Domenica e' avvenuta l'inaugurazione della prima retrospettiva italiana della fotografa americana. La mostra intende tracciare, con circa 70 opere, un percorso della sua ricerca dagli anni '70 ad oggi, privilegiando il tema della natura morta.
Fotografie dal 1973 al 1998.
La mostra della fotografa americana Jan Groover è la prima retrospettiva
italiana dell'artista ed intende tracciare, con circa 70 opere, un
percorso della sua ricerca dagli anni '70 ad oggi, privilegiando il tema
della natura morta.
Jan Groover, dopo aver studiato pittura al Pratt Institute di Brooklyn,
inizia a fotografare nel 1970. E' il periodo delle sequenze dei dittici
o trittici di automobili e camion, ripresi con una macchina fotografica
fissa, con lo scopo di analizzare le modificazioni del rapporto
spazio-forma con il mutare dei fattori di tempo, velocità e distanza.
Verso la fine degli anni settanta, Groover sentendosi costretta dentro
le maglie della sua concettualità analitica, si dedica a nuovi soggetti.
Nascono così le prime nature morte a colori di semplici utensili da
cucina, verdure e frutti, assorbiti in una sorta di "tutto spazio", come
lei stessa lo ha definito. E' il momento in cui l¹artista inizia anche
un percorso di rivisitazione della storia dell'arte e della fotografia,
con citazioni anche esplicite dei grandi fotografi americani.
Alla fine del 1979, mentre insegna fotografia alla State University di
New York a Purchase, apprende dal fotografo Jed Devine la tecnica di
stampa ottocentesca al platino-palladio, che le permette di ottenere
anche con il bianco e nero una ricca gamma di sottili variazioni tonali.
Le nature morte diventano più essenziali, con un numero limitato di
oggetti, in uno spazio non più di cose ma costruito sempre più con le
cose.
Nei primi anni ottanta l'artista interpreta anche il tema del nudo,
interpretato con una prospettiva simile alla natura morta. Ricrea nelle
posizioni di gambe e braccia tutte le possibili geometrie di vere e
proprie architetture del corpo.
Accanto a questo soggetto compaiono anche foto scattate in esterno, che
riguardano il tema del paesaggio urbano. Facciate di palazzi,
particolari architettonici, luoghi dell'ambiente metropolitano
newyorchese vengono riscoperti attraverso una visione più intima e
poetica, nonostante si possa ravvisare un intento quasi di denuncia nei
confronti delle radicali trasformazioni del tessuto urbano della grande
metropoli, dove dal '73 la Groover si trasferisce.
Le nature morte degli anni ottanta vedono invece un crescente interesse
per composizioni complesse, con accostamenti di oggetti incongrui tra
loro, ribaltamenti di scala e un particolare uso dell'artificio nei
fondali costruiti appositamente e nell'uso di filtri e luci colorate per
creare atmosfere più oniriche e surreali. E' questo il periodo di
maggior adesione ad una visione pittorica della fotografia.
Agli inizi degli anni novanta, il trasferimento in Francia nella regione
della Dordogna porta delle novità nella sua ricerca: l'orizzonte del suo
sguardo si sofferma a riprendere lo spazio esterno del suo giardino,
dove colloca ora le nature morte.
Ad esse non fanno più da sfondo fondali artificiali ma alberi, cespugli
di natura domestica con tende parasole, scale, seggiole e tavoli. La
novità in queste nature morte in esterni consiste proprio nel fatto che
assumono concettualmente la dimensione di vere e proprie installazioni.
Verso la fine degli anni '90 Jan Groover si dedica di nuovo alle più
classiche opere in studio, che diventano più magiche e poetiche anche
per la scelta di un preciso repertorio di oggetti (vecchi rubinetti e
oggetti domestici usurati, accostati a foglie secche, a piccoli insetti
morti oppure a stoffe come drappi serici o delicati velluti).
Affiora una visione dolente, un sentimento di malinconia, di
inquietudine che apre ad una disposizione più profondamente intima ed
esistenziale. Nelle ultime opere del 1998 compare l'intuizione, o meglio
la scoperta dell'esistere come semplice appartenenza al mondo della
natura, una sorta di rispecchiamento incantato e stupito.
L¹artista mette in campo più visibilmente la vita in piccoli esseri
viventi, topolini ed uccellini, ripresi in angoli della sua casa quasi
come un presagio di speranza.
Jan Groover, nata a Plainfield, New Jersey, nel 1943, attualmente vive e
lavora in Francia. Nel corso della sua lunga attività l¹artista ha
esposto in numerose gallerie internazionali di grande rilievo come la
Sonnabend Gallery di Parigi e New York e musei prestigiosi quali il
Metropolitan Museum of Art e il Museum of Modern Art di New York, che le
ha dedicato nel 1987 un'importante retrospettiva accompagnata da un
catalogo curato da Susan Kismaric.
Nel 1993 viene pubblicata la monografia 'Jan Groover-Photographs', a
cura di John Szarkowski.
Il catalogo della mostra di Gonzaga è curato da Manuela Zanelli e
contiene la traduzione di un testo del famoso critico e storico della
fotografia John Szarkowski, tratto dal volume edito nel 1993.
Sede espositiva: Ex Convento di Santa Maria, Gonzaga (Mantova)
Ente promotore: Assessorato alla Cultura del Comune di Gonzaga
Orari: dal lunedì al venerdì 15-18,
sabato e domenica 10 -12.30/15-19
e su appuntamento: Biblioteca di Gonzaga, tel. 037-658147