Accademia Nazionale di San Luca
Roma
piazza Accademia San Luca, 77
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Chiesa dei Santi Luca e Martina
dal 3/3/2011 al 30/12/2011
sabato dalle 9 alle 18 (da ottobre a aprile), sabato dalle 9 alle 20 (da maggio a settembre)
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Accademia Nazionale di San Luca




 
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3/3/2011

Chiesa dei Santi Luca e Martina

Accademia Nazionale di San Luca, Roma

Riapertura. Il recente restauro della chiesa superiore (2007-08) si inserisce nel piu' ampio quadro degli interventi iniziati negli ultimi decenni, riguardanti l'esterno della cupola e del tamburo (dal 1985) e la cripta (1996-99), condotti a cura della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Comune di Roma, con la progettazione e direzione dell'architetto Pier Luigi Porzio.


comunicato stampa

Situata in via della Curia, nel cuore del Foro Romano, la chiesa accademica dei Ss. Luca e Martina presenta una complessa vicenda costruttiva. La fondazione della piccola chiesa dedicata alla martire romana Martina, risalente al VII secolo, si deve probabilmente a papa Onorio I (625-38), responsabile anche della trasformazione della vicina Curia in chiesa di S. Adriano in tribus fatis mediante la sola aggiunta di un abside nella parete di fondo. Il perpetuarsi dell’uso civile dei due vani di S. Martina e S. Adriano, attestato almeno fino al XII secolo, trova un’eco nella sistemazione sangallesca dell’area tra le due chiese, come un complesso tramandante la memoria di edifici senatori tardoantichi. Restaurata e riconsacrata nel XIII secolo da Alessandro IV, la chiesa di S. Martina viene donata nel 1588 all’Accademia di San Luca con bolla di Sisto V in cambio della chiesa di S. Luca, patrono dei pittori, distrutta a seguito degli interventi attuati in piazza S. Maria Maggiore. Il patronato della chiesa si trasmette dunque alla nuova sede, incorporando il titolo di S. Luca in quello di S. Martina. Da allora si susseguono diversi progetti miranti alla ricostruzione dell’edificio: dal modello ligneo attribuito a Giovanni Battista Montano (1592), alle soluzioni a firma di Ottaviano Mascherino (1592 ca.), ai progetti promossi da Federico Zuccari (1593) e da Giovanni Baglione (1618), ridotti tuttavia, a causa della mancanza di fondi, alla realizzazione di opere di precipua necessità. Tra queste: la realizzazione di un nuovo pavimento a un livello più alto per proteggere la chiesa dall’umidità, la conseguente creazione di una chiesa inferiore destinata a sepoltura degli accademici, l’allestimento di alcune sale al primo piano utilizzate come sede accademica (1593-95), un parziale rialzamento delle pareti della chiesa per riequilibrare le proporzioni dell’ambiente alterate dalla sopraelevazione del pavimento, insieme al rifacimento di un soffitto ligneo piano (1618). Che la chiesa non versasse in buone condizioni è attestato anche dalla Sacra Visita del 1625 (“Muri Ecclesiae sunt rudes, et fenestrae sine telariis, ac tecta revisione indigent”), denunciante la fatiscenza dell’edificio appena un decennio prima dell’intervento cortoniano, che ebbe inizio nel 1634. Ed è proprio a partire dalla chiesa inferiore che Pietro da Cortona impronta il progetto di rinnovamento dell’edificio, iniziato a proprie spese al fine di realizzare qui la sua cappella funeraria, ma avendo in animo la possibilità di un successivo intervento nella chiesa superiore, forse già sperando di ritrovare le reliquie di santa Martina che, come fu nel caso di santa Bibiana, avrebbero potuto suscitare l’interesse del cardinale Barberini o di suo zio Urbano VIII. E nell’ottobre 1634, appena iniziate le opere murarie nella cripta, in prossimità del vecchio altare della chiesa inferiore, avviene il ritrovamento delle sacre reliquie, provocando lo sperato interessamento del pontefice e del cardinale Barberini. Durante la prima fase (1635-39) i lavori procedono speditamente. Nella chiesa superiore si comincia subito a lavorare al presbiterio, all’altare maggiore, alla statua di santa Martina e all’ordine inferiore della facciata, e già nell’estate 1635 la fabbrica appare definita nelle sue linee essenziali. Nel giugno 1637 l’ordine inferiore della facciata è compiuto fino al cornicione, mentre quello superiore viene iniziato prima del gennaio 1639. Tra gli scalpellini attivi nella chiesa, una posizione di rilievo è rivestita da Luca Berrettini – nipote di Pietro da Cortona – autore dei capitelli in travertino dell’ordine gigante del presbiterio, delle sculture e delle opere in marmo dell’altare maggiore e dei lavori ornamentali d’intaglio della facciata. Nello stesso periodo si procede anche ai lavori nella chiesa inferiore, il cui progetto era mutato da cappella funeraria del Cortona a memoria di santa Martina e degli altri santi. Dal 1640 al 1647, gli impegni professionali del Cortona a Firenze e la fuga a Parigi di Francesco Barberini (1646-48) accusato da Innocenzo X di arricchimento illecito, bloccano di fatto i lavori. Solo nel 1648, tornati a Roma l’architetto e il cardinale, ed eletto