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Gualtiero Redivo
dal 5/4/2006 al 23/4/2006
Tutti i giorni dalle 16.30 alle 20.00; domenica su appuntamento

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5/4/2006

Gualtiero Redivo

Galleria Vittoria, Roma

La Torre di Babele. Le immagini si consegnano al mutismo della materia che spesso comanda e impone le sue condizioni mostrandosi nella sua consistenza di superficie anziche' come passivo schermo di proiezioni.


comunicato stampa

"La Torre di Babele" ovvero la dignita' delle diversita'

a cura di Tiziana Todi

Il linguaggio universale della pittura ha il potere di rendere compatibili mondi altrimenti inconciliabili favorendo il dialogo pacificatore in quanto estraneo agli assolutismi e orientato intrinsecamente alla tolleranza. Una "macchina" predisposta per inventare un mondo possibile oltre quello reale e scaturita dall’idea forte che alla trasparenza e omologazione della proibizione va contrapposta la molteplicita' e l’ambiguita' delle culture. Un modo di afferrare, di elaborare e di comprimere in algoritmi materici le caratteristiche del nostro tempo, dei luoghi e delle cose, orientata ad evitare che il linguaggio non sia soltanto rumore. Ogni passo avanti nella comprensione del mondo ha qualcosa di sovversivo, di rivoluzionario perche' entra in conflitto con idee precedenti.

Continuamente ridisegniamo il mondo sostituendolo con un altro piu' misurato e piu' dominabile, cambiando la geometria dei nostri pensieri. La natura continua ad essere inesauribile. Piu' comprendiamo e piu' scopriamo che c’e' altro che non sappiamo. Troviamo modi piu' efficaci di pensare ma poi scopriamo che ce ne sono altri ancora piu' efficaci. Il sapere e' dinamico, non statico - il movimento ci tiene vivi ma ci rende inquieti. Con i nodi si veste l’opacita' che s’annoda e s’aggroviglia nella carne in continua trasformazione nel tentativo di svelare la complessita' nascosta di cose che superficialmente appaiono semplici o comunque non interessanti da essere indagate, cioe' l’insospettabile realta' che ci circonda.

Le immagini si consegnano al mutismo loquace della materia che, essendo sostanza oscura ma dotata di plurime vocazioni, spesso comanda e impone le sue condizioni mostrandosi nella sua consistenza di superficie anziche' come passivo schermo di proiezioni. Sabbia trasformata dal vento che sembra incessantemente secernere la propria forma. Corso espressivo che si nutre anche di assunzioni e di immissioni oggettuali contaminando il piano di alterita' che l’aspettativa attribuisce al pittorico. Una pittura sicuramente innamorata della propria fine, apparentemente impegnata a destituire di senso il senso, fino alla vertigine del vuoto ma condannata poi a ricominciare: un laboratorio barocco in cui la sorpresa e la bizzarria rilanciano il gioco del significante e dell’immaginario. Un’esperienza con la quale il confronto, non essendo deducibile da regole, costringe a stabilire regole possibili per comprendere cio' che continua a vivere oltre il conosciuto.

Ma nella consapevolezza che il cielo si sia inesorabilmente svuotato, la materia, abitata piu' di assenze, resta plasmata dal peso del disincanto e dal linguaggio che si scopre capace di cogliere la fatica di essere. Un "fare" che e' frutto di un indecifrabile fenomeno, orientato al disvelamento della corrispondenza che esiste tra l’astratto e il sensibile, al riscatto dalla triste sudditanza al dominio del possesso, e determinato nell’esprimere la domanda di eternita' che si nasconde tra le ferite del vivere.

Inaugurazione: Giovedi' 6 aprile 2006 - ore 18,00

Galleria Vittoria
via Margutta 103 - Roma
Orario: Tutti i giorni dalle 16.30 alle 20.00; domenica su appuntamento

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