Aligi Sassu
Arnaldo Badodi
Renato Birolli
Luigi Broggini
Bruno Cassinari
Sandro Cherchi
Lucio Fontana
Piero Gauli
Renato Guttuso
Dino Lanaro
Mario Mafai
Giacomo Manzu'
Giuseppe Migneco
Ennio Morlotti
Gabriele Mucchi
Giovanni Paganin
Fausto Pirandello
Giuseppe Santomaso
Scipione
Fiorenzo Tomea
Ernesto Treccani
Italo Valenti
Emilio Vedova,
Genni Wiegmann Mucchi
Giuseppe Bonini
Vittorio Sgarbi
Marina Pizziolo
"Corrente: le parole della vita. Opere 1930/1945" esplora le tendenze artistiche che si svilupparono attorno all'omonima rivista, fondata a Milano da Ernesto Treccani nel 1938. Del complesso movimento, che conobbe anche aspetti letterari, filosofici, critici e politici, viene ricostruito il clima artistico attraverso l'esposizione di dipinti e sculture dei suoi protagonisti. "Aligi Sassu: dal mito alla realta'. Dipinti degli Anni Trenta", a cura di Giuseppe Bonini e Vittorio Sgarbi, presenta 80 lavori provenienti da collezioni private, italiane e straniere, e musei italiani e svizzeri.
Corrente: le parole della vita. Opere 1930/1945
a cura di Marina Pizziolo
L’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, dal 17 giugno al 7 settembre 2008, presenta a Palazzo Reale la mostra Corrente: le parole della vita. Opere 1930/1945 realizzata con la collaborazione delle Civiche Raccolte d’Arte di Milano. La mostra vuole esplorare il complesso movimento che nacque attorno alla rivista “Corrente”, fondata a Milano dal diciassettenne Ernesto Treccani nel 1938. L’artista fu il giovanissimo direttore della rivista, finanziata inizialmente dai mezzi del padre: quel conte Giovanni Treccani degli Alfieri al quale si deve la fondazione dell’omonimo Istituto Enciclopedico. “Corrente” ebbe solo due anni di vita. La sua pubblicazione venne, infatti, soppressa d’autorità dal regime in corrispondenza dell’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940. Attorno alla rivista si formarono comunque, in accesa dialettica, molti degli intellettuali che avrebbero dominato la scena italiana del dopoguerra: da Giancarlo Vigorelli a Dino Del Bo, da Raffaele De Grada a Dino Formaggio, da Alberto Lattuada a Luigi Comencini.
Del complesso movimento, che conobbe anche aspetti letterari, filosofici, critici e politici, viene ricostruito il clima artistico attraverso l’esposizione di dipinti e sculture dei suoi protagonisti e degli artisti che si riconobbero, anche se per poco tempo, nello spirito del movimento, partecipando alle due grandi mostre organizzate, sempre a Milano, da “Corrente” o alle mostre ordinate alla Bottega di Corrente, la piccola galleria in via della Spiga, che continuò in pratica l’attività artistica ed editoriale della rivista, fino al 1943.
A Palazzo Reale sono quindi ordinate oltre un centinaio di opere, provenienti da collezioni private, musei italiani e svizzeri. Gli artisti sono Arnaldo Badodi, Renato Birolli, Luigi Broggini, Bruno Cassinari, Sandro Cherchi, Lucio Fontana, Piero Gauli, Genni Wiegmann Mucchi, Renato Guttuso, Dino Lanaro, Mario Mafai, Manzù, Giuseppe Migneco, Ennio Morlotti, Gabriele Mucchi, Giovanni Paganin, Fausto Pirandello, Giuseppe Santomaso, Aligi Sassu, Scipione (Gino Bonichi), Fiorenzo Tomea, Ernesto Treccani, Italo Valenti ed Emilio Vedova.
Le opere appartengono a un arco temporale allargato, rispetto alla vita della rivista: gli anni compresi tra il 1930 e il 1945. Questo per avere modo di ricostruire l’humus culturale dal quale nacque. “Corrente”, infatti, è il centro dove convergono vettori di un’opposizione, culturale e politica, provenienti da un area geograficamente e ideologicamente vasta. Un’area che nella stratigrafia del tempo comprende sia la Torino dei Sei, sia la Roma della Scuola di via Cavour, fino alla Milano di Edoardo Persico: la Milano dove Sassu, Birolli e Manzù intorno alla metà degli anni trenta vivono la loro prima stagione. Come termine ultimo si è preferito non il 1943, che segna la fine dell’attività editoriale ed espositiva della Galleria della Spiga (che aveva raccolto l’eredità della rivista e poi della Bottega di Corrente), bensì il 1945, inteso come ideale cesura storica nel percorso poetico dei singoli artisti.
