Tre città , due Soli, un artista, per una suggestiva mostra che unisce i tempi, accompagnando alle opere di oggi testimonianze archeologiche di epoca romana, paleocristiana e medioevale. Questa, in sintesi, la grande esposizione che il Museo Civico di Piazza del Santo, per iniziativa dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, propone dal 23 settembre al 17 dicembre 2000, intorno all'arte di Luciano Schifano.
Tre città , due Soli, un artista, per una suggestiva mostra che unisce i tempi,
accompagnando alle opere di oggi testimonianze archeologiche di epoca romana,
paleocristiana e medioevale.
Questa, in sintesi, la grande esposizione che il Museo Civico di Piazza del
Santo, per iniziativa dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Padova,
propone dal 23 settembre al 17 dicembre 2000, intorno all'arte di Luciano
Schifano.
Assisi, Firenze e Padova, le tre città , artisticamente accomunate nel nome di
Giotto, trovano ulteriore legame nella comune tradizione francescana che ha nei
santi Francesco a Antonio i due Soli ed in Luciano Schifano il maggiore
interprete contemporaneo. Ripercorrendo i modernissimi ed eterni valori che
Francesco e Antonio otto secoli fa lanciavano al mondo, Schifano rivive il
cristianesimo primigenio che si incentra sullo slancio della fratellanza,
mutuando i valori del messaggio francescano nel linguaggio universale dell'arte
con il suo inconfondibile stile. Esemplari, in questo senso, sono le 24
suggestive vetrate della cripta di Santa Croce, la chiesa francescana di
Firenze, realizzate dal maestro e collocate nel 1995.
Per Schifano, i numerosi critici che di lui si sono più volte occupati - da
Flavio Caroli a Luciano Cabuti, Franco Cardini, Francesco Gurrieri, Gastone
Favaro, Bruno Santi, Pier Giorgio Solinas, Toti Carpentieri... hanno
evidenziato, via via, richiami ai Fauves, all'Impressionismo, alla pittura
classica, alla Transavanguardia.
Schifano "nel suo svolgere con senso altamente decorativo temi nei quali la
radice figurativa risulta affidata soprattutto alla scelta dei colori puri e
brillanti provocatoriamente accordati con geometrismi piatti che non concedono
sfumature tridimensionali, si raccorda senza timori riverenziali e con piglio
forte e sicuro ad illustri referenti e a grandi movimenti culturali scevri di
inflessioni provinciali, sempre tuttavia senza farsene inglobare. E anzi,
conservando integra e riconoscibile la propria individualità fatta appunto di
classicismo e di umori popolareschi, di grandi finezze liriche e di eccitanti
violenze, di sottile e quasi sempre struggente poesia, ma anche di corposa e
vibrante carnalità " (Dal catalogo "Immaginiamo un tema sacro", 1983).
La sua è stata definita come "ossessiva, trasognata, talora delirante ricerca di
autenticità , nella drammatica volontà , umana prima ancora che artistica, morale
prima ancora che estetica, di scavare i significati profondi dell'esistenza e
nello sforzo sempre continuo, sofferto, urlato, di comunicarli all'esterno di
sé, affidandoli, sembrerebbe quasi casualmente, ad operazioni manuali, gestuali
sempre perfette, ineccepibili, ma drammaticamente provocatorie, che alla fine si
adeguano alla realtà delle strutture formali rappacificando il rapporto in
raggiungimenti mai indifferenti o usuali".
Ma forse la definizione più autentica è quella di Flavio Caroli che definisce
Schifano "pittore nato".
Nella mostra che a lui dedica la città di Padova, con la direzione di Gianfranco
Martinoni, Schifano indaga la simbologia francescana, da vita ai personaggi del
Cantico delle Creature ma compie anche una sottile e suggestiva indagine
all'interno della origine universale di questa iconografia. Lo fa attraverso il
confronto con poche, sceltissime, opere dell'arte romana, paleocristiana e
medioevale, simboli più che elementi di una indagine organica e, in quanto
simboli, sentiti ed espressi dall'artista.
Di epoca romana, concessa dalla Soprintendenza Archeologica per il Veneto, è la
stupenda immagine di Mercurio, affresco del secondo secolo, proveniente dal
ninfeo di una domus veronese. Il dio del commercio vi è raffigurato in "gaudente
nudità " e Schifano ha visto in questa iconografia "una allusione alla vita
giovanile di Francesco, caratterizzata dall'appartenenza alla classe mercantile,
non priva anche nel Medio Evo di quella ricchezza e di quegli agi ai quali
Francesco, nato e cresciuto in una famiglia di ricchi mercanti, rinunciò per
indossare il saio".
Il secondo reperto è di epoca imperiale ed è la rappresentazione della "Pesca di
San Pietro", "momento iniziale della militanza del Principe degli Apostoli". Il
sarcofago proviene da Pirri, oggi sobborgo di Cagliari.
Ancora da Cagliari provengono i vasi in maiolica, impreziositi da motivi
decorativi simbolici, rinvenuti nello scavo del Convento delle Clarisse.
Risalgono all'epoca della vista di Francesco e provengono dal Maghreb (?), una
scelta, questa, con cui Schifano rende omaggio all'Africa sahariana, sua terra
di origine e agli scambi lungo le rotte del Mediterraneo.
L'azzurro di questo mare, i colori solari delle terre che lo circondano, il
vitalissimi crogiolo di culture e di sensazioni si risentono tutti intensamente
nella pittura di Schifano. La dominano, ne sono l'humus vitale, la fonte di
ispirazione, intridono la meravigliosa tavolozza dei suoi colori.
"DUE SOLI. Luciano Schifano, Francesco e Antonio". Padova, Museo Civico di Piazza del Santo, Piazza
del Santo 12. Dal 23 settembre al 17 dicembre 2000. Direzione della mostra
Gianfranco Martinoni. Orario: 10.00 - 13.00 / 15.30 - 18.30. Chiuso lunedì.
Ingresso: interi lire 5.000, ridotti lire 3.000. Catalogo Bandecchi e Vivaldi
editori, con presentazioni di Franco Cardini. Segreteria organizzativa: Fiorenza
Scarpa, Tel. 049 820.45.44 - Fax 049 820.45.45.
Ufficio stampa: Studio Esseci, Tel. 049.66.34.99 fax 049.655098 Email
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