principe dell’Accademia Gian Battista Sorìa, le opere riprendono, portando nel decennio seguente a completamento l’ordine superiore della facciata, i muri dell’abside retrostante e la decorazione a stucco del catino di controfacciata (diretta personalmente da Pietro da Cortona) e avviando i lavori ai piloni della cupola e alla fondazione dei bracci trasversali della chiesa. Negli anni ’60 si lavora alla cupola, alla lanterna e alle loro finiture, nonché alla decorazione a stucco delle absidi del braccio trasversale (sempre sotto la diretta guida dell’architetto). Nella chiesa inferiore le opere eseguite in questi anni rivelano un parziale cambiamento rispetto al progetto iniziale: viene spostata la cappella di santa Martina in fondo al breve braccio di fronte alla confessio e sono poste in essere nuove scale rettilinee e vestiboli in corrispondenza del “corritore novo sotterraneo”. È ancora Luca Berrettini a occuparsi della lavorazione delle colonne in bardiglio, delle basi e dei capitelli delle colonne e dei pilastri. Alla morte di Pietro da Cortona, avvenuta il 16 maggio 1669, la costruzione risulta terminata nelle sue parti essenziali. Negli anni seguenti il completamento della decorazione della fabbrica avviene sotto la direzione del fedele allievo Ciro Ferri: sono completati gli elementi di coronamento della facciata (stemma di Urbano VIII, vasi ornamentali e angeli reggi-stemma) ed eseguita la decorazione a stucco della cupola. A dieci anni dalla morte del maestro, in una lettera di Luca Berrettini a Ciro Ferri del 24 marzo 1679, in cui tra l’altro si attribuisce a quest’ultimo anche il completamento dell’altare maggiore, la decorazione interna della chiesa è definita compiuta, ad eccezione degli altari laterali. L’Accademia realizza ancora diverse opere sullo scorcio del Seicento e nel secolo successivo: il ricco pavimento nella chiesa inferiore progettato da Carlo Fontana (1694), la collocazione sull’altare della confessio del rilievo in terracotta di Algardi (1698) donato all’Accademia da Ercole Ferrata, ma soprattutto avvia lavori di riparazione ai tetti e alla cupola, in particolare dopo il 1706, quando richiede a Francesco e Carlo Fontana una perizia sulla sua stabilità che si temeva compromessa da un fulmine. Gli altari laterali sono completati in tempi diversi: Lazzaro Baldi, allievo del Cortona, realizza la decorazione dell’altare del braccio destro, dedicato a san Lazzaro, ornandolo di marmi preziosi e dipingendo il grande quadro con il martirio del santo (1680-82). L’altare del braccio sinistro vede dapprima il progetto di Carlo Fontana (1696), quindi quello di Carlo Buratti (1722), per essere infine consacrato nel 1728 (insieme agli altri due) ancora incompiuto; sarà ultimato solo nel 1731, quando Sebastiano Conca, principe dell’Accademia, verrà autorizzato a ornarlo a proprie spese, dipingendo il grande quadro dell’Ascensione di Maria, scoperto nel 1740 (pur essendo i principali lavori dell’altare terminati nel 1737). Ancora negli anni 1718-19 sono eseguiti importanti lavori di riparazione alla cupola e agli stucchi danneggiati dalle infiltrazioni di acqua. Buratti, ricevuta un’autorizzazione dell’Accademia solo per “il risarcimento della Cuppola suo Tamburro e Tetti”, apporta invece sostanziali modifiche alla struttura architettonica e decorativa esterna e interna (arbitrariamente, secondo l’Accademia), trasformando incorniciature e coretti delle quattro porte del braccio longitudinale secondo un gusto ormai settecentesco. L’ingrandimento dei coretti in prossimità dell’altare maggiore risale invece al 1739, così come nel 1740 si mette in opera la balaustra del presbiterio, lontana dallo stile del Cortona. Infine nel 1730 si attua la decorazione a stucco dei pennacchi della cupola. Il principe Camillo Rusconi progetta i quattro rilievi in stucco con le figure degli evangelisti, finanziando quello dedicato a san Matteo (1727-28), affidato, dopo la sua morte, all’allievo Giuseppe Rusconi. Sebastiano Conca finanzia l’esecuzione degli altri tre modelli, sugli schizzi di Camillo Rusconi: san Marco (opera di Filippo della Valle), san Luca e san Giovanni (eseguito da Giovanni Battista Maini) posti in opera nel 1730 e ai piedi dei quali compare lo stemma accademico. Nei secoli seguenti anche l’isolato della chiesa subisce rilevanti trasformazioni, dapprima con l’esecuzione degli scavi del Foro (inizio Ottocento), che portano il livello dell’area circostante alla quota archeologica cambiando la percezione della prospettiva della chiesa, quindi, nel corso degli anni ’30 del Novecento, con l’ulteriore abbassamento del selciato antistante l’edificio (e il conseguente aumento dei gradini della scalinata) nonché con l’intervento di “liberazione” del monumento attuato nel quadro delle trasformazioni per la creazione della via dell’Impero, sotto la direzione artistica di Gustavo Giovannoni e tecnica del Governatorato. In tale occasione furono demolite le quinte edilizie adiacenti e retrostanti la chiesa, compresa la sede accademica (da allora trasferita in Palazzo Carpegna) e realizzate ricostruzioni in mattoni dei locali perimetrali.