Il titolo della mostra si rifà a una pagina scritta da Treccani nella primavera del 1943. “Sento in me crescere la vita e la volontà di comunicare. Ho in mente un quadro, che dovrà essere pieno di vita e di morte. Neri, bianchi, grigi, e qualche rosso come un lampo. Dobbiamo parlare agli uomini le parole della vita”. E sono proprio “le parole della vita” quelle che ritroviamo nelle immagini delle opere in mostra. Contro l’allegoria della metafisica, il mito di Novecento, il gelo dell’astrazione o la magniloquenza dell’arte di regime, ecco il realismo di Corrente che, nello sprofondare nella tragedia di quegli anni di guerra, trova finalmente i termini primi di un discorso che tocca il cuore dell’uomo. Ecco la vitalità di Signorina seduta di Fontana (Milano, Civiche Racolte d’Arte, Museo del Novecento), l’intenso Ritratto di Mario Alicata, di Guttuso, la congestione segnica del Caffè alle Zattere di Vedova, del 1943, che anticipa potentemente la sua ricerca a venire.
Il clima letterario e artistico del movimento di Corrente trova una ricostruzione attraverso l’esposizione, accanto alle opere, di una ricca selezione di documenti originali provenienti dagli Archivi di Corrente, dal Fondo Vittorio Sereni, dall’Archivio Salvatore Quasimodo, dall’Archivio Piero Gauli e da altri archivi pubblici.
La cura della mostra e il coordinamento scientifico sono affidati a Marina Pizziolo, che negli ultimi dieci anni ha curato le principali esposizioni dedicate al movimento di Corrente (al Museo della Permanente, a Milano; a Roma, a Castel Sant’Angelo; alla Fondazione Bandera, a Busto Arsizio), nonché grandi antologiche dedicate ai suoi protagonisti.
Il catalogo, edito da Skira, contiene testi di Marina Pizziolo, Renata Ghiazza, Conservatore delle Civiche Raccolte d’Arte del Comune di Milano, e Beba Marsano.
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Aligi Sassu: dal mito alla realtà. Dipinti degli Anni Trenta
A cura di Giuseppe Bonini e Vittorio Sgarbi
L’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, dal 17 giugno al 7 settembre 2008, presenta a Palazzo Reale la mostra Aligi Sassu: dal mito alla realtà. Dipinti degli Anni Trenta. realizzata in collaborazione con la Fondazione Aligi Sassu e Helenita Olivares di Lugano e lo Studio-Archivio Sassu di Milano. Gli Anni Trenta rappresentano, nella lunga ricerca artistica di Sassu (Milano, 1912 – Pollensa, Maiorca 2000) la stagione più ricca, sia dal punto di vista della sperimentazione linguistica, sia dal punto di vista della messa a fuoco dei soggetti, ai quali l’artista tornerà ciclicamente per tutta la vita. Come scrive Spies, “durante gli anni trenta il mito rappresenta l’espressione simbolica delle illusioni e delle paure di un’intera generazione di giovani, che si affacciava alla vita nel difficile periodo tra due guerre mondiali”.
La mostra, secondo Sgarbi, “offre un osservatorio privilegiato per cogliere il viraggio dal mito alla realtà, dall’esigenza di ridurre la realtà a forma all’esigenza di dare una forma alla realtà”. Un viraggio che, come acutamente aveva colto Renato Guttuso, è anche una ripetuta oscillazione: conosce entusiastiche scoperte e meditati ritorni. “La questione essenziale per Sassu giovane era decidere la sua oscillazione tra mito e realtà, era vestire quei suoi uomini nudi”, aveva scritto infatti Guttuso nel 1959 (nella presentazione della personale di Sassu, alla Galleria delle Ore, a Milano). “Tutto il periodo è dominato in Sassu da quella oscillazione, tra la spinta verso una generalizzazione atemporale e la necessità di parlare chiaro sulla vita e sulla realtà”. Questa è la ragione per cui gli Uomini rossi poi “vestono i panni dei ciclisti, calzano le scarpette dei pugili, oziano vestiti in giacchetta e cravatta nei caffè milanesi o parigini”. Per poi tornare, però, ad abbandonare gli abiti del tempo storico e affrontare, di nuovo nudi, battaglie fuori del tempo. Che non sono altro che il racconto della nostra quotidiana battaglia contro il nulla. Il nostro tentativo di scalfire l’eternità con la nostra presenza breve.
