Galleria del Carbone
Ferrara
via del Carbone, 18/A
0532 761642 FAX 0532 761642
WEB
Nei cassetti della memoria
dal 1/10/2004 al 24/10/2004
335 5350902 FAX 0532 761642

Segnalato da

paolo volta




 
calendario eventi  :: 




1/10/2004

Nei cassetti della memoria

Galleria del Carbone, Ferrara

Stefano Canepari lavora nello studio, chiuse porte e finestre, resta solo con i suoi grandi miti della pittura, i Fiamminghi, i Manieristi toscani, le illusioni secentesche e l'idea della pittura che si fa con la tecnica, con lo studio dei colori, le velature, i rapporti cromatici...


comunicato stampa

presentazione di Laura Gavioli

Stefano Canepari ha negli occhi Bosch, Rembrandt, l'enigmatico Vermeer, Pontormo e Rosso Fiorentino, l'illusione barocca... Ne ha assorbito l'idea dello spazio, la studiata tonalità delle figure, sempre sole, o al massimo accoppiate, isolate, travestite nelle loro tuniche esagerate; sarebbero dei pulcinella che giocano nel pioppeto della golena del Po se la luce irreale non ci portasse fuori dal contesto. La scena dei quadri, all'apparenza naturalistica, non appartiene affatto alla realtà, semmai si riferisce ad una realtà storica, consacrata dalla storia dell'arte, quindi ad una realtà mediata, culturale. Anche quando il cielo è attraversato da un aereo, non siamo nel ventesimo secolo e il personaggio del dipinto che si accinge a guardare la scena è una figura fuori del tempo, avvolto dentro un abito secentesco. Si percepisce quella sensazione metafisica, quell'estraniamento che attiva nel nostro intelletto la prevalenza della fantasia sulla realtà, così ben teorizzata dai Surrealisti. I ritratti, scanditi con lucida introspezione, sono del tutto estranei a qualunque riferimento contingente, non hanno un nome, non fanno parte di un tempo determinato, appartengono all'ambito delle visiones, termine con il quale si indicano le immagini che prendono forma nell'animo dell'artista: egli è capace di evocare cose assenti in modo tale che sembra di vederle con gli occhi e di averle ben presenti.
Canepari lavora nello studio, chiuse porte e finestre, resta solo con i suoi grandi miti della pittura, i Fiamminghi, i Manieristi toscani, le illusioni secentesche e l'idea della pittura che si fa con la tecnica, con lo studio dei colori, le velature, i rapporti cromatici.... Lui è completamente attirato dentro la magia della pittura e dei suoi riti, così piano piano le visioni prendono corpo, qualche volta si concedono un frammento di paesaggio piacentino, anche il Po e le colline, le cascine, un animale, ma sono porzioni di realtà evocate, mentali, che vivono solo attraverso il sentimento.
______

Nei cassetti della pittura
conversazione con Stefano Canepari
Lunedì 6 settembre 2004, allo studio di Stefano Canepari, a Piacenza, dobbiamo scegliere le opere da mandare a Ferrara alla Galleria del Carbone. L'occasione è favorevole per parlare del lavoro destinato a questa mostra, anzi io penso istantaneamente che sarebbe giusto offrire una chiave di lettura ai visitatori ferraresi dell'esposizione e ai lettori del catalogo che si andrà a stampare.

Le tavolette dipinte, spesso preziose di numerosi interventi e velature aggiunte nel tempo, e anche i disegni e le tempere invece realizzati appositamente per questa rassegna sono sparsi nello studio: questo nucleo di opere si presta ad una riflessione sul lavoro che, inaspettatamente, viene spontanea all'artista, di solito riservato e schivo.

