Villa Serena
Bologna
Via della Barca, 1
051 6154447 FAX
WEB
Innamorato Jansen Martena
dal 7/11/2003 al 6/12/2003
051 6156789 FAX 051 6152598
WEB
Segnalato da

Valentina




 
calendario eventi  :: 




7/11/2003

Innamorato Jansen Martena

Villa Serena, Bologna

In mostra i lavori dei tre artisti. Una collaborazione Caref - Villa Serena. Daniele Innamorato e Cindy Jansen lavorano entrambi con la fotografia, pur giungendo a risultati formali molto differenti. Annamaria Martena lavora con il video.


comunicato stampa

Una collaborazione
Careof / Villa Serena


Sabato 8 novembre
ore 17:00
- presentazione progetto (Mario Gorni, Alessandra Borgogelli, Carlo Terrosi)
- rassegna video digitali presentati da Mario Gorni (gestore del centro Care/of)
ore 19:00
- inaugurazione mostra di Daniele Innamorato, Cindy Jansen, Annamaria Martena, in collaborazione con il Care/of

La rassegna di video digitali, presentata da Mario Gorni, consiste in una selezione di lavori in video realizzati da giovani artisti di varie nazionalità che, distanziandosi dall’uso tradizionale del mezzo video, guardano a una produzione che si avvalga delle possibilità di animazione tridimensionale, sempre più sofisticate, offerte dalla ultimissime tecnologie. La maggior parte di questi lavori non sono mai stati proiettati in Italia.
La mostra ospita i lavori di tre giovani artisti.
Daniele Innamorato e Cindy Jansen lavorano entrambi con la fotografia, pur giungendo a risultati formali molto differenti. In questa mostra i loro lavori sono accomunati dalla ricerca tematica: i due artisti ci propongono un mondo ai margini della società, quello dei transessuali.
Annamaria Martena lavora con il video. A Villa Serena sarà proposta sua una rassegna video antologica, in cui verranno presentati cronologicamente i suoi lavori più significativi, realizzati in vari periodi del suo percorso artistico.
Careof / Villa Serena è l’evento che apre una collaborazione tra il Care/of, Villa Serena e Le Macchine Celibi. L’intento è quello di una messa in rete degli eventi artistici e delle mostre che dallo spazio milanese del Care/of potranno essere riproposte e ospitate a Villa Serena e viceversa delle iniziative che da Bologna potranno spostarsi a Milano, o nella organizzazione di eventi in comune dislocati tra le due città.
Il rapporto di collaborazione tra le due strutture si inserisce in un progetto più ampio che sta prendendo piede nella città di Bologna in questo momento. Si tratta di BO.ART, progetto che nasce dalla necessità di rafforzare e rilanciare il ruolo e l’immagine di Bologna nel settore artistico e culturale. BO.ART è un progetto ancora in progress che parte da Bologna, ma che punta a inserire la stessa città in un circuito artistico europeo e internazionale. Una collaborazione tra singoli operatori, spazi espositivi e Istituzioni è spinta dalla necessità di portare o riportare a Bologna quella vivacità artistica e culturale che ha sempre connotato la nostra città.

La mostra resterà aperta da sabato 8 novembre a sabato 6 dicembre, tutti i venerdì e i sabato dalle 22:00 all’1:00 e, su prenotazione, in altri giorni e orari.