Sassu è stato un artista estremamente precoce. Scoperto da Marinetti, espone a soli sedici anni alla Biennale di Venezia, nella sala riservata ai Futuristi. Il dipinto I costruttori, del 1929, che apre la mostra, risente ancora della lettura futurista della realtà, per la sintesi rigorosa delle forme e la geometrizzazione spaziale che propone.
Attraverso la splendida e composita saga degli “Uomini rossi” – rappresentata in mostra da un’accurata selezione di Argonauti, Suonatori, Cavalieri, Giocatori di dadi – che esibiscono nella loro gioiosa nudità il rifiuto del tempo storico, l’artista approda, verso la fine degli anni trenta, alla messa a punto di quel linguaggio realista che segnerà la sua adesione al movimento di Corrente: del quale è uno degli ispiratori e protagonisti. Esito ideale di questa ricerca è Il Grande Caffè, iniziato nel 1936, ma portato a termine solo nel 1939, dopo la lunga interruzione dovuta all’arresto di Sassu, accusato di cospirazione. Il grande dipinto (141 x 200 cm) è emblematico dell’approdo di Sassu a una scrittura del reale che rifiuta ormai sovrapposizioni formali.
“Quanto a me, ambirei di essere chiamato realista”: aveva scritto l’artista nel 1936, rispondendo a un referendum curato da Lamberto Vitali per la rivista “Domus”. Anche se il realismo di Sassu non si riduce mai a cronaca del vero e tenta spesso le strade del “racconto di una possibilità esemplare”. Come accade nella splendida Sortita dei cavalieri veneti a Famagosta, del 1940, il grande dipinto che chiude la mostra, dove un episodio del 1571 (la battaglia davanti alla città cipriota di Famagosta, dominio di Venezia, stretta d’assedio dai turchi) diventa pretesto per una battaglia che l’artista vorrebbe contro i tiranni del suo tempo. “Nell’attuale situazione postmoderna, accanto a Fetting, Paladino, Salomé e Cucchi, i dipinti di Sassu, proprio come quelli dei suoi amici di Corrente, costituiscono un modello inconfessato”. Così Spies, sottolineando appassionatamente l’attualità della ricerca di Sassu, conclude il suo testo.
La scelta di circoscrivere l’esposizione alla pittura – Sassu fu anche un validissimo scultore, autore di numerose opere monumentali, come fu ceramista, illustratore, scenografo – risponde alla volontà di esplorare proprio l’evoluzione del linguaggio dell’artista, dalle forme del mito a quelle della realtà. Evoluzione che trova nella pittura le sue pagine più indicative. In mostra sono ordinati un’ottantina di dipinti, provenienti da collezioni private, italiane e straniere, musei italiani e svizzeri. Il nucleo più consistente, quasi quaranta dipinti, proviene dalla Fondazione Aligi Sassu e Helenita Olivares, di Lugano, che conserva un corpus di oltre trecentocinquanta opere di Sassu.
La mostra è curata da Giuseppe Bonini e Vittorio Sgarbi. Gli apparati scientifici sono a cura di Giuseppe Bonini e Barbara Oteri. Il catalogo, edito da Skira, contiene testi di Giulio Carlo Argan, Giuseppe Bonini, Fabio Magalhaes, Vittorio Sgarbi e Werner Spies.
Immagine: Renato Guttoso,Gabbia bianca e foglie, 1940-41, cm 45x50
Ufficio stampa Ku.Ra - Rosi Fontana - tel. 050 9711343-
info@rosifontana.it
Inaugurazione 16 giugno, ore 18.30
Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 - Milano
Orari: mart-merc-ven-sab-dom h 9.30/19.30; giov h 9.30/22.30; lun 14.30/19.30 (il servizio di biglietteria termina un'ora prima della chiusura)
Biglietti: euro 9,00 intero - euro 7,00 ridotto - euro 4,50 ridotto speciale scuole - gratuito minori di 6 anni