Biffi Arte c/o Palazzo Marazzani Visconti
Piacenza
via Chiapponi, 39 (piazza Sant'Antonino)
0523 1720408 FAX
WEB
Quelli di Fontana / Corpo Cinque
dal 4/3/2011 al 5/4/2011
mar-mer-ven 16-19.30, sab 10.30-12.30 e 16-19.30
0523 1720408

Segnalato da

Elisa Bozzi




 
calendario eventi  :: 




4/3/2011

Quelli di Fontana / Corpo Cinque

Biffi Arte c/o Palazzo Marazzani Visconti, Piacenza

Corpo Cinque, con opere di Vincenzo Cabiati, Armin Linke, Michele Lombardelli, Amedeo Martegani e Luigi Presicce, intreccia diverse poetiche e tecniche, dalla scultura alla fotografia, dando vita a un'esperienza che confluira' nel libro d'artista 'Generale'. Contemporaneamente una collettiva di fotografia a cura di Franco Fontana con opere di Carlotta Bertelli, Massimo De Gennaro, Francesca della Toffola, Alex Mezzenga, Andrea Razzoli.


comunicato stampa

Quelli di Fontana

a cura di Franco Fontana

La galleria Biffi Arte inaugura sabato 5 marzo alle ore 17.30 la mostra collettiva “QUELLI DI FONTANA”, a cura di Franco Fontana.
Modenese di nascita, la sua passione amatoriale per la fotografia lo trasforma in un artista cosmopolita. Dalla metà degli anni settanta i suoi scatti hanno conquistato ogni angolo del mondo tanto da figurare in importanti collezioni pubbliche nei più prestigiosi musei di arte contemporanea internazionali. Da 18 anni dirige il Toscana Foto Festival, durante il quale si tiene il workshop “Creatività”, a cui hanno partecipato Carlotta Bertelli, Francesca Della Toffola, Massimo Di Gennaro, Alex Mezzenga e Andrea Razzoli, protagonisti della collettiva alla galleria Biffi Arte. Lo spazio piacentino ha ospitato nel mese di maggio 2010 anche la mostra personale di Franco Fontana “Colori”.

I FOTOGRAFI IN MOSTRA (testi di Luigi Erba)

Carlotta Bertelli. Il tema della realtà, dell' artificiale, della verità e del falso sono territori fotografici e artistici, ogi indagati e testimoniati nel lavoro di Carlotta Bertelli. "Niente è come sembra" come diceva il Buddha e nel suo lavoro i giochi si mescolano, verità e menzogna, illusioni ed inganni, nascondimenti e rivelazioni, generando eleganti equivoci e cammuffamenti. Ovviamente non tutti gli enigmi si sciolgono o si evidenziano perchè sarebbe come smascherare la creatività artistica e questo non è giusto. Il lavoro della Bertelli emerge proprio in questo contesto attraverso una realizzazione ironica in cui il presupposto è un circolo di confusione che fa riflettere anche sulla nostra ambigua percezione quotidiana.

Massimo De Gennaro ricorda ciò che disse Valéry che la pelle è la sua profondità, come una corteccia. E in queste cortecce? Queste epidermidi, forme di antichi ulivi, dicono proprio… sud. Tre lettere mai tanto profonde, mai tanto comprensive di un tutto. Il suo linguaggio fatto di ombre, luci, materia, ovviamente rimanda al tempo, ma anche alla storia ancestrale di una fotografia che scava come un aratro e accarezza come una mano. Quelle forme ricordano ovviamente la fatica, il lavoro, un rapporto uomo ambiente mai idilliaco…un saper aspettare, quasi un guscio della terra che si dischiuda. E il pensiero mi porta anche alle civiltà passate che avevano nella natura il loro finito- infinito, mai uguale, mai prevedibile e alle loro intelligenze che producevano manufatti zoomorfi, antropomorfi, perché ogni cosa era simbiosi con ciò che vedevano, sentivano e toccavano. Queste piante sono un totus.

Francesca della Toffola con Pelle a pelle presenta uno dei suoi lavori più emblematici per spettro linguistico di significanti e significati. L’accostamento, l’impostazione a dittici comprensiva di parte o tutto dei due fotogrammi non è una divisione ma una fusione; un legare a creare un’ immagine unica, complessa e per questo relativa. La scansione non solo grafica, the black line, come l’ha chiamata in una recente pubblicazione, segna sì il tempo, ma anche la contemporaneità visiva di un complesso che mette in gioco proprio le categorie della ripresa. L’artista si fotografa in una performance, o meglio inserisce il suo corpo nell’ambiente di una villa veneta a due passi da casa. E’ un gioco finzione-ricreazione decisamente basato sull’esperienza, su una rilettura di ambienti che filtrati dalla sua memoria seguono le tracce del tempo, in uno spazio pubblico che ora diviene iconografia privata, interiore, sempre molto leggera, equilibrata.