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ANNAMARIA MARTENA

Un difetto della vista, normale quanto banale, è lo spunto iniziale per il lavoro video della Martena. Partire da sé comunque e raccontarci come si vede il mondo. Non è forse questo il lavoro degli artisti? La sequenza cronologica delle sue produzioni ci racconta anche il crescere e lo sviluppo delle sue riflessioni. “-4,75 -4,50 -5,25 -200 asse 5” è il titolo complicato del suo secondo lavoro, è anche la diagnosi del suo oculista, e sono le misure delle lenti addizionali messe sulle due telecamere attive durante un breve percorso in un luogo qualsiasi, non connotato e secondario, un luna park con tutte le sue luci colorate e con tutta la sua carica di indifferenza, ma tanto da mostrarci l’effetto della sua miopia, come lei “vede veramente” il mondo, senza le correzioni ottiche cui è costretta a ricorrere. È un biglietto da visita e una promessa. La convergenza è un altro elemento fondamentale della vista, quindi anche della visione, anche della nostra. La capacità di afferrare un oggetto collocato nello spazio, l’informazione sulla sua collocazione esatta, la misura della distanza ci viene fornita dalla convergenza oculare, e “Convergence” è il titolo del suo terzo impegno artistico: lo schermo diviso in due, l’oscillazione banale di un’altalena ci taglia il paesaggio in movimento in due parti, constringendoci ad uno strabismo acuto fino a che il movimento si appiana per farci tornare un po’ storti alla nostra calma interiore. Una doppia visione, una a destra e l’altra a sinistra, la difficoltà di seguirle ambedue, solo Mel Brooks avrebbe saputo farlo. E poi la visione del doppio simultaneo, regalatoci in un momento di grazia, il doppio di sé, un “Surplus” narciso, due Martene che ammiccano rapite di sé, incuranti di noi che la osserviamo e anche noi, un po’ di lei rapiti, seguiamo il ripertersi dei movimenti speculari, lenti e garbati, ma per poco. Il limite del fastidio di VU Meter ci divide fra e tra, ancora fra la destra e la sinistra, sulla nostra linea mediana, e tra il piacere di ascoltare e il fastidio della perturbazione, sempre lei, insistente e cocciuta, a cavallo del godimento del classico e delle serate sudate in discoteca, un fastidio stereo, senza lasciarci lo spazio di decidere cosa seguire, la destra o la sinistra. Tu ci dividi in due, Martena, e solo se prediamo noi stessi le distanze ce la caviamo, e con la distanza la perdita! "Pianosequenza" ci racconta la perdita, ci getta impietosamente nell’indefinitezza, la velocità della visione non è sufficiente, la nostra capacità di lettura è lenta, la macchina ci stanca e riusciamo a trattenere poco di quello che avremmo voluto, siamo nell’imperfezione dell’indefinito con la nostra imperfezione limitata. E ci dobbiamo rassegnare così. Con un salto a partire dalla banalità delle cose intorno a noi alla meditazione sui nostri limiti che ci rendono così imperfetti e vulnerabili.
MARIO GORNI



LELE INNAMORATO CINDY JANSEN

Nel lavoro di Lele Innamorato e di Cindy Jansen è interessante il tentativo di discutere su come portare alla luce realtà scomode facendole diventare arte. Il dibattito è aperto e sarebbe lungo, ma la necessità principale resta lo stabilire, come unico punto fermo, che all’arte e alle immagini non si possono e non si devono mai porre limiti.
Lele Innamorato vive parte della sua vita frequentando e raccontando aspetti di una società ai margini, amara conseguenza e logico complemento di quella fissata nei video della Jansen. Le loro opere portano al livello dell’arte la droga, la tossicodipendenza, il sesso, l’omosessualità, l’identità transex.
Nel caso di questa mostra, il punto in comune tra i due artisti è l’attitudine narrativa, la volontà di raccontare con realismo e senza filtri interpretativi, almeno in apparenza, la loro vita e la vita di personaggi che hanno scelto lo stile e l’identità del travestitismo, dell’eccesso, della prostituzione.
Lele Innamorato struttura il racconto fotografico di una notte passata insieme a due travestiti suoi amici, come fosse un piano sequenza cinematografico, destrutturato all’interno della mostra in tanti singoli frame, citando e sentendosi a proprio agio in compagnia della migliore tradizione fotografica contemporanea, da Nan Goldin a Wolfgang Tillmans a Jack Pierson, e su questo percorso incrociando l’esperienza di Terry Richardson, Harmony Korine e Bruce Labruce. Dall’interno dell’abitazione alla strada, li segue nelle loro performances notturne, mentre scherzano, litigano, fanno l’amore, si sballano, si prostituiscono.
Anche nel caso del lavoro video di Cindi Jansen ad essere raccontati sono dei trans, ma stavolta non si tratta di amici dell’artista, le immagini sono o sembrano rubate nella notte di una società ai margini, in atteggiamenti di reazione, derisione, complicità, con avventori, possibili clienti, semplici automobilisti.
La conoscenza come percorso per arrivare alla coscienza: questa l’operazione che esegue sulla nostra psiche l’opera dei due artisti in mostra. Spostare dall’immaginazione alla cognizione i lati più sospetti del nostro pensiero. La reazione che si ha di fronte a certe immagini esplora il nostro inconscio e fa uscire i nostri pensieri reconditi, le idee represse, ci fa capire fin dove accettiamo e dove non riusciamo. È un insegnamento, un corso interiore che aiuta a capirci ma deve (e può) anche aiutarci a spostare più in la il nostro livello di comprensione e tolleranza verso un mondo che non possiamo ignorare. Non c’è alcun intento moralistico o critico, in certo tipo di immagini, ma solo la voglia di raccontare aspetti dell’esistenza, osservati da un’altra angolazione, più rilassata e serena, non bigotta, che non può essere ignorata, né iper considerata, ma solo vissuta con naturalezza nella speranza di stimolare riflessioni ulteriori su concetti quali libertà, identità, tolleranza, partecipazione.
GIGIOTTO DEL VECCHIO



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