Less Than - Inaugurazione dell'opera permanente: secondo atto del progetto 'Invito a', ideato da Claudio Parmiggiani. L'opera permanente di R. Morris e' stata pensata appositamente per il segreto e silenzioso Chiostro Piccolo ed e' composta da due parti: una materiale, l'altra immateriale, una scultura in bronzo associata a suoni industriali che vengono emessi al crepuscolo.
Less Than - Inaugurazione dell'opera permanente
Si inaugurerà il 19 febbraio 2004 nel Chiostro Piccolo (o Chiostro dei Morti) nel complesso dei Chiostri di San
Domenico a Reggio Emilia Less Than l’opera di Robert Morris, nell’ambito del
progetto, Invito a Luciano Fabro, Sol LeWitt, Eliseo Mattiacci, Robert
Morris e Richard Serra, ideato da Claudio Parmiggiani.
Il progetto giunge così al suo secondo atto, dopo l’inaugurazione nel
settembre 2004 di Wirls and Twirls 1 di Sol LeWitt, opera permanente
realizzata per la Sala di Lettura della Biblioteca Panizzi.
Invito a, che si completerà nell’arco dei prossimi due anni, muove dall’
esigenza del Comune di Reggio Emilia, nella veste di committente pubblico,
di realizzare in luoghi storici e significativi della città , cinque opere
permanenti al fine di donare alla comunità testimonianze particolarmente
significative dell’arte del nostro tempo, rifuggendo dalla pratica, oggi
sistematica, della produzione di manifestazioni artistiche perlopiù
temporanee configurandosi, invece, nel cammino opposto, nell’opera come
valore acquisito in forma permanente.
Nato dalla volontà del Comune di Reggio Emilia e dei Musei Civici, Invito a
trova nell’azienda Max Mara il suo sponsor principale.
Non è prassi d’uso che un artista rivolga un invito ad un altro artista ma
questo, è ciò che accade con questo progetto, dove è appunto un artista,
Claudio Parmiggiani a rivolgersi ad artisti che, dentro una tradizione,
hanno saputo aprire prospettive in una lingua nuova. L’invito a Fabro,
LeWitt, Mattiacci, Morris e Serra ha tenuto conto, in primo luogo, di
presupposti di rigore intellettuale e della riconosciuta importanza della
loro opera unita a una forte consapevolezza di cosa significhi per un’
artista fare arte oggi, specialmente, quando è richiesta una riflessione
nella memoria di una comunità e la congiunzione al delicato ed intimo suo
essere nei luoghi, nella storia, nell’anima.
Opere che siano, dunque, espressione della più autentica solidarietà con l’
ambiente e la sua realtà . Un’arte meditativa “al servizio della
collettività â€, un’arte che sappia rivolgersi all’osservatore che, ricettivo
e consapevole, ne colga la valenza etica e civile. Un’arte al servizio dell’
intelligenza e dello spirito, che adempia alla sua funzione estetica e
culturale, nella società contemporanea che vuole lasciare segni tangibili e
testimonianze di valore nel suo divenire.
Reggio Emilia sta vivendo una stagione di grandi cambiamenti ed evoluzioni.
In questa visione, che guarda al futuro in special modo, si pone il progetto
Invito a un investimento in cultura e sapere, elementi sempre più
strategici e inscindibili da uno sviluppo consapevole e sostenibile.
Less Than di Robert Morris
L’opera permanente di Robert Morris è stata pensata appositamente per il
segreto e silenzioso Chiostro Piccolo (detto anche Chiostro dei Morti)
dominato dall’imponente fiancata dell’antica chiesa dominicana, all’interno
del complesso monumentale dei Chiostri di S. Domenico.
Less Than, questo il titolo dell’opera, è composta da due parti: una
materiale, l’altra immateriale, una scultura in bronzo associata a suoni
industriali che vengono emessi al crepuscolo.
L’opera si impone allo spettatore come un corpo, un corpo poderoso, tanto
più corpo in quanto acefalo. Nessuna identità , nessuna comunicazione: il
corpo come simulacro dell’arte, dove, la mostruosa e grottesca mutilazione
della parte nobile e pensante dell’umano non designa la morte, ma la vita.
