"Dall'olio su tela al pastello su carta, il tema dell'identikit artificato ha conservato la sua grottesca forza propulsiva, fedele alle disillusioni e alle farse che l'arte di un istrione come Moreni registra in primis". (Silvia Arfelli)
a cura di Silvia Arfelli
Quello dell'identikit artificato è il tema che Mattia Moreni ha sviluppato nell'ultimo periodo della sua poderosa quanto splendita attività artistica. La sua teorizzazione sulla mutazione antropologica in corso è un concetto trattato e rivelato da Moreni fin dagli ormai lontani anni ottanta, in tempi ancora non sospetti, quando le immagini dei suoi umanoidi compiuterizzati cominciavano a prendere forma quali grotteschi attori di una commedia del contemporaneo che denunciava la fine dell'umanesimo, l'aggressione della tecnologia alla sensorialità e alla passionalità dell'uomo, alla sua radice più intima, organica, naturale.
Le mostruosità dilatate in indefinibili e incontrollabili contaminazioni, le implosioni materiche di tessuti, di tubi e di condotti sono il risultato lucido e razionale di una visionarietà che deflagra in solitari e paradossali (auto)ritratti che non rinunciano al senso di una loro drammatica narrazione, esasperata ancora di più dalle parole che Moreni inserisce quale parte integrante dell'opera: ''il robot in attesa di intelligenza artificiale elettronica'', o il ricorrente ''con il pulito, la freddezza, l'eleganza dell'età elettronica'', o l'enigmatico ''non si sa'', o ancora ''il robot semi intelligente'', ''il robot anormale'' e ''l'anormale elettronico tenta di scappare'', in cui ironizza ferocemente sui limiti e sui condizionamenti della deriva tecnologica; e la domanda ''perchè?'', pesante come un macigno, che completa lo stravagante campionario di parole e frasi apparentemente senza senzo, trasformate in momento risolutore della catarsi espressiva.
Dall'olio su tela al pastello su carta, il tema dell'identikit artificato ha conservato la sua grottesca forza propulsiva, fedele alle disillusioni e alle farse che l'arte di un istrione come Moreni registra in primis:
è la specie ''belle arti'' che muta e si trasforma, perchè cambia l'umanità, ormai cupo e deplorevole prodotto da laboratorio transgenico. Ed impietosamente, Moreni ne sottolinea lo strisciante sfacelo, insistendo sulle trasformazioni genetiche, ammiccando sui sui riferimenti ad un eros elementare ed asfittico, eludendo le emozioni, che non trovano più spazio nell'asettica mescolanza di humus ed elettronica, di chimica e di biologia. La macro-immagine costituita dall'identikit artificato sintetizza in sé un'esigenza comunicativa complessa, che esprime il delirante infantilismo sublimato negli ''asili patologici'' e nel concetto di ''regressivo consapevole'', con la sua iconografia fumettata, le sue sembianze sforzate, patetiche, i suoi immani contenuti di tragedia.
Silvia Arfelli
Pancaldi Artecontemporanea
via Antonio Serra, 78 - Roma
Orario: ma / ve 15,30/19,30; sabato e domenica su appuntamento
Ingresso libero