Mambor e' un protagonista della scena artistica sin dagli anni '60, quando a Roma si e' formata una generazione di artisti, amici e compagni di avventura, che ha lasciato un'impronta indelebile nella ricerca culturale italiana. Questa personale e' mirata a una rilettura del lavoro di Mambor in ambito concettuale visivo
Inaugura a Roma alla presenza dell'artista, sabato 23 novembre 2002 alle ore
18.30, presso la Galleria d'arte Mascherino, la mostra "Renato Mambor - Progetto per un'Antologica 1957-2002", a cura di Barbara Martusciello.
Durante l'inaugurazione un attore interpreterà un quadro scenico all'interno
dell'opera "L'arte è come l'ombra", appositamente realizzata per la mostra.
A 45 anni dalla mostra d'esordio di Renato Mambor (settembre 1957), la galleria
Mascherino propone "Renato Mambor - Progetto per un'Antologica 1957-2002", prima
di una serie di mostre che la galleria dedicherà all'artista. Mambor è un
protagonista della scena artistica sin dagli anni '60, quando a Roma si è
formata una generazione di artisti, amici e compagni di avventura, che ha
lasciato un'impronta indelebile nella ricerca culturale italiana.
Questa personale è mirata a una rilettura del lavoro di Mambor in ambito
concettuale visivo, di cui egli è stato un precursore e che è di grande
importanza per le ultime generazioni di artisti; da ciò l'interesse per la sua
opera da parte della galleria Mascherino, generalmente attenta alle
sperimentazioni di artisti giovanissimi. La mostra, strutturata come una sorta
di catalogo a parete con schede esplicative delle varie fasi del lavoro di
Mambor, si sviluppa in forma antologica per considerare in maniera quanto più
completa possibile la lunga sperimentazione dell'artista dal 1957 al 2002. Negli
appuntamenti successivi verranno invece approfonditi alcuni momenti e aspetti
particolari del suo progetto artistico.
La mostra si apre con un'opera del 1957 di genere surrealista astratto, lavori
che Mambor presenta nel gennaio 1959 alla galleria Appia Antica di Roma nella
mostra Mambor Schifano Tacchi, che apre idealmente una stagione artistica romana
di straordinario successo. Con un quadro di questa serie Mambor vince nel 1960
il premio di incoraggiamento della Galleria Nazionale d'Arte Moderna.
Alla fine del 1959 Mambor apre lo studio a Roma insieme a Tano Festa. In questo
periodo realizza dei quadri costruiti come oggetti con legno, chiodi, colla e
vernici industriali. Utilizza smalti compatti stesi in campiture monocrome su
tutta la superficie per eliminare ogni valore dell'azione, al fine di
realizzarne l'azzeramento linguistico e la completa spersonalizzazione. E' quel
"togliere l'io dal quadro", postulato di tutta una generazione di artisti romani
e non. In mostra è presentato Oggetto Blu del 1960, già esposto al Palazzo delle
Esposizioni nel 1993.
Nel 1961 dipinge la serie dei Segnali Stradali, importando nel quadro segni di
comunicazione, astratti, geometrici, che hanno funzioni convenzionali,
informative. Sono in mostra quattro Trasporto conto terzi del 1961, già esposti
al Palazzo delle Esposizioni nel 1993. Nel 1962 la sua attenzione sulla
segnaletica stradale viene attirata dall'omino stilizzato del segnale del
passaggio pedonale e dall'uomo statistico, una figura umana bidimensionale che
trasportata nei suoi quadri simboleggia l'uomo quantitativo, senza volto e
caratteristiche individuali, dunque con un carattere di rappresentazione umana
oggettiva. In mostra due piccole bellissime tele del 1962. Alla fine del 1962
questa figura statistica assume la forma di timbro, consentendo una
moltiplicazione dell'immagine che Mambor utilizza, anche creando allusioni
prospettiche attraverso le differenti altezze delle sagome, per realizzare dei
quadri che ricostruiscono ambienti o spazi urbani. Espone queste serie per la
prima volta alla Galleria La Tartaruga nel febbraio 1963 nella ormai storica
mostra 13 pittori a Roma e nell'aprile dello stesso anno nella mostra Lombardo
Mambor Tacchi. In mostra Comizio, Folla e Capovolto del 1963, gli ultimi due giÃ
esposti al Palazzo delle Esposizioni nel 1993.
