Un'atmosfera velata e offuscata affiora dalle fotografie racchiuse sotto vetri convessi di Sighicelli. Guardare le cose, coglierne punti di interazione fisica, costituiscono parte della riflessione di Romano.
Lo studio di Elisa Sighicelli è avvolto nella luce; grandi finestre si aprono sulla strada affacciandosi sugli edifici di fronte dove tende colorate o a righe, di plastica o tessuto riparano i balconi dai raggi del sole. Si sente una musica provenire da fuori, mi sembra di ricordare il suono di un clarinetto, la melodia è incantevole, anche se non è possibile identificare da quale appartamento provenga, e chi ne sia l’artefice.
A luglio quando torniamo in studio fa molto caldo, le finestre sono aperte e protette da grandi tessuti come veli che filtrano il sole, mossi leggermente dall’aria del ventilatore. I balconi di fronte non sono più visibili e anche il clarinetto ha smesso di suonare, eppure percepisco la presenza di tutti quegli elementi, in un misto di ricordo e immaginazione. Punti di riferimento si sovrappongono così da mescolare una sensazione vissuta, ricordata o solo immaginata.
Un’atmosfera velata e offuscata affiora osservando le fotografie racchiuse sotto vetri convessi di Elisa Sighicelli. Attraverso la trasparenza della materia, l’occhio coglie un’immagine sfumata e abbacinante come la linea dell’orizzonte mosso dal caldo nelle giornate d’estate, o come la nebbia che avvolge e nasconde, confondendo i contorni, e lasciando alla memoria il compito di ricostruire la strada. Come nelle bolle di sapone la luce si riflette nel vetro tondo e l’immagine di chi guarda e dell’ambiente circostante entrano nell’opera in una visione fluida, mutevole, che varia dal punto di osservazione. Nel suo lavoro Elisa Sighicelli compie un’indagine intorno alla rappresentazione, alla collocazione fisica degli oggetti, al loro essere ritratti, alla loro presenza concreta e alla loro percezione nello spazio e nella memoria. Guardare le cose, accarezzarle con la vista, con il tatto, ricordarle, coglierne punti di interazione fisica costituiscono anche parte della riflessione artistica di Andrea Romano.
La luce del neon di Potsherds and Gazes assume una forma astratta di linee che si fondono in un’unica figura; sono le tracce essenziali che segnano i contorni e i punti in cui corpi si sfiorano e si toccano. Linee ricordate di contatti visti in altre immagini, della cultura pop, come dei cartoni animati, che, tradotte nel disegno dei tubi luminosi, diventano il punto di partenza per nuove suggestioni alimentate dall’immaginazione e dai sensi che la luce abbacinante pervade. I tubi fluorescenti color pastello si snodano sinuosi in una forma organica, suadente, e insieme all’immagine liquida dei tondi convessi di Elisa Sighicelli, stimolano il voyeurismo dell’occhio alla ricerca dei contorni e delle forme di oggetti e corpi indistinti. Come nei giochi enigmistici, le opere avvolte da una sensazione di mistero forniscono un’atmosfera indefinita, perturbante, e incitano la curiosità a conoscere attraverso la memoria e i sensi.
Inaugurazione 4 ottobre ore 18
Studio Medico
via Vincenzo Bellini, 1 (ingresso via Conservatorio 20) Milano
su appuntamento
ingresso libero