Questo corpo, di natura ambigua, proteso in avanti, porta una grande anfora
in equilibrio sulla schiena e, se la figura nel suo insieme allude ad una
narrazione, Morris non narra ma sceglie deliberatamente il registro dell’
allegoria. L’anfora evoca il mitico vaso che Pandora ha sciaguratamente
aperto, lasciandone uscire, spargendosi sulla terra, i venti crudeli della
miseria e del male. L’immagine dell’anfora può anche rimandare all’urna
funeraria, ed evocare così, direttamente, la morte. Ma l’anfora è anche la
rappresentazione della fonte, quindi simbolo di vita. Il corpo che si piega
sotto il peso del suo destino rimanda alle icone della caduta e della
cacciata dal Paradiso.
Nel testo che accompagna l’opera, Morris si interroga sulle origini del male
e, mentre l’anfora costituisce un richiamo mitologico o simbolico, l’
atteggiamento del corpo sottomesso, curvo sotto la punizione e costretto a
camminare senza meta, rimanda alla tradizione artistica nel raffigurare la
punizione del peccato originale, registrando l’impossibilità da parte dell’
uomo di far evolvere la propria condizione, il suo irredimibile disporsi
dalla parte del male e l’incapacità di reagire alle forze che lo muovono: la
sua alienazione definitiva e immutabile.
Se lo stile della figura proposta da Morris a Reggio Emilia è difficile da
definire, i tratti caratteristici della rappresentazione come del
trattamento plastico, e in particolare la scala enfatica dell’opera, evocano
il pathos. Quel pathos che, rimosso dal modernismo, è divenuto per Morris un
territorio familiare nelle installazioni post-apocalittiche che ha
realizzato agli inizi degli anni Ottanta.
Un pathos ulteriormente accentuato dal fatto che questa scultura è solo uno
degli elementi di un’opera, di cui l’altra principale componente è il
Chiostro stesso che la circonda facendone il suo centro. Il mondo esterno,
che potrebbe sembrare assente, interviene anch’esso, sotto forma di una
emissione di suoni che tutte le sere al calar del sole fa penetrare lo
stridore e i rumori della vita quotidiana nel silenzio di un luogo un tempo
adibito al raccoglimento.
A lungo rinnegato, espulso ai margini dell’ortodossia moderna, il pathos
trova oggi un nuovo terreno d’espressione. Come se un secolo intero di
costruzione ideologica crollasse, la diga della razionalità critica cede
davanti a una realtà dell’arte e del mondo che eccede il senso comune. Di
fronte alle ingiunzioni della società , che li invita a operare un reincanto
del mondo, gli artisti sembrano reagire prendendo la direzione opposta,
instaurando una resistenza melanconica e patetica.
Proponendo un’opera come risultato di una sottrazione –Meno che– Morris
rinuncia alla centralità del buco che incombe sulla sua opera sin dalle
origini, per mettere in opposizione microcosmo e macrocosmo, l’ essere umano
di fronte alla natura e al mondo. La prima parola che viene alla mente per
concludere questa formula tronca è il «nulla» invocato dall’espressione
familiare «meno che nulla». In un mondo moderno meccanizzato e bellicoso, l’
uomo è soltanto un quasi-nulla che resiste alla consapevolezza di una
sparizione. Questo «quasi nulla», curvo sotto il fardello della vita e del
mondo è l’uomo, ed è anche l’arte. Ricorrendo alla figura come forma capace
di scongiurare il nulla, Morris reinveste l’ultima presenza residuale di un
potere di rigenerescenza.
Se una prospettiva di quest’opera ci indica “l’origineâ€, ad un tempo punto
di partenza e conclusione dell’avventura umana, un’origine sepolta,
dimenticata, alla quale, ci dice l’artista, si può accedere solo atttraverso
l’arte, intesa nella sua dimensione più essenziale, è addirittura possibile
che, più radicalmente, in una società che ha rotto i ponti con la metafisica
e vive una profonda crisi della trasmissione, Robert Morris ci porti a
meditare sulla constatazione seguente: per l’uomo contemporaneo, l’origine,
è l’arte.
Chiostri San Domenico - via Dante Alighieri 11 - Reggio Emilia