Alex Mezzenga. Anche qui siamo di fronte ad una reinvenzione attraverso la tipologia di ripresa, della post produzione, l’ utilizzo dei piani e del colore. Focus on Beirut è di per sé un titolo emblematico: è uno sguardo attraverso, un’accentuazione circoscritta. La vicenda, il dramma non è tradizionalmente raccontato, solo sfiorato con la focalizzazione dei volti con una reinvenzione dei piani tradizionali. Rimane un racconto che suggerisce una presenza-evanescenza, un’umanità coinvolta in un divenire quasi provvisorio dove tutto solo apparentemente traspare. Ma le espressioni sono lì. Rimane il pensiero di chi osserva, di chi è fotografato. Il colore è testimonianza di un ambiente, scolpito dall’ombra e dalla storia. Un mondo in divenire, provvisorio, quasi impalpabile, ma reale. Mezzenga sposta con questo lavoro la narrazione tradizionale del reportage; non vuole angosciare, ma attraverso una visione diversa, far pensare.

Andrea Razzoli. E se le scarpe potessero parlare, raccontare forse scriverebbero una storia. Se potessero fotografare anche. Quelle di Razzoli sono infatti immagini in cui il punto di vista fotografico è assoluto… ad altezza di punto di scarpa, appunto. La città viene così raccontata in modo insolito al di là di quella retorica dei luoghi a cui siamo troppo assuefatti. Attraverso l’uso totale del grandangolare e del colore parlano quelle superfici-materie, ma anche oggetti che fanno parte di un arredo urbano, vengono decontestualizzati e stanno in bilico tra realtà e sogno una volta tanto non in modo angosciante.Griglie, tombini, superfici plastiche calpestabili hanno una loro struttura e assumono qui una identità espressiva quasi pensante, attraverso texture, forme, segni. Sullo sfondo la città, gli edifici intravisti come diverse ed evanescenti presenze

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Corpo Cinque

Cinque espressioni artistiche differenti, protagoniste alla galleria Biffi Arte di Piacenza. Inaugura sabato 5 marzo, alle ore 18.00 e sarà visitabile fino al 2 aprile, la collettiva Corpo Cinque con opere degli artisti Vincenzo Cabiati, Armin Linke, Michele Lombardelli, Amedeo Martegani e Luigi Presicce. Le diverse poetiche, dalla scultura alla fotografia, si intrecciano dando vita a un'innovativa esperienza visiva che confluirà in “Generale”, libro d’artista di oltre 200 pagine interamente illustrato e presente in galleria.
Dopo l'esposizione alla Biffi Arte, la collaborazione dei cinque artisti proseguirà con nuove forme, alla galleria Folini Arte Contemporanea di Chiasso (CH).

Vincenzo Cabiati vive a Milano.
Nel 1989 presenta uno dei suoi primi progetti Femminea nella galleria di Giò Marconi a Milano. Mais où est donc passé Eros è il titolo di un progetto realizzato nel 1994 in collaborazione con il FRAC a Montpellier. Nel 1995, in collaborazione con S. Arienti, A. Martegani e la cura di A. Vettese, inaugura i nuovi spazi della Galleria Continua di San Gimignano con la mostra Ma dov’è, ma come è possibile. Dal 1997 lavora alla produzione di ceramiche di grande formato. Nel 2002 è invitato da B. Della Casa a L’immagine ritrovata, allestita presso il Museo Cantonale d’Arte di Lugano. Nel 2003 partecipa alla seconda edizione della Biennale della Ceramica nell’Arte Contemporanea curata da R. Costantino e T. Casapietra. Nel 2004 collabora con L. Moro sul tema della Vanitas per: Le opere e i giorni a cura di A. Bonito Oliva presso la Certosa di Padula. Nel 2005 realizza una personale alla Galleria E/Static-Blank di Torino. Dal 2005 al 2008 è invitato a partecipare ad alcuni progetti, dove assume particolare importanza la connessione tra relazione e collezionismo. Nell’ottobre del 2008 realizza per la Galleria Folini Arte Contemporanea di Chiasso (CH), il progetto Ciglia, in catalogo, testo di B. Della Casa e foto di A. Linke e F. Matuzzi.


Armin Linke nato nel 1966, vive tra Milano e Berlino.
E’ un artista che utilizza il film e la fotografia per documentare i fenomeni di globalizzazione, i cambiamenti dei paesaggi contemporanei e le conseguenze sociali e politiche che ne derivano. Le sue immagini investigano e documentano la trasformazione dei territori contemporanei e il loro effetto sulla percezione dello spazio. Lavora su un repertorio variegato di esperienze e attività umane, paesaggi naturali e artificiali. La sua installazione multimediale sui paesaggi alpini contemporanei è stata premiata alla 9. Biennale di Architettura di Venezia e al Graz Architecture Film Festival. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive in Italia e all'estero tra cui la Biennale di Architettura di Venezia, la Biennale di San Paolo nel 2008, al Centre Georges Pompidou di Parigi, alla Tate Modern di Londra, al Kunstwerke di Berlino, al P.S.1 di New York.
E’ visiting professor presso la Hochschule für Gestaltung (HfG) di Karlsruhe e presso la Facoltà di Arti e Design allo IUAV di Venezia e ricercatore affilitao al MIT Visual Arts Program di Cambridge.