Devo premettere, per orientare il fruitore che non conosce l'opera di Canepari, che l'artista tiene una cassettiera nello studio dalla quale, solo se lui è dell'umore giusto ed è disposto a tirare un ripiano-cassetto, possono uscire centinaia di tavolette dipinte nell'arco degli ultimi venti e più anni. Sono lavori più o meno compiuti, talvolta intoccabili, tanto preciso e definitivo può essere il messaggio contenuto nell'opera e che rimbalza subito all'occhio dell'osservatore smaliziato come una ''mirabile visione''. Quello che è davvero impressionante risulta l'attualità delle immagini le quali, non proponendo un riferimento diretto alla realtà esterna, fisica, ma essendo esclusivamente il frutto dell'interiorità, non sono mai fuori tempo. Quindi attingere a questo fondo di opere inedite, a volte completarle o rileggerle con un diverso punto di vista, comporta un'operazione circolare, a se stante (infatti i lavori non sono datati o databili sicuramente), che permette all'artista di essere sempre presente alla sua pittura come se stesse realizzando la stessa, unica opera. Le tavolette sarebbero proprio i frammenti, i particolari sospesi e rinchiusi nei cassetti, dimenticati spesso, che riemergono all'occorrenza...

Per favorire il nostro dialogo io metto avanti delle brevissime osservazioni e cerco di tenere a fuoco l'argomento cruciale della nostra conversazione. Si tratta di una trascrizione fedele che riporta le frasi originali, con le sospensioni espresse dai puntini e il classico andamento ''parlato'' che richiede al lettore un piccolo sforzo di comprensione.

- Come si può spiegare questo lavoro?
Sto facendo un recupero rispetto agli anni Ottanta, magari con un atteggiamento meno ludico, certamente più macerato, anche più razionale. Sono partito con le deformazioni anamorfiche, mi interessava l'idea della modificazione dello spazio; chi c'è dentro non si rende conto delle coordinate del cambiamento. Questo è stato il primo lavoro culminato con la mostra del 1987 agli Amici dell'Arte di Piacenza. Poi ho indagato e dipinto la ''compressione degli spazi''. Sono sempre metafore della realtà, spariscono completamente i punti di riferimento (negli anni Novanta), lo spazio che riassorbe e si mangia la figura..., l'unica luce che ci illumina alla fine è quella di una candela: la vitalità, metafora dei valori della vita di una persona.

Nel 1991 faccio una mostra su questo tema, passiamo dalle deformazioni ad una specie di teatrino per rappresentare delle storie d'amore, di gioco, di violenza. Sparisce l'individuo, riassorbito dal fondo del quadro, amorfo, né luce né ombra ma un fondo capace di riassorbirti.

- E le figure? I personaggi, quelli non più metaforici ed esagerati, quelli ''reali'', quando compaiono?

Poi, dopo queste esperienze, sono entrato nel ''ritratto'', come indagine psicologica del personaggio (tutti i personaggi sono inventati) e nella texture della pittura, portando avanti un'idea di ''polverizzazione dell'immagine'', non in senso puntinistico, di pittura divisionista, ma come macerazione, lavorio del pennello, la pittura che si fa in tempi lunghi e meditati.

- E adesso cosa fai? Vedo dei disegni e dei dipinti a tempera, sempre degli esperimenti, vero?

Adesso ho ripreso il disegno e sto ritornando a rivivere i vecchi temi dei Pulcinella. La perdita dei punti di riferimento si sta realizzando nella realtà (rapporti con lo spazio reale). Mi interessano i personaggi di contorno della scena, non quelli che fanno la storia ma quelli che la subiscono.

- C'è una specie di circolarità nella tua storia con i cassetti pieni di immagini dipinte dieci, venti anni fa che, ciclicamente, possono riaffiorare alla realtà, stupirti e stimolarti a farle diventare un'immagine attuale...

Il riadattamento è sempre diverso; quando ho ripreso il lavoro di riappropriazione dell'immagine avevo quasi dimenticato tutto il lavoro più prossimo a me e quindi ho ricominciato da capo. Mi sono ritrovato in uno spazio senza luce e senza colori... devi ricercare dei punti di riferimento che, per forza, riprendi dalla tua storia... Si vede questa fatica di riorganizzare... come se fossi rientrato in uno spazio affascinante ma imprevedibile, senza passato e senza futuro... un senso di precarietà, un senso di non essere più capace di riconoscere i fili che ti legano con il passato... sto ritornando ''a riveder le stelle''...
Laura Gavioli

Galleria del Carbone
Via del Carbone, 18/a
Ferrara

IN ARCHIVIO [94]
Paul Bright e David Houston
dal 10/7/2015 al 1/8/2015

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede