Spazio Paraggi
Treviso
via Pescatori, 23
0442 56657 FAX 0422 412408
WEB
Nino Romeo
dal 18/1/2003 al 16/2/2003
339 1116399 FAX 0422 412408

Segnalato da

Spazio Paraggi




 
calendario eventi  :: 




18/1/2003

Nino Romeo

Spazio Paraggi, Treviso

Buchenwald. Il bosco del silenzio. Anticipando una visione che la progressiva scomparsa dei testimoni diretti rischia di rendere sempre più probabile, le immagini di Buchenwald.


comunicato stampa

Buchenwald. Il bosco del silenzio

Il 27 gennaio è divenuto, da qualche anno, il "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. L’Associazione Culturale Fotografica Antonino Paraggi partecipa a questa ricorrenza proponendo, dal prossimo 19 gennaio sino al 16 febbraio, l’esposizione del lavoro realizzato nel 1999 dal fotografo milanese Nino Romeo sul sito del campo di concentramento di Buchenwald.

Attraverso gli schemi rappresentativi propri della fotografia di paesaggio e di architettura, il lavoro esposto restituisce, in realtà, la rappresentazione di qualcosa di eminentemente immateriale: le forme e i contenuti della attuale memoria collettiva di una tragedia storica di colossali proporzioni. Nelle fotografie di Romeo i resti del campo di Buchenwald appaiono quasi come i reperti di un sito archeologico; i visitatori, quasi come drappelli di turisti durante una visita a Pompei fuori stagione.
Anticipando una visione che la progressiva scomparsa dei testimoni diretti rischia di rendere sempre più probabile, le immagini di Buchenwald. Il bosco del silenzio ci richiamano all’esigenza vitale di non spegnere in noi e nei nostri discendenti il bruciore vivo del dolore e della vergogna, con i quali la Shoah ha marchiato un'intera civiltà.

Sulle motivazioni del lavoro di Nino Romeo riportiamo le parole di Antonella Bergamin:
"La dimensione di bosco è [...] quella che colpisce maggiormente a prima vista il visitatore dell’area nella quale si trova il campo di concentramento di Buchenwald. Il bosco si è ripreso gran parte di ciò che solo una cinquantina d’anni fa l’uomo aveva riordinato secondo un proprio disegno lucido e manageriale. Ha inghiottito buona parte del tracciato ferroviario che collegava il campo alla città vicina e al resto del paese e sul quale viaggiavano in vagoni piombati gli individui prescelti per finire in quel bosco. La regione nella quale il bosco si trova è, appunto, verde e serena. La città vicino alla quale fu costruito il campo, Weimar, è luogo di testimonianza di grandi intelletti, che tuttora comunica, nella sua bellezza tranquilla e misurata, il trionfo della parte migliore dell’uomo. Proprio lì accanto, il teatro della parte peggiore.

A differenza di Auschwitz, luogo anche paesaggisticamente assai dissimile, che conserva un involucro preciso e strutture edificate in mattoni e muratura, oltre alle baracche degli internati, Buchenwald è più un’area nella quale proiettare il proprio immaginario del campo, attraverso ciò che ne rimane (il cancello con la scritta "Jedem das Seine", "A ciascuno il suo"), il piccolo edificio con le celle dove erano rinchiusi e torturati i prigionieri che si macchiavano di crimini particolari, l’ambulatorio degli esperimenti medici, le strutture destinate a caserme per gli ufficiali nazisti, la baracca superstite, prima smantellata e poi ricostruita), ma soprattutto attraverso la luce e il silenzio che dominano la distesa, scandita dai ceppi ("Block 45", …), in fondo alla quale si trova il fabbricato dei forni crematori. All’interno, i macchinari metallici, qualche fiore, le mattonelle bianche ancora smaltate, e il silenzio dei visitatori che scendono agli inferi e si sentono venire incontro le presenze mute e urlanti di chi in questo luogo ha trascorso e finito i propri giorni. A Buchenwald, qualche anno fa, in occasione delle manifestazioni per Weimar capitale europea della cultura, è stata allestita un’esposizione, all’interno di alcune sale dell’edificio che si trova all’ingresso dell’area, nella quale, con semplicità toccante, erano sistemate alcune decine di bauli, di quelli che si usavano un tempo per viaggiare, ruvidi, non vezzosi. All’interno di questi bauli, una foto o alcuni fogli e un lettore CD. Il visitatore poteva, attraverso il CD, ascoltare le testimonianze di persone che a Buchenwald avevano vissuto. Poteva passare un po’ di tempo con loro.

Buchenwald ha avuto, dopo l’epoca nazista, un’utilizzazione anche come campo di prigionia del regime comunista. Qui sono vissute e morte altre persone. Il bellissimo museo allestito nell’edificio, costruito dall’amministrazione carceraria della DDR dà conto di tutte e due le vite del campo e riesce, attraverso gli oggetti minimi ritrovati, a volte prodigiosamente nascosti dai prigionieri, a far sentire straordinariamente vicina, per quanto possibile, la loro vicenda umana.

Il silenzio domina e riempie l’assenza, la visione del verde cupo e come consapevole del bosco che è ritornato padrone, le pietre sbiancate e morte, le grida di qualche uccello". Nino Romeo, diplomato al C.F.P. "Riccardo Bauer" di Milano, lavora con la fotografia da oltre 12 anni, collaborando con vari studi di architettura, compagnie teatrali e di danza, enti musicali, culturali e sociali. Conduce ricerche personali e su commissione nei campi dell’indagine territoriale e del reportage sociale, due ambiti di ricerca che troviamo costantemente correlati nel suo lavoro. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.

ingresso libero

orari: dal mercoledì alla domenica dalle 16.00 alle 20.00; lunedì e martedì chiuso

inaugurazione: domenica 19 gennaio 2003 ore 17.00

presenterà la mostra il prof. Renzo Mulato

Spazio Antonino Paraggi
Via Pescatori 23 Treviso

IN ARCHIVIO [31]
Colin Dutton
dal 19/12/2014 al 19/1/2015

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede