Steve Piccolo
Haleh Abghari
Gabriele Di Matteo
Marc Kalinka
Claudia Losi
Anja Puntari
Gak Sato
Elliott Sharp
Gabi Scardi
I muri hanno orecchi - la quarta via dell'ascolto
Walls have ears - a fourth way of listening
Un progetto di Steve Piccolo per ArtVerona (in SoundVerona, a cura di Gabi Scardi)
Per l’intera storia dell’umanità prima dell’avvento della tecnica della registrazione sonora si
ascoltava la musica dal vivo, un’esperienza unica di un momento unico e irrepetibile. I gesti dei
musicisti e la loro dislocazione nello spazio erano fattori determinanti nella definizione della qualità
dell’esperienza. Agli albori della produzione discografica, i grandi direttori d’orchestra si resero
presto conto che non bastava cercare di scientificamente riprodurre esattamente le percezioni
acustiche di uno spettatore in sala; dovevano manipolare i volumi degli strumenti per guidare
l’ascolto “cieco”, compensando per la perdita dell’ausilio visivo. Il risultato era un quasi un nuovo
linguaggio interpretativo. Noncuranti del pseudorealismo di cui gli impianti stereo sono capaci, tanti
ascoltatori continuano per scelta a posizionare le casse in modo sbagliato in casa, una di fronte
all’altra, o entrambi nello stesso angolo, vanificando gli sforzi della tecnica e forse reclamando il
diritto di non stare fermi in un posto ideale d’ascolto.
Allo stesso tempo, l’amplificazione della musica dal vivo ha cominciato a imitare l’effetto della
musica registrata, in molti casi praticamente eliminando la differenza tra i due ascolti.
Paradossalmente, era il gruppo che suonava dal vivo che doveva imitare il suono dei dischi, non
vice versa.
L’ascolto binaurale usando le cuffie o gli auricolari, come quelli dei vari lettori mp3, per intenderci,
ha di nuovo cambiato le carte in tavola. Il realismo dell’effetto stereofonico può essere ancora più
marcato, ma allo stesso tempo la presenza quasi costante di rumori provenienti dal contesto in cui si
muove l’ascoltatore esige un distinguo tra la musica in cuffia e i suoni ambientali che praticamente
riporta la musica a una semplificazione timbrica, ritmica e melodica, nonché a una sostanziale
monofonia. Il risultato? Un non-ascolto, o un ascolto distratto e molto superficiale, sia della musica
sia del mondo che ci circonda.
Qual’è la situazione in cui ascoltiamo, oggi, con più attenzione? Si chiama origliare. E il
voyeurismo sonoro ha molti illustri precedenti nella storia, situazioni archetipali in cui un divieto di
vedere stimola un desiderio di udire meglio. Dalla situazione scenica delle Nozze di Figaro alle
telefonate intercettate che riempiono i nostri giornali, dal pioniere del jazz Jelly Roll Morton che
suonava nei bordelli di New Orleans prima dell’avvento del grammofono e doveva stare dietro un
muro per non mettere in imbarazzo i clienti (Morton praticava un piccolo foro nella parete per
godersi lo spettacolo di nascosto) all’intera orchestra di Sun Ra che accompagnava le spogliarelliste
al Peacock Club di Chicago, ma visivamente separata dallo spettacolo da una tenda (Sun Ra la
chiamava “la cortina di ferro” – i componenti dell’orchestra erano neri, le spogliarelliste bianche, e
ai tempi il razzismo americano disapprovava la vista di una donna bianca nuda da parte di un uomo
nero).
Per non parlare della storia dello spionaggio, le microspie inventate da Lev Theremin e scoperte, si
diceva, dagli americani dentro il sigillo nell’ufficio di Henry Cabot Lodge all’ONU; Theremin fu
anche inventore del primo (omonimo) strumento musicale elettronico della storia. O possiamo
trovare degli esempi più vicini a casa: il rumore della lavatrice del vicino diventa facilmente
ossessionante, mentre nemmeno sentiamo il suono della nostra. Questi ultimi casi ci ricordano un
altro aspetto affascinante della quarta via dell’ascolto... se noi possiamo udire, possiamo anche
essere uditi. La sorveglianza, l’origliare, è una strada a doppio senso.
Steve Piccolo ha creato un dispositivo per inscenare questa “quarta via dell’ascolto”: due stanze,
completamente nude, separate da un muro. Una stanza è per il pubblico, l’altra per l’artista. I suoni
provenienti dalla seconda stanza possono essere prodotti “dal vivo”, in tempo reale, o possono
essere registrati... tranne per discernimento timbrico, il pubblico non avrà nessun modo di saperlo.
Il pubblico può ascoltare i suoni in momenti precisi, indicati da un programma di interventi.
Dunque non sarà il continuum di rumori indistinti tipico delle installazioni sonore nelle gallerie e nei
musei, ma un preciso appuntamento coll’ascolto, con inizio e fine.
I suoni sono ideati e prodotti da:
Haleh Abghari (nata in Iran, vive a New York)
Gabriele Di Matteo (Italia)
Marc Kalinka (Russia)
Claudia Losi (Italia)
Steve Piccolo (New York)
Anja Puntari (Finlandia)
Gak Sato (Tokyo)
Elliott Sharp (New York)
Quartiere fieristico di Verona
padiglioni 6 e 7
ingresso: porta Cangrande (da Viale del Lavoro
uscita consigliata autostrada: Verona Sud