Ada Patrizia Fiorillo scrive:''Donzelli giunge con gli anni Settanta ad una precisa definizione del suo operato. E’ l’attraversamento in chiave sottilmente concettuale di una sorta di utopia interiore che lo porta a desacralizzare l’idea dell’arte mediante l'uso di una sagace ironia.(...)''
Varart propone, in questa rassegna, cinquanta opere di Bruno Donzelli degli anni ’60-’70 (periodo informale, pop-art e nuova figurazione).
Ada Patrizia Fiorillo scrive: “Donzelli giunge con gli anni Settanta ad una precisa definizione del suo operato. E’ l’attraversamento in chiave sottilmente concettuale di una sorta di utopia interiore che lo porta a desacralizzare l’idea dell’arte mediante l’uso di una sagace ironia.
Il gioco diventa allora l’espediente manifesto per una decostruzione dei miti: nascono opere come le Nuove Piazze d’Italia in cui l’artista prende a prestito frammenti di dechirichiane memorie o anche la serie dei “Puzzle†ove l’aspetto fiabesco cede al richiamo narrativo di un’epopea popolare. Tali operazioni trovano riscontro in anni di forti discussioni ideologiche sul destino dell’arte, mutuando nell’artista un nuovo corso evolutivo. Una riflessione sui valori, resi immortali, della cultura artistica del XX° secolo gli si impone pressante.
Rileggendo i modelli come Duchamp, Ray, Warhol, Rauschenberg, Johns, Beuys, Cage, egli passa in rassegna più propriamente l’avventura delle correnti artistiche: il dadaismo, la pop-art, l’arte concettuale, l’happening musicale.â€
Sempre riferendosi agli anni Settanta, Gérard-Georges Lemaire sostiene che Bruno Donzelli si è interessato ai principi di scomposizione del quadro, capovolgendo le formule sviluppate da Duchamp, Man Ray e Beuys. L’acutezza della sua indagine consiste dunque nel fare una cosa ed il suo contrario simultaneamente, egli procede semplicemente ad una scomposizione materiale e teorica dell’opera a fini d’analisi, beffandosi del procedimento.
nell'immagine: un'opera di Bruno Donzelli.
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