Una sorta di elogio dell'impertinenza e di regalarci un momento di ironica, aperta, laica riflessione con le opere e le operazioni di tre fra i piu' bravi, sensibili ed impertinenti fra i nostri artisti dell'ultima generazione.
Artisti: Natascia Abbattista, Pierluca Cetera, Stefania Pellegrini
A cura di Anna D'Elia e Vito Intini
Testi di Anna D'Elia, Pierluca Cetera e Vito Intini
Sabato 25 Ottobre alle ore 19 si inaugura presso Kunsthalle di Noci (BA)
"MALACARNE", una mostra di opere di Natascia Abbattista, Pierluca Cetera e
Stefania Pellegrini curata da Anna D'Elia e Vito Intini.
L'idea di "Malacarne" nasce dalla lettura del libro di Anna D'Elia "Diario del
Corpo" e da alcune suggestioni che essa ha stimolato e provocato. Le pratiche
del potere politico ed economico, le diverse narrazioni in ambito religioso,
filosofico, clinico, antropologico, culturale ed artistico ruotano, da sempre,
intorno al corpo, lo attraversano, lo pensano, lo affittano, lo sfruttano, lo
negano, lo legano, lo annullano, lo schiacciano, lo vestono e lo denudano, lo
imbrigliano, lo imprigionano, lo muovono e lo ri/muovono, lo aprono, lo tagliano
a pezzi, lo usano, lo vendono e lo comprano, lo portano a ballare, lo
martoriano, lo bucano, lo seppelliscono, lo cremano, lo abbandonano, lo
trascurano, lo decorano, lo maciullano, lo spiano, lo guardano, lo dipingono, lo
raffigurano, lo fotografano, lo filmano, lo amano, lo nutrono, lo accarezzano,
lo blandiscono, lo lusingano. "Lazzarone", "Figlio di Buona Mamma", "Figlio di
'Ndrocchia" e "Malacarne", erano alcuni degli epiteti con cui, a volte, da
ragazzi ci sentivamo affettuosamente apostrofare dai simpatici vecchietti dei
nostri paesi. Il "Malacarne" è chi non ha paura di vivere, chi ama fino in fondo
stare da questa parte, su questa terra, con il corpo, le mani, gli occhi e tutto
ciò che Dio comanda. Con Anna D'Elia abbiamo pensato di fare una sorta di elogio
dell'impertinenza e di regalarci un momento di ironica, aperta, laica
riflessione con le opere e le operazioni di tre fra i più bravi, sensibili ed
impertinenti fra i nostri artisti dell'ultima generazione.
Vito Intini
Natascia Abbattista
L'uso del video ha, di recente, reso possibile una rappresentazione del sé e
dell'altro prima impensabili.
Gli schermi si moltiplicano all'interno di installazioni di cui gli spettatori
entrano a far parte, assistendo dall'interno a ciò che accade.
Il video consente di mostrare le allucinazioni, le perturbazioni della mente,
l'alterato stato della percezione e di far vedere come agisca, cosa scateni
un'ossessione, una paura, una psicosi. Le allucinazioni vengono rese con effetti
speciali: prelevando, aggiungendo, spostando pezzi di realtà . Il corpo è
sottoposto a torsioni, sdoppiamenti, lifting virtuali che mostrano in diretta il
tendersi della pelle sotto la spinta delle visioni interiori o che ne alterano
la forma, i colori, le espressioni.
Il disagio che nasce dal non poter conciliare i luoghi in cui si vive, le facce
che li abitano, gli oggetti che li arredano con quelli desiderati, diventa nel
video " A Broken Frame"(2003) di Natascia Abbattista, schizofrenica
contrapposizione tra bianco nero e colore, sogno e realtà , stasi e
accelerazione. Anche l'immagine di sé, nascendo dalla fusione tra fantasmatico e
reale, rende impossibile ogni distinzione tra i diversi livelli. Il soggetto
all'acme del disorientamento, divenuto l'incarnazione delle altrui fantasie, le
assume in prima persona. L'erotismo vivendo all'interno di costruzioni
fantasmatiche mal si concilia con l'esperienza diretta. L'io desiderante è
destinato alla scissione, a meno che il sogno e la realtà non trovino un terreno
d'incontro, sia pure aleatorio e fugace.
Il montaggio fotografico, accostando corpi veri e finti, rende possibile
una sosta su soglie doppie in bilico tra passato realmente vissuto e proiezioni
immaginarie.
Il desiderio di una ragazza si incrocia con la visione di un artista e di
qui nasce una nuova realtà intermedia, in cui l'impossibile sembra avverarsi
come in un sogno, anche se solo per un istante.
In quest'ultimo lavoro, ispirandosi ai rituali della lap-dance e ai
desideri che muovono lo spettatore, Natascia Abbattista gioca su molteplici
spostamenti: dall'immagine vera a quella illusoria, dall'incontro in diretta con
la sua persona a quello fantasmatico che amplifica e dilata il vissuto che
ognuno integra con i propri sogni, le paure, i desideri, ma anche con le
svariate immagini di corpi femminili che popolano il personale schermo
immaginario. E' questo ad attivarsi durante la performance che vede gli
spettatori come veri protagonisti: sono loro infatti a riempire di desideri veri
il corpo due volte finto, che svela e occulta, danza e pensa, mostra e allude:
corpo d'arte o corpo di donna?
