Silence, pleace. Per la rassegna 3 x 3. L'arte puo' essere anche assenza e nell'assenza coinvolgerci più che con la presenza dei corpi, del pieno delle forme e dei colori. Nel vuoto e con il vuoto si confonde e confronta quest'opera di Antonio Rinaldi, artista del corso di scultura che si occupa anche di teatro e concepisce ogni sua opera d'arte come un progetto totale che coinvolge in diversi modi gli spettatori.
Con il Patrocinio del comune di Ravenna
Assessorato alla Cultura
3 x 3
Antonio Rinaldi in SILENCE, PLEASE
A cura di Rosetta Berardi e Loretta Zaganelli
Testo di Loretta Zaganelli
Silence, please
L'arte può essere anche assenza e nell'assenza coinvolgerci più che con la presenza dei corpi, del pieno delle forme e dei colori. Nel vuoto e con il vuoto si confonde e confronta quest'opera di Antonio Rinaldi, artista del corso di scultura che si occupa anche di teatro e concepisce ogni sua opera d'arte come un progetto totale che coinvolge in diversi modi gli spettatori. Il lavoro esposto in quest'occasione, è l'ampliamento di un progetto già in atto, iniziato con un numero minimo di stele, destinate a crescere, come le sagome dei profili umani che Rinaldi ha elaborato prima di realizzare quest'opera, a formare storie stilizzate su lunghe pareti. Le steli presentate sono libere rielaborazioni di Stele Daunie, originarie della Puglia, (Gargano, Manfredonia) cui l'artista ha tolto fisicità , cancellando le caratteristiche di ognuna, sino a farle divenire neri profili di ferro, ben saldi sulla base, ma esili nei confronti dello spazio, perché destinate a romperlo e a rompersi al suo interno, come fragili oggetti di vetro. La trasparenza li rende simili a leggeri profili disegnati, contenitori del nulla, o del tutto, dipende da cosa trasferiscono i riguardanti ogni volta sulle singole steli. Insieme formano un tutto silenzioso, predisposto ad invadere la galleria sino ad impedire quasi ai presenti di camminare al suo interno. Antonio Rinaldi regista, in questo caso impone un ordine agli astanti, denominando la mostra: ''Silence please''. Il silenzio richiesto, paradossalmente imporrà ai presenti di interagire con l'opera, con l'assenza di dialogo. Sarà possibile commentare le steli, durante la contro/performance, solo con lo sguardo ed i gesti. L'esercito di sagome invade lo spazio, ma a noi spettatori non è dato di proteggerci se non diventando a nostra volta esseri muti, platea che si confonde nella sacralità cimiteriale dell'opera che evoca la morte dell'arte. Anche in quest'opera compaiono due aspetti, il primo coincide con il sacralità dei cimiteri, il secondo è l'ironia che sussiste nel pensare ad un cimitero inserito in una galleria d'arte. Ma le lapidi non mostrano nomi né date, sono anonime, come potrebbero esserlo quelle di soldati caduti in guerra, eroi caduti per la causa dell'arte in questo caso, a ricordarci che dopo la morte di qualsiasi cosa, segue la sua rinascita. Come sostiene Baudrillard, nel testo ''La morte dell'arte'' nelle immagini qualcosa deve necessariamente andarsene, sparire, ma senza arrivare all' ''annientamento'' definitivo. Il segreto è che la sparizione deve restare viva, per attrarre attenzione, come questi profili, da guardare religiosamente in silenzio.
Lo spazio de-frammentato
L'arte spesso ci aiuta a sopravvivere, mostrandoci le cose in modo diverso, offrendoci vie d'uscita mentali, se non pratiche, che ci indicano possibili scelte per vivere i nostri spazi e fruirli con diversa consapevolezza.
Pensando agli eventi recenti, durante la guerra in Iraq, (paese/spazio occupato dagli americani per essere 'liberato'), sono state lanciate dagli americani, bombe a frammentazione. Il principio di tali ordigni, è quello di ridurre in schegge tutto ciò che viene avvicinato in un certo raggio d'azione. Tutto: esseri umani, oggetti, edifici, suppellettili. Il risultato è rendere irriconoscibili gli spazi vissuti. Restano solo frammenti di corpi e di oggetti, schegge impazzite.
Esiste invece un procedimento dei PC che agisce nel modo contrario. Si chiama de-frammentazione e consiste nell'eliminazione dello spazio superfluo esistente in memoria tra un file e l'altro, lasciando in essere solo lo spazio necessario ai vari file per esistere. Resta solo spazio pulito e protetto dall'eccesso, come vuoto vitale. Questo procedimento ha molto in comune con il modo di rapportarsi nei confronti dello spazio da parte degli artisti scelti quest'anno da Rosetta Berardi e Loretta Zaganelli per 3 x 3. Il vuoto, durante le tre mostre, diventerà contenitore di performance insolite. Non sarà allestito e ripensato come spazio a sé, ma come luogo ospite di micro sistemi e contenitore di progetti autonomi.
La rassegna d'arte contemporanea, 3 x 3, nata per rendere visibile l'arte dei giovani artisti che lavorano nella zona ravennate, giunge nel 2003 alla sua seconda tappa, con l'intento di farci riflettere sulla gestione dei luoghi deputati all'arte. Per tre settimane la Galleria Sumithra, diventerà contenitore di happenings, performance e installazioni, in cui ci sarà dato fruire eventi rivelatori che ci metteranno di fronte a nuove dinamiche e nuovi approcci verso lo spazio definito solitamente 'Galleria', spazio messo spesso in crisi, nel corso degli ultimi 40 anni, dagli artisti di tutto il mondo. Se negli anni settanta, l'arte veniva portata fuori dalla galleria per interagire con la vita esterna, ora invade gli spazi classici, galleria e musei, facendoli divenire contenitori idonei in questo caso per: una micro - discoteca, (con Christina Jonsson dal 16 al 18 ottobre); una boutique ri-adattata alla vendita reale di opere d'arte (con Adriana Cavallaro dal 2 al 4 ottobre); un luogo del silenzio sacro (con Antonio Rinaldi dal 9 all'11 ottobre). Diventerà contenitore di progetti che intendono far interagire lo spettatore, in una nuova ottica 'situazionista' per far si che chi osserva, sia dentro lo spettacolo, come un protagonista consapevole.
Inaugurazione della mostra giovedì 9 Ottobre
ore 18.30 - 20.00
Artestudio Sumithra
via Pasolini 43/45
Ravenna