Buchenwald. Il bosco del silenzio. Anticipando una visione che la progressiva scomparsa dei testimoni diretti rischia di rendere sempre più probabile, le immagini di Buchenwald.
Buchenwald. Il bosco del silenzio
Il 27 gennaio è divenuto, da qualche anno, il "Giorno della Memoria" in
ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati
militari e politici italiani nei campi nazisti. L’Associazione Culturale
Fotografica Antonino Paraggi partecipa a questa ricorrenza proponendo, dal
prossimo 19 gennaio sino al 16 febbraio, l’esposizione del lavoro realizzato nel
1999 dal fotografo milanese Nino Romeo sul sito del campo di concentramento di
Buchenwald.
Attraverso gli schemi rappresentativi propri della fotografia di paesaggio e
di architettura, il lavoro esposto restituisce, in realtà , la rappresentazione
di qualcosa di eminentemente immateriale: le forme e i contenuti della attuale
memoria collettiva di una tragedia storica di colossali proporzioni. Nelle
fotografie di Romeo i resti del campo di Buchenwald appaiono quasi come i
reperti di un sito archeologico; i visitatori, quasi come drappelli di turisti
durante una visita a Pompei fuori stagione.
Anticipando una visione che la progressiva scomparsa dei testimoni diretti
rischia di rendere sempre più probabile, le immagini di Buchenwald. Il bosco del
silenzio ci richiamano all’esigenza vitale di non spegnere in noi e nei nostri
discendenti il bruciore vivo del dolore e della vergogna, con i quali la Shoah
ha marchiato un'intera civiltà .
Sulle motivazioni del lavoro di Nino Romeo riportiamo le parole di Antonella
Bergamin:
"La dimensione di bosco è [...] quella che colpisce maggiormente a prima vista
il visitatore dell’area nella quale si trova il campo di concentramento di
Buchenwald. Il bosco si è ripreso gran parte di ciò che solo una cinquantina
d’anni fa l’uomo aveva riordinato secondo un proprio disegno lucido e
manageriale. Ha inghiottito buona parte del tracciato ferroviario che collegava
il campo alla città vicina e al resto del paese e sul quale viaggiavano in
vagoni piombati gli individui prescelti per finire in quel bosco. La regione
nella quale il bosco si trova è, appunto, verde e serena. La città vicino alla
quale fu costruito il campo, Weimar, è luogo di testimonianza di grandi
intelletti, che tuttora comunica, nella sua bellezza tranquilla e misurata, il
trionfo della parte migliore dell’uomo. Proprio lì accanto, il teatro della
parte peggiore.
A differenza di Auschwitz, luogo anche paesaggisticamente assai dissimile, che
conserva un involucro preciso e strutture edificate in mattoni e muratura, oltre
alle baracche degli internati, Buchenwald è più un’area nella quale proiettare
il proprio immaginario del campo, attraverso ciò che ne rimane (il cancello con
la scritta "Jedem das Seine", "A ciascuno il suo"), il piccolo edificio con le
celle dove erano rinchiusi e torturati i prigionieri che si macchiavano di
crimini particolari, l’ambulatorio degli esperimenti medici, le strutture
destinate a caserme per gli ufficiali nazisti, la baracca superstite, prima
smantellata e poi ricostruita), ma soprattutto attraverso la luce e il silenzio
che dominano la distesa, scandita dai ceppi ("Block 45", …), in fondo alla quale
si trova il fabbricato dei forni crematori. All’interno, i macchinari metallici,
qualche fiore, le mattonelle bianche ancora smaltate, e il silenzio dei
visitatori che scendono agli inferi e si sentono venire incontro le presenze
mute e urlanti di chi in questo luogo ha trascorso e finito i propri giorni.
A Buchenwald, qualche anno fa, in occasione delle manifestazioni per Weimar
capitale europea della cultura, è stata allestita un’esposizione, all’interno di
alcune sale dell’edificio che si trova all’ingresso dell’area, nella quale, con
semplicità toccante, erano sistemate alcune decine di bauli, di quelli che si
usavano un tempo per viaggiare, ruvidi, non vezzosi. All’interno di questi
bauli, una foto o alcuni fogli e un lettore CD. Il visitatore poteva, attraverso
il CD, ascoltare le testimonianze di persone che a Buchenwald avevano vissuto.
Poteva passare un po’ di tempo con loro.
Buchenwald ha avuto, dopo l’epoca nazista, un’utilizzazione anche come campo di
prigionia del regime comunista. Qui sono vissute e morte altre persone. Il
bellissimo museo allestito nell’edificio, costruito dall’amministrazione
carceraria della DDR dà conto di tutte e due le vite del campo e riesce,
attraverso gli oggetti minimi ritrovati, a volte prodigiosamente nascosti dai
prigionieri, a far sentire straordinariamente vicina, per quanto possibile, la
loro vicenda umana.
Il silenzio domina e riempie l’assenza, la visione del verde cupo e come
consapevole del bosco che è ritornato padrone, le pietre sbiancate e morte, le
grida di qualche uccello".
Nino Romeo, diplomato al C.F.P. "Riccardo Bauer" di Milano, lavora con la
fotografia da oltre 12 anni, collaborando con vari studi di architettura,
compagnie teatrali e di danza, enti musicali, culturali e sociali. Conduce
ricerche personali e su commissione nei campi dell’indagine territoriale e del
reportage sociale, due ambiti di ricerca che troviamo costantemente correlati
nel suo lavoro. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Italia e
all’estero.
ingresso libero
orari: dal mercoledì alla domenica dalle 16.00 alle 20.00; lunedì e martedì
chiuso
inaugurazione: domenica 19 gennaio 2003 ore 17.00
presenterà la mostra il prof. Renzo Mulato
Spazio Antonino Paraggi
Via Pescatori 23 Treviso