Cardelli & Fontana arte contemporanea (vecchia sede)
Sarzana (SP)
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Simone Pellegrini
dal 12/12/2003 al 31/12/2003
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12/12/2003

Simone Pellegrini

Cardelli & Fontana arte contemporanea (vecchia sede), Sarzana (SP)

Rovi da far calce. Simone Pellegrini sceglie di lavorare cosi', a partire da frammenti iconografici i quali sono in realta' nuclei di un figurare che potrebbe declinarsi ampio, ove accogliesse i protocolli della retorica, ma che si compie cosi', per sintesi estrema e generazione prima, in una traccia che e', in se', senso compiuto e gia' frammento.


comunicato stampa

"Rovi da far calce"

Sono come sinopie combuste, tracce d'un epos altrimenti aggraziato, tra sapore di fresco popolare e filigrane di mito sorgivo.
Simone Pellegrini sceglie di lavorare così, a partire da frammenti iconografici i quali sono in realtà nuclei di un figurare che potrebbe declinarsi ampio, ove accogliesse i protocolli della retorica, ma che si compie così, per sintesi estrema e generazione prima, in una traccia che è, in sé, senso compiuto e già frammento.
Nel tempo, tra fogli minimi e impressioni - ma si deve dire, in realtà, di impronte: ed è curioso, in quest'epoca, parlare di matrix. - su quelle grandi carte che valgono, lo ha ben indicato Fanelli, palinsesti, Pellegrini va tramando una tutta sua storia generale dei gesti essenziali, e delle forme prime d'un naturale non ancora filtrato dalla pulcrizzazione intellettuale.
Uomini, donne, animali, alberi; soprattutto, territori marcati come spazi di senso, chiostre d'alberi oppure quadrati dimora entro cui i singoli corpi, le singole azioni, si fanno destino, e relazione, storia infine. Oppure teorie, svolgimenti che avverti illimiti, già in odore di fregio continuo a marcare, remitizzare, un'altra dimora, uno spazio concreto e implicitamente sacrato di vita.
Questa essenzialità, questo valore primario, bruscamente antiretorico, fa del disegno la lingua unica possibile. Un disegno turgido, beninteso, che s'impregna di noir matière e d'una fisiologia della traccia che ne dice la fragranza organica, impregnata "di sudore, di sperma, di sangue" (così, alla Genet, a suggerire una radice maudite ben percepibile) e di un colore che si deposita appena, sedimento inestetico, vagamente digrignante, sostanza mai pelle.
Avverti, di questo disegno, la facoltà di dipanarsi sottile, e di farsi portatore d'un gusto; ma da subito, anche, il sospetto della grazia facile, del meretricio sensibile. Disegna, Pellegrini, come accumulando, e nel tempo scandito, a sua volta storico, della costituzione dell'immagine, continuamente sottraendo: da qui quel suo lavorare per impressione di frammenti alla prima paratattica, poi via via sempre più orientata verso un logos introverso di spazio, di narrazione.
Vuole avvertire la pienezza fastosa, in fervida contaminazione, dell'eros fabrile, Pellegrini, ma subito farla transitare ad altro, a una carnalità sospesa che sta tutta entro la partitura di quella visione grande, e che nei suoi modi ritratti, quasi riottosa, infine racconta. (Flaminio Gualdoni)

Inaugurazione Sabato 13 dicembre 2003


Testo critico di Flaminio Gualdoni
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