Michele Lombardelli nato nel 1968, vive tra Cremona e Los Angels.
Artista poliedrico, nella sua ricerca confluiscono sperimentazioni ed esperienze condotte nel campo della musica, del libro d’artista, la vicinanza di artisti e poeti, di cui ha curato edizioni e pubblicato raccolte. Recenti partecipazioni si ricordano a Cover Theory di M. Senaldi nel 2003. Allarmi 3 curata da A. TRabucco nel 2007. Il libro come tema/Il libro come opera alla Galleria d’arte Moderna di Roma del 2006 e la IV Biennale del Libro d’Artista alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Spoleto nel 2008, entrambe curate da G. Maffei. Le ultime personali si sono tenute nel 2008 a Los Angeles (Bonelli Contemporary, a cura di A. Sigolo) e nel 2009 alla Galleria AMT | Torri & Geminian di Milano.

Amedeo Martegani nato nel 1963, vive a Milano.
“Tutto ha la forma e l’ampiezza che richiede il desiderio e l’opportunità del momento; non è la forma che gli dà una collocazione e non è la forma che decide chi o cos’è”. (A. Martegani). Come gli altri artisti affacciatesi alla ribalta esponendo all’ex fabbrica milanese Brown Bover (1985) e nella mostra il Cangiante (PAC, MIlano, 1986 a cura di Corrado Levi). Martegani pratica un sistematico nomadismo intellettuale ed espressivo. Il suo punto di partenza non è un linguaggio determinato, ma sempre una suggestione, uno spunto, un’idea, provenienti tanto dalla sfera artistica
e culturale quanto dalla vita: da un film a un paesaggio, da un antico manufatto cinese a un viaggio. Altrettanto varie sono le opere con cui, seguendo “il desiderio e l’opportunità del momento”, l’artista decide di dare eco a ciò che lo ha affascinato: dipinti (dai piccoli paesaggi degli anni Ottanta alle grandi tele esposte nel 2002 alla Galleria De Cardenas di Milano, raffiguranti intrichi di Milano), sculture in ceramica o in bronzo, fotografie; ma anche diafani ricami (Alias, 2005-06), intarsi di panno, video, libri d’artista (come quelli realizzati con il gallerista-editore Emilio Mazzoli di Modena). Non c’è nel suo lavoro gerarchia fra le discipline, come non c’è fra i soggetti: non c’è l’ambizione a priori di costruire uno stile riconoscibile, semmai la possibilità di riconoscerlo a posteriori, come un gusto per l’eleganza formale e la sprezzatura intellettuale.
Anche l’assenza di disciplina, naturalmente, è una forma di disciplina; come tale , delimita un campo e impone delle esclusioni. L’esclusione, innanzitutto, di qualunque pretesa artistica o filosofica di imbrigliare la realtà in un sistema rigido. A questo atteggiamento, Martegani oppone dichiaratamente la disponibilità all’incontro e l’attitudine a lasciarsi sorprendere dall’imprevisto, dalle quali discendono tanto le sue frequenti collaborazioni con altri artisti della sua generazione, quanto la sua predizione per la cultura e la filosofia orientali, aperte al divenire e alla trasformazione. Una predilezione che l’artista ha consegnato alle opere della mostra personale Asia (Galleria Mazzoli, Modena, 2004).

Luigi Presicce nasce a Porto Cesareo nel 1976, vive e lavora a Milano.
Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Lecce, ma determinante è il percorso intrapreso autonomamente. Si definisce naïf per la spontaneità dell’approccio a diversi media, quali disegno, performance e installazione e l’attitudine all’uso di forme espressive sempre nuove. Questo atteggiamento e l’interesse per la possibilità di evocare rituali e soggetti archetipici attraverso la scelta dei materiali, creano una destabilizzazione formale dell’opera e un ponte con l’arte popolare a cui guardano. Nel 2007 vince il premio Epson per l’arte, CSAV, Fondazione Antonio Ratti, Como. E’ fondatore ed editore della rivista online di arte contemporanea “Brown”, di cui è anche co-curatore per lo spazio milanese, Brown Project Space.

Inaugurazione 5 marzo ore 17.30

Biffi Arte c/o Palazzo Marazzani Visconti
via Chiapponi, 39 - Piacenza
Mar-mer-ven 16-19.30, sab 10.30-12.30 e 16-19.30

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