Nel 1964 inizia ad interessarsi ai disegni dei rebus enigmistici. Questi hanno
la caratteristica di essere disegnati in modo da rappresentare nella maniera più
fedele possibile un vocabolo, costituendo quindi una specie di definizione
grafica di un nome. Mambor utilizza questi disegni come se attingesse ad una
sorta di vocabolario iconico nella serie di quadri che chiama Ricalchi, nei
quali il suo interesse non è rivolto alla rappresentazione di realtà oggettuali,
bensì al loro essere equivalenti iconici del nome convenzionalmente accettato
per quell'immagine, ovvero, per usare le sue parole, "l'immagine non è il nome,
il nome non è la cosa, la cosa non è l'essenza". Per chiarire il suo
disinteresse verso la rappresentazione oggettiva Mambor appoggia le immagini
sulla tela grezza, senza preparazione, per evitare ogni forma di contaminazione
espressiva, disegnando solo quei tratti che delineano la morfologia essenziale
delle figure e ricoprendole poi con campiture monocromatiche che lasciano
trasparire solo le linee fondamentali del segno al fine di realizzarne un
completo svuotamento. Anche le sequenze e gli accoppiamenti delle immagini sono
utilizzati per chiarire che il suo interesse è solo nel rapporto tra la
definizione grafica e il nome che questa rappresenta.
Infatti talvolta utilizza
serie di immagini incoerenti tanto nella narrazione quanto nella resa
prospettica e dimensionale proprio per evidenziarne la loro unica essenza
comune, quella di vocaboli in forma iconica; oppure, al contrario, utilizza
sequenze perfettamente coerenti quando il suo interesse è nell'evidenziare la
definizione visiva di un gesto o di un verbo come, ad esempio, in Chiudere la
porta del 1966, esposto in mostra. Questi lavori, realizzati tra il 1964 e il
1966 ed esposti nel 1964 al Premio La Tartaruga, nel 1965 al Premio Nettuno e
sempre nell'aprile dello stesso anno nella personale alla galleria La Tartaruga
presentata da Marisa Volpi, evidenziano Mambor come precursore del concettuale
che di lì a poco si sarebbe sviluppato e ne chiariscono le distanze con l'arte
Pop alla quale era stato assimilato negli anni precedenti.
Alla fine del 1965, proseguendo nella sua ricerca di designificazione della
rappresentazione oggettiva, realizza una serie di cubi sulle cui facce dipinge
un'immagine del suo repertorio di vocaboli iconici, che viene costruita o
decostruita assemblando i cubi stessi. Questi lavori vengono esposti nel gennaio
1966, presentati da Achille Bonito Oliva, nella mostra a due con Pino Pascali
alla galleria Guida di Napoli.
Nel 1966 inizia ad analizzare i procedimenti esecutivi del dipingere utilizzando
tecniche di scomposizione nello spazio e nel tempo. Il disegno e lo sfondo sono
eseguiti in tempi e spazi diversi e poi ricomposti per sovrapposizione. In
mostra Al mare, già esposto nel 1966 al Premio Avezzano.
Sempre nel '66 Mambor, insieme a Mario Ceroli e Cesare Tacchi, si trasferisce
per alcuni mesi a New York, chiude lo studio di Roma e al ritorno si trasferisce
a Genova dove nel 1967 espone alla galleria La Bertesca, nella storica mostra
"Arte Povera e Imspazio" a cura di Germano Celant, alcuni pannelli della serie
del Diario 67, moduli seriali in sviluppo orizzontale, ciascuno rappresentante
elementi e tecniche del dipingere. In mostra un'opera su carta del 1967 che
rappresenta il progetto del Diario.
L'analisi linguistica che Mambor evidenzia nel Diario lo porta a sviluppare una
suddivisione mentale della percezione del segno scissa nelle unità elementari
delle pertinenze linguistiche: materia, forma, colore e tempo (movimento), che
chiamerà Filtro. In mostra alcune importanti opere fotografiche come Il Mare
(1967), L'Albero (1967) e Studio sul tramonto del sole, dalla omonima mostra
alla galleria La Bertesca del maggio 1968.
Nel 1968/69 realizza la serie delle Azioni Fotografate, dall'installazione
composta di 11 scope azzurre realizzata in Via Roma a Genova nel 1968,
sequestrata e multata per occupazione di suolo pubblico (in mostra, multa
inclusa), alla Linea della porta, La fontanella di via Barletta, Faccia bianca,
Senza calpestare le righe, esposte alla galleria La Bertesca nel 1968 nella
mostra Icaro Mambor Prini e nel maggio 1969 nella mostra personale sempre alla
galleria La Bertesca. Grande evidenza è data in mostra a queste serie
fotografiche, nelle stampe originali, mai più esposte da allora.
All'inizio degli anni '70, dopo avere realizzato i Giocattoli per collezionista,
Mambor, osservato che gli oggetti creati dall'artista vivono in un mondo
autonomo e parallelo al mondo della realtà , si propone di acutizzare
problematicamente questa dicotomia spostando l'attenzione sul polo del reale; si
riferisce nuovamente ai rebus, questa volta per appropriarsi dell'idea del
segnale che indica quale è l'immagine da cui ricavare il nome per ricostruire la
frase. Costruisce dunque un oggetto tridimensionale e prensile, funzionale al
punto da non dovere essere considerato come un oggetto estetico:
l'Evidenziatore, che utilizza per segnalare le cose nell'atto di afferrarle per
evidenziarle, lasciandole nello spazio come dati concreti, puntualizzandole,
segnalandole nel loro contesto. A metà degli anni '70 Mambor rivolge questo
meccanismo di evidenziazione verso l'uomo, affrontando il problema
dell'impossibilità di limitare l'uomo-soggetto alla sua superficie; nasce quindi
Trousse, scultura- contenitore di profilato metallico, un parallelepipedo alto 2
metri con i lati di un metro. Mambor la utilizza come un dispositivo per
indagare la realtà umana, per esplicitarne i vari materiali espressivi che
riguardano il soggetto fisico, cioè la sua sfera cognitiva, emotiva e nervosa,
per esporla al pubblico. Con questo criterio realizza degli Autoritratti Unici,
dove teatro e performance si uniscono. Mambor forma quindi una sua compagnia
teatrale sperimentale che chiama Gruppo Trousse, nelle cui rappresentazioni la
Trousse da spazio fisico diventa nel corso del tempo spazio mentale, per rendere
fluido il passaggio dall'interno dell'individuo all'esterno del palcoscenico e
viceversa.
Nel 1979, a Roma in via Sabotino, realizza l'installazione-evento Allevamenti di
campi da football.
Nel 1983 rappresenta al Metateatro di Roma Gli Osservatori, indagine che poi
confluirà , alla fine degli anni '80 quando ritorna alla pittura, nel ciclo
dell'Osservatore e le coltivazioni, presentato nel 1991 alla Fondazione Mudima a
Milano e nel 1993 al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Mambor prosegue in
questa serie nel suo sistema di "evidenziamento" linguistico, analizzando la
specificità del fare e del vedere, del creare e del contemplare. In mostra è
esposta la grande opera pittorica del 1990 da cui deriva la serie realizzata per
queste due mostre e già esposta nella mostra Novecento alle Scuderie Papali di
Roma nel 2000. La mostra comprende inoltre due opere della serie del Riflettore,
dove l'esperienza visiva e cognitiva viene riformalizzata in termini pittorici,
congiungendo realtà e rappresentazione e si conclude con l'opera appositamente
realizzata per questa mostra: L'arte è come l'ombra (quando il corpo si piega
l'ombra si inchina). Durante l'inaugurazione un attore interpreterà un quadro
scenico all'interno dell'opera.
Inaugurazione: sabato 23 novembre 2002 alle ore 18.30
Orario di apertura: dalle 16.30 alle 19.30 (escluso lunedì e festivi)
Nell'immagine: Renato Mambor, Abbracciare, 1965-66 smalto su cartone cm 70x100
Galleria d'arte MASCHERINO
Via del Mascherino 24, 00193 Roma, Italy.
Tel.-fax 06/68803820 - 338/2699414