Il recente restauro della chiesa superiore (2007-08) si inserisce nel più ampio quadro degli interventi iniziati negli ultimi decenni, riguardanti l’esterno della cupola e del tamburo (dal 1985) e la cripta (1996-99), condotti a cura della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Comune di Roma, con la progettazione e direzione dell’architetto Pier Luigi Porzio. In particolare, il restauro della chiesa inferiore, decorata con stucchi e preziosi marmi policromi, oltre alla pulitura delle superfici marmoree, ha portato alla luce una finitura a “stucco romano” di ottima fattura, conservata sotto i sovrapposti strati di scialbo, che ne ha restituito la ritrovata intensità cromatica e plastica nei raffinati particolari del modellato. Il cantiere della chiesa superiore prevedeva, oltre alla realizzazione di una nuova illuminazione, la pulitura di tutte le superfici ad intonaco e stucco, in aggiunta a quelle marmoree degli altari, per le quali sono state condotte ulteriori indagini conoscitive sulla facies cromatica e materica della fabbrica seicentesca e sulla successione delle diverse coloriture eseguite nel tempo. La metodologia d’indagine seguita è consistita nella conduzione in parallelo di una capillare campagna di saggi stratigrafici eseguita in cantiere dai restauratori e di una puntuale ricerca storica di archivio, da cui sono scaturite significative convergenze che hanno reso possibili nuove acquisizioni critiche sul capolavoro cortoniano. Gli studi condotti hanno consentito di datare puntualmente tutti gli interventi di tinteggiatura individuati. Tra essi in particolare spiccano due facies realizzate rispettivamente sotto la direzione di Pietro da Cortona e di Carlo Buratti, seguite sostanzialmente da posteriori interventi manutentivi. Entrambe riflettono una sensibilità cromatica tenue e chiara, ma orientata verso tonalità calde nel caso cortoniano, fredde nell’altro, restituendo due diverse concezioni materiche, ciascuna incarnata nel proprio tempo: simulante la ruvidezza del travertino, nelle sue diverse sfumature tonali, quella cortoniana; orientata verso la smaterializzazione degli sfondati (color dell’aria) rispetto alle ordinanze (color del marmo) quella burattiana, caratterizzata dalla tendenza a una maggiore frammentazione decorativa. La nuova acquisizione critica relativa alla finitura concepita dal grande maestro barocco per la sua chiesa-testamento, appare in accordo con la sua concezione della parete come luogo d’incontro tra la massa muraria e la modulazione colonnare, la cui plasticità viene affidata ad effetti chiaroscurali, più che alla bicromia tra ordinanze e sfondati tipica del XVIII secolo. In tal senso il trattamento monocromatico, materico e sapientemente sfumato dell’ordine architettonico ben si addice ad una simile concezione plastica, che affonda le proprie radici nell’esperienza michelangiolesca. (Ilaria Delsere) Accademia Nazionale di San Luca piazza Accademia San Luca, 77 - Roma Orario: sabato dalle 9 alle 18 (da ottobre a aprile), sabato dalle 9 alle 20 (da maggio a settembre)

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