Flavia Fossa Margutti - Ufficio stampa Arte Architettura Biennale Venezia
Cesare Pietroiusti
Alessandro Ambrosini
Alessia Bellon
Stefania Bona
Viviana Carlet
Lisa Castellani
Maria Ida Clementel
ValeriaCozzarini
Anna L. Dionello
Antonio Guiotto
Changiz Jalayer
Manuela Mocellin
Valentina Paganello
Eleonora Sarasin
Melissa Valso
Stefano Zatti
Progetto artistico collaborativo. Nell'ambito dei progetti Links 50 Biennale Venezia 2003. Un progetto di Cesare Pietroiusti e Alessandro Ambrosini, Alessia Bellon, Stefania Bona, Viviana Carlet, Lisa Castellani, Maria Ida Clementel, ValeriaCozzarini, Anna L. Dionello, Antonio Guiotto, Changiz Jalayer, Manuela Mocellin, Valentina Paganello, Eleonora Sarasin, Melissa Valso, Stefano Zatti (Accademia di Belle Arti di Venezia).
RISERVA ARTIFICIALE
Un progetto di Cesare Pietroiusti e Alessandro Ambrosini, Alessia Bellon,
Stefania Bona, Viviana Carlet, Lisa Castellani, Maria Ida Clementel,
ValeriaCozzarini, Anna L. Dionello, Antonio Guiotto, Changiz Jalayer, Manuela
Mocellin, Valentina Paganello, Eleonora Sarasin, Melissa Valso, Stefano Zatti
(Accademia di Belle Arti di Venezia).
Area dismessa in stato di abbandono dovuto alla sua incerta collocazione ai
bordi della zona industriale; una banchina usata come deposito di materiali,
qualche ufficio, officina per barche da diporto, bar. Così si presenta la
darsena dei rimorchiatori marittimi a Marghera, un bacino circoscritto da strade
a scorrimento veloce per i camion che si inoltrano fra le vie dell'Azoto,
dell'Atomo, dell'Eletricità (sic). E' stata scelta da un gruppo di studenti
dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, coordinati da Cesare Pietroiusti, come
laboratorio a cielo aperto per un lavoro mirato a individuare le caratteristiche
salienti di una zona di margine. I landmarkers di volta in volta indicati per
orientarsi sono legati alle esperienze individuali di passaggio, sosta,
scoperta, analisi empirica.
L'arte non ha i mezzi dell'urbanistica contemporanea, non può decidere per
grandi piani d'area, lavora piuttosto sull'osservazione dell'esistente, ne
registra l'eterogeneità , le storie possibili che devono emergere da oggetti e
persone. E allo stesso tempo non si limita a documentare venendo piuttosto a
costituirsi, nel processo collettivo di elaborazione, una possibilità ulteriore
per interpretare il luogo senza volerlo trasformare radicalmente, preoccupandosi
piuttosto di conservare lo stato delle cose, come anche di evidenziarne inattesi
livelli di complessità e sottili elementi poetici.
Da qui l'idea di istituire una ''riserva artificiale'', onde tutelare un luogo
senza alcuna specifica qualità , se non il situarsi sull'orlo dell'acqua e a
ridosso di strade molto trafficate. Come orizzonte i bacini di carenaggio della
Fincantieri, i silos dei depositi di granaglie, gli edifici in disuso. Che
possono diventare le propaggini della riserva, caratterizzandone i percorsi
esplorativi da proporre a chi se la sente di volgere le spalle a Venezia e al
contesto della Biennale. Il che significa saper sottolineare e così far emergere
quel che di attrattivo si scorge nell'anonimità degli spazi, trovando adeguate
forme di comunicazione per rendere anche gli altri partecipi del processo di
scoperta di un comprensorio difficilmente penetrabile, in gran parte proibito al
pubblico.
Il lavoro artistico in questo senso svolge una funzione di colonizzazione
primaria, come di specie pioniere che si insinuano fra l'asfalto e i muri di
recinzione. Fra la funzionalità e la dismissione, fra l'interdetto e
l'accessibile.
E l'area dismessa si appresta a diventare così un capolinea.
Riccardo Caldura
Prendersi cura di questo luogo e dei suoi oggetti, inventariarli e sistemarli,
cercare, con appostamenti, osservazioni, e soprattutto interviste e incontri, di
tirar fuori le loro storie, di valorizzare gli aspetti conoscitivi ma anche
poetici di un luogo di margine con forti e contraddittorie connotazioni. Un
luogo che, per la durata della mostra, potrebbe diventare un capolinea di
percorsi narrativi, dove 'prendere' qualcosa: un caffè o posto su una panchina
per un incontro romantico, le storie di operai in pensione che vanno a pescare
accanto alla loro vecchia fabbrica, oppure un minibus o una bicicletta per fare
un giro di Porto Marghera in notturna e, se serve, con un pezzetto di buccia
d'arancia sotto il naso per coprire gli odori.
Cesare Pietroiusti
Sono state individuate, nei loro aspetti caratteristici, sei zone attraverso le
quali si inoltreranno i percorsi stabiliti per l'attraversamento e la scoperta.
Prima zona (capolinea): il frammento di una vecchia conduttura con le valve dei
mitili incrostate e un enorme pezzo di cemento ormai solidale con il metallo,
una barchetta con dentro qualche vestito e una grossa cima, una scaletta col
passamano giallo, una borsetta verde di pelle, i pescatori che si trastullano
sull'argine dirimpetto...
Seconda zona: fra via dell'Eletricità e via della Pila un'aiuola di iris blu,
sotto la quale vi è un metanodotto; da via del Commercio, salendo verso il
cavalcavia, la strada sale a livello del muro di cinta della Fincantieri
offrendo un panorama delle attività interne.
Terza zona: lungo via dell'Eletricità , una breccia lungo il muro di un edificio
abbandonato, funge da soglia sonora fra il rumore esterno e quello, del tutto
diverso, che si sente nello spazio interno.
Quarta zona: lungo il lato destro di via del Commercio, nel suo locale, Italo
funge da archivio storico del porto di Marghera; in fondo alla strada, prima
della zona interdetta, la Chiesa dove il Papa ha impartito la benedizione nel
1985.
Quinta zona: una ciminiera, simile alla regina degli scacchi, protetta da un
alto muro coronato di cocci di bottiglia.
Sesta zona: lungo la banchina di via dell'Azoto, un enorme palazzo, e Lino che
racconta come ha perso la memoria.
Gruppo Studenti Accademia