Cardelli & Fontana arte contemporanea
Rovi da far calce. Simone Pellegrini sceglie di lavorare cosi', a partire da frammenti iconografici i quali sono in realta' nuclei di un figurare che potrebbe declinarsi ampio, ove accogliesse i protocolli della retorica, ma che si compie cosi', per sintesi estrema e generazione prima, in una traccia che e', in se', senso compiuto e gia' frammento.
"Rovi da far calce"
Sono come sinopie combuste, tracce d'un epos altrimenti aggraziato, tra
sapore di fresco popolare e filigrane di mito sorgivo.
Simone Pellegrini sceglie di lavorare così, a partire da frammenti
iconografici i quali sono in realtà nuclei di un figurare che potrebbe
declinarsi ampio, ove accogliesse i protocolli della retorica, ma che si
compie così, per sintesi estrema e generazione prima, in una traccia che è,
in sé, senso compiuto e già frammento.
Nel tempo, tra fogli minimi e impressioni - ma si deve dire, in realtà , di
impronte: ed è curioso, in quest'epoca, parlare di matrix. - su quelle
grandi carte che valgono, lo ha ben indicato Fanelli, palinsesti, Pellegrini
va tramando una tutta sua storia generale dei gesti essenziali, e delle
forme prime d'un naturale non ancora filtrato dalla pulcrizzazione
intellettuale.
Uomini, donne, animali, alberi; soprattutto, territori marcati come spazi di
senso, chiostre d'alberi oppure quadrati dimora entro cui i singoli corpi,
le singole azioni, si fanno destino, e relazione, storia infine. Oppure
teorie, svolgimenti che avverti illimiti, già in odore di fregio continuo a
marcare, remitizzare, un'altra dimora, uno spazio concreto e implicitamente
sacrato di vita.
Questa essenzialità , questo valore primario, bruscamente antiretorico, fa
del disegno la lingua unica possibile. Un disegno turgido, beninteso, che
s'impregna di noir matière e d'una fisiologia della traccia che ne dice la
fragranza organica, impregnata "di sudore, di sperma, di sangue" (così, alla
Genet, a suggerire una radice maudite ben percepibile) e di un colore che si
deposita appena, sedimento inestetico, vagamente digrignante, sostanza mai
pelle.
Avverti, di questo disegno, la facoltà di dipanarsi sottile, e di farsi
portatore d'un gusto; ma da subito, anche, il sospetto della grazia facile,
del meretricio sensibile. Disegna, Pellegrini, come accumulando, e nel tempo
scandito, a sua volta storico, della costituzione dell'immagine,
continuamente sottraendo: da qui quel suo lavorare per impressione di
frammenti alla prima paratattica, poi via via sempre più orientata verso un
logos introverso di spazio, di narrazione.
Vuole avvertire la pienezza fastosa, in fervida contaminazione, dell'eros
fabrile, Pellegrini, ma subito farla transitare ad altro, a una carnalitÃ
sospesa che sta tutta entro la partitura di quella visione grande, e che nei
suoi modi ritratti, quasi riottosa, infine racconta. (Flaminio Gualdoni)
Inaugurazione Sabato 13 dicembre 2003
Testo critico di Flaminio Gualdoni
Cardelli & Fontana arte contemporanea
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