Porto Marghera
Venezia
Darsena di Via dell'Atomo

Riserva Artificiale
dal 3/6/2003 al 12/11/2003
338 8953190

Segnalato da

Flavia Fossa Margutti - Ufficio stampa Arte Architettura Biennale Venezia




 
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3/6/2003

Riserva Artificiale

Porto Marghera, Venezia

Progetto artistico collaborativo. Nell'ambito dei progetti Links 50 Biennale Venezia 2003. Un progetto di Cesare Pietroiusti e Alessandro Ambrosini, Alessia Bellon, Stefania Bona, Viviana Carlet, Lisa Castellani, Maria Ida Clementel, ValeriaCozzarini, Anna L. Dionello, Antonio Guiotto, Changiz Jalayer, Manuela Mocellin, Valentina Paganello, Eleonora Sarasin, Melissa Valso, Stefano Zatti (Accademia di Belle Arti di Venezia).


comunicato stampa

RISERVA ARTIFICIALE

Un progetto di Cesare Pietroiusti e Alessandro Ambrosini, Alessia Bellon, Stefania Bona, Viviana Carlet, Lisa Castellani, Maria Ida Clementel, ValeriaCozzarini, Anna L. Dionello, Antonio Guiotto, Changiz Jalayer, Manuela Mocellin, Valentina Paganello, Eleonora Sarasin, Melissa Valso, Stefano Zatti (Accademia di Belle Arti di Venezia).

Area dismessa in stato di abbandono dovuto alla sua incerta collocazione ai bordi della zona industriale; una banchina usata come deposito di materiali, qualche ufficio, officina per barche da diporto, bar. Così si presenta la darsena dei rimorchiatori marittimi a Marghera, un bacino circoscritto da strade a scorrimento veloce per i camion che si inoltrano fra le vie dell'Azoto, dell'Atomo, dell'Eletricità (sic). E' stata scelta da un gruppo di studenti dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, coordinati da Cesare Pietroiusti, come laboratorio a cielo aperto per un lavoro mirato a individuare le caratteristiche salienti di una zona di margine. I landmarkers di volta in volta indicati per orientarsi sono legati alle esperienze individuali di passaggio, sosta, scoperta, analisi empirica.
L'arte non ha i mezzi dell'urbanistica contemporanea, non può decidere per grandi piani d'area, lavora piuttosto sull'osservazione dell'esistente, ne registra l'eterogeneità, le storie possibili che devono emergere da oggetti e persone. E allo stesso tempo non si limita a documentare venendo piuttosto a costituirsi, nel processo collettivo di elaborazione, una possibilità ulteriore per interpretare il luogo senza volerlo trasformare radicalmente, preoccupandosi piuttosto di conservare lo stato delle cose, come anche di evidenziarne inattesi livelli di complessità e sottili elementi poetici.
Da qui l'idea di istituire una ''riserva artificiale'', onde tutelare un luogo senza alcuna specifica qualità, se non il situarsi sull'orlo dell'acqua e a ridosso di strade molto trafficate. Come orizzonte i bacini di carenaggio della Fincantieri, i silos dei depositi di granaglie, gli edifici in disuso. Che possono diventare le propaggini della riserva, caratterizzandone i percorsi esplorativi da proporre a chi se la sente di volgere le spalle a Venezia e al contesto della Biennale. Il che significa saper sottolineare e così far emergere quel che di attrattivo si scorge nell'anonimità degli spazi, trovando adeguate forme di comunicazione per rendere anche gli altri partecipi del processo di scoperta di un comprensorio difficilmente penetrabile, in gran parte proibito al pubblico.
Il lavoro artistico in questo senso svolge una funzione di colonizzazione primaria, come di specie pioniere che si insinuano fra l'asfalto e i muri di recinzione. Fra la funzionalità e la dismissione, fra l'interdetto e l'accessibile.
E l'area dismessa si appresta a diventare così un capolinea.
Riccardo Caldura

Prendersi cura di questo luogo e dei suoi oggetti, inventariarli e sistemarli, cercare, con appostamenti, osservazioni, e soprattutto interviste e incontri, di tirar fuori le loro storie, di valorizzare gli aspetti conoscitivi ma anche poetici di un luogo di margine con forti e contraddittorie connotazioni. Un luogo che, per la durata della mostra, potrebbe diventare un capolinea di percorsi narrativi, dove 'prendere' qualcosa: un caffè o posto su una panchina per un incontro romantico, le storie di operai in pensione che vanno a pescare accanto alla loro vecchia fabbrica, oppure un minibus o una bicicletta per fare un giro di Porto Marghera in notturna e, se serve, con un pezzetto di buccia d'arancia sotto il naso per coprire gli odori.
Cesare Pietroiusti

Sono state individuate, nei loro aspetti caratteristici, sei zone attraverso le quali si inoltreranno i percorsi stabiliti per l'attraversamento e la scoperta. Prima zona (capolinea): il frammento di una vecchia conduttura con le valve dei mitili incrostate e un enorme pezzo di cemento ormai solidale con il metallo, una barchetta con dentro qualche vestito e una grossa cima, una scaletta col passamano giallo, una borsetta verde di pelle, i pescatori che si trastullano sull'argine dirimpetto...
Seconda zona: fra via dell'Eletricità e via della Pila un'aiuola di iris blu, sotto la quale vi è un metanodotto; da via del Commercio, salendo verso il cavalcavia, la strada sale a livello del muro di cinta della Fincantieri offrendo un panorama delle attività interne.
Terza zona: lungo via dell'Eletricità, una breccia lungo il muro di un edificio abbandonato, funge da soglia sonora fra il rumore esterno e quello, del tutto diverso, che si sente nello spazio interno.
Quarta zona: lungo il lato destro di via del Commercio, nel suo locale, Italo funge da archivio storico del porto di Marghera; in fondo alla strada, prima della zona interdetta, la Chiesa dove il Papa ha impartito la benedizione nel 1985.
Quinta zona: una ciminiera, simile alla regina degli scacchi, protetta da un alto muro coronato di cocci di bottiglia.
Sesta zona: lungo la banchina di via dell'Azoto, un enorme palazzo, e Lino che racconta come ha perso la memoria.

Gruppo Studenti Accademia

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