribaltare questa situazione di stasi (economica?) a proprio favore è possibile, proprio perché in questo contesto l’unica proposta che si può avanzare è una proposta reale e leale, slegata (volente o nolente) da ogni ritorno che non sia artistico.
Nel momento in cui un circuito di gallerie come era Start, ha smesso di funzionare, qualcosa come Studi è emerso in maniera inaspettata.
Alla domanda “Dov’è l’arte contemporanea a Milano?” la risposta, almeno per una settimana, è stata: “negli studi degli artisti”. E dove altrimenti...

Raramente ho vissuto momenti di autenticità così forte; riflettendo a posteriori mi sembra che questo sia dovuto al fatto che tutti si siano sentiti partecipi; ma “essere partecipi” non è una condizione quotidiana di chi vive l’arte a Milano? Forse no.
Tutti abbiamo già respirato l’aria stantia di alcuni opening, è come trovarsi nel palazzo di Atlante popolato solo di cercatori, ma vuoto di quello che si cerca. Quello che si cerca dovrebbe essere una discussione reale che sia l’origine di una proposta culturale.

Dire che Studi festival ha evidenziato un "panorama artistico" sarebbe inesatto e a tratti riduttivo; Studi invece, partendo dal suo stesso nome (ci sono voluti 2 mesi per pensare il plurale di "Studio" che è diventato "Studi", il titolo del festival), ha evidenziato una presenza.
Una presenza in grado di reagire a un sistema esclusivo ed escludente, con la voglia di collaborare e favorire un innalzamento del livello generale; nella convinzione che, contrariamente ad un superficiale desiderio di slancio della carriera personale, la crescita collettiva possa migliorare il lavoro di ognuno.
Certe volte se ci comportiamo come monadi è perché ci siamo persi, Studi ha tentato principalmente di ricreare una mappa...


Gli ideatori del festival
Vincenzo Chiarandà e Anna Stuart Tovini, artisti, lavorano in coppia dal 1984 realizzando progetti relazionali e partecipando a mostre internazionali. Nel 1995 hanno fondato (con Emanuele Vecchia) UnDo.Net, network che produce e diffonde cultura contemporanea attraverso la partecipazione diretta di artisti, curatori e istituzioni.
Claudio Corfone è un artista visivo. Vive e lavora a Milano. Si occupa di scultura, pittura e di conoscere artisti con cui realizzare progetti. Rebecca Moccia è una giovane artista che lavora con diversi media tra Milano e Venezia. In questo momento vuole soprattutto avere un ruolo costruttivo e dinamico all'interno del sistema dell'arte contemporanea.



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