''Le carpe sacre di Sanliurfa'' di Goberti provengono dall'omonima citta' dei profeti della grande pianura dell'alta Mesopotamia. Sulle tele di grandi dimensioni, pennellate gestuali agitano le acque della piscina della Moschea e richiamano in superficie i pesci.
Inaugura Domenica 15 febbraio alle ore 18.00 alla Galleria del Carbone di via del Carbone, 18/a la mostