Abstract Gardening. Estrapolando gli elementi organici e artificiali dal loro contesto originario l'artista esplora il rapporto tra pittura figurativa e astratta. In mostra grandi tele ad olio, piccole gouache, serigrafie, collage e sculture di ceramica che prendono spunto dall'arte del giardinaggio.
La galleria Otto Zoo presenta Abstract Gardening, la prima personale italiana dell’artista olandese Marjolijn De Wit (Bennekom, 1979), che ha da poco concluso due prestigiose residenze europee, la Rijksakademie di Amsterdam e la Lia di Lipsia.
La mostra si focalizza su un tema centrale nel lavoro di De Wit: l’intervento dell’uomo sulla natura che è divenuto ormai così globale da influenzare la nostra percezione, fino a far quasi scomparire il confine tra il naturale e l’artificiale.
La natura attraversata dall’uomo è una metafora edulcorata nei parchi e nelle riserve naturali, commercializzata negli eco-shop e nei resort, servita in piccole dosi sulle terrazze e negli appartamenti cittadini, resa mediatica dalle finte scenografie televisive. Questi sono gli scenari da cui l’artista è attratta e attraverso i quali - estrapolando gli elementi organici e artificiali dal loro contesto originario - esplora il rapporto tra la pittura figurativa e astratta.
De Wit realizza infatti grandi tele, gouache, serigrafie, collage e lavori tridimensionali, interessata principalmente ad una natura deformata, eccessiva, stremata al limite del grottesco, dove l’elemento astratto rende più vitali e ironiche le sue immagini.
L’installazione Abstract Gardening raggruppa una serie di lavori che prendono spunto dall’arte del giardinaggio, dagli strumenti e dalle tecniche impiegate. In mostra grandi tele ad olio, piccole gouache, serigrafie, collage e sculture di ceramica spesso usata insieme ad altri materiali come plastica e alghe essicate. I soggetti sono boschi metafisici, nature morte formate da strutture molecolari, barriere coralline artificiali. De Wit è attratta da tutto ciò che è in between, dalle fasi di transizione di questi processi che diventano nelle sue opere paesaggi indefiniti nei quali l’artista può inoltrarsi liberamente. Nel suo lavoro è assente un atteggiamento moralistico nei confronti delle ripercussioni ambientali di questa continua prevaricazione umana sulla natura, ma è latente l’assunto che non esiste più un’idea di natura pura e incontaminata, con tutte le conseguenze che questo comporta.
Negli Anni Cinquanta, durante un viaggio in America, Theodor W. Adorno si lamentava del paesaggio americano, lo trovava sconsolante, così crudamente selvaggio, mancante ‘di quel che non so che di mite, morbido, smussato delle cose su cui hanno agito le mani o i loro strumenti immediati. E’ come se nessuno avesse riavviato i capelli alla campagna’ (Minima moralia, Paysage).
Inau: 18 maggio 2011, ore 18.30
Galleria Otto Zoo
via Vigevano, 8 Milano
Orari:
lunedì/venerdì, ore 14-19, sabato solo su appuntamento