Anna D'Elia
Stefania Pellegrini
Viviamo in un'epoca di rapide mutazioni dalle quali non è immune il corpo o
l'idea che ciascuno se ne fa. E non si tratta solo di un'idea, poiché ciò su cui
si è tutti d'accordo, oggi, dopo il così gran parlare di look e body building è
che il corpo non sia un dato biologico, ma un costrutto: dunque una invenzione
culturale.
Ciascuno è chiamato a esprimersi attraverso il suo linguaggio di carne,
sia che quest'ultima venga usata nel tatoo come superficie, sia che divenga nel
piercing soglia da perforare o con ginnastica e diete, massa da plasmare.
Ma se la carne assolve alla funzione di velare e svelare l'anima, è al
vestito che spetta il compito di velare e svelare il corpo che vuol dire anche
presentarsi ora nelle vesti di una personaggio ora in quelle di un altro, dando
voce e ascolto alle numerose figure che ci abitano. Ma quali sono oggi queste
figure?
Già in un'opera precedente intitolata Cadavere Squisito (2001) Stefania
Pellegrini presentando un essere ibrido tra donna e mucca si chiedeva: è la
donna che si traveste da mucca o è la mucca che diventa donna?
- "Mangia il mio corpo, bevi il mio sangue ed io ti trasmetto il mio virus"-
dice la mucca alla donna.
Nutrendoci di altri corpi abbiamo un DNA che è la somma di tanti DNA.
Commestibili a nostra volta siamo catalogabili tra le specie destinate al
nutrimento di altre specie.
Ma è l'oggetto, oggi, a candidarsi al primo è posto quale partner della
carne. D'altronde, la frantumazione cui siamo sottoposti ci ha fatto abituare
da tempo all'idea di essere "organi senza corpo", il passo successivo è quello
che ci vede nel ruolo di supporti per abiti che assumono identità e ruoli
rivendicando la loro autonomia rispetto al corpo che coprono. E' il caso di
"xx-xy" (2003) abito-corpo dal cui busto fuoriescono collo, arti, seno, sesso.
E se non siamo soddisfatti dell'involucro di carne che ci ritroviamo
addosso è arrivato il momento di disfarsene. A Stefania occorrono due mesi per
costruirci su misura all'uncinetto l'abito-corpo che più ci aggrada.
Anna D'Elia
Pierluca Cetera
la pittura è morta
caro vito,
per cominciare una breve dissertazione sull'arte e (nel mio caso) sulla pittura,
mi rifaccio alla frase : "la pittura è morta", che accompagna la mia esperienza
nel mondo dell'arte. E' stata, infatti, proprio questa sentenza di morte sulla
pittura ad attirare il mio interesse verso questo mezzo destinato quindi
all'estinzione; cosa c'era dunque di più affascinante di occuparsi di un malato
terminale, pronto a raccogliere gli ultimi vagiti di una prossima "archeologia"?
A prescindere dal fatto che sono convinto che la previsione di estinzione della
pittura sia tutt'altro che imminente, ho cominciato comunque a "muovermi" nei
meandri della pratica pittorica come se fossi tra gli ultimi esponenti di
questa nobile e "primordiale" tecnica. Ho analizzato la pittura dal punto di
vista tecnico: tela che trasuda di colore oppure tavole ricoperte da vernici
trasparenti (anche organiche)
in omaggio alla pittura fiamminga del '400 il tutto facendo in modo da lasciare
scoperte alcune parti della superficie trattata in modo da evidenziarne tutti i
passaggi tecnici.
L'analisi continua anche per quanto riguarda il rapporto "visivo" legato alla
pittura, con alternanza di lucido e opaco che costringe ad una visione in
controluce e mette in evidenza la "pelle" pittorica; nel caso de le "MASCHERE",
il processo visivo è analizzato in maniera più profonda con riferimenti alla
percezione visiva monoculare(e quindi bidimensionale) e al coinvolgimento di
altri sensi nel rapporto con l'opera d'arte.
Infatti, l'analisi non è fredda e minimale, ma carnale e passionale, traducendo
la convinzione che la pittura sia ancora l'espressione di una pratica sessuale
(che parte come una esperienza masturbatoria da parte dell'artista, ma che può
fecondare o violentare lo spettatore che si immedesima in quell'esperienza). Per
questo, nel caso delle "maschere" lo spettatore è invitato a guardare attraverso
l'opera perforata per condividere una visione altra e quindi ad appoggiarsi sui
corpi nudi della superficie pittorica che, come accennavo prima, è densa di
vernici... Anche i soggetti trattati rimandano alla storia della pittura :
sacro, psicanalitico, sessuale, antropologico, filosofico...
Ogni volta mi piace rimettere tutto in discussione e cominciare ad trattare il
"moribondo" con nuove cure, sperando alla fine che la pittura non muoia. Ciao.
Pierluca Cetera
Inaugurazione Sabato 25 Ottobre 2003 dalle ore 19
"Lap-dance" performance di Natascia Abbattista.
Anna D'Elia presenterà il suo libro Diario del Corpo,
frammenti, immagini, connessioni tra sé e il mondo
Unicopli, Milano 2002
Saranno presenti gli artisti.
Durata: 25 ottobre-30 novembre 2003
Orario: dal lun. al ven.18-20 ( o su appuntamento)
Nel'immagine un'opera di Natascia Abbattista
KUNSTHALLE
Associazione Culturale Arti Visive
Via Sant'Agostino 63 b(dietro la chiesa matrice) 70015 Noci (BA)
tel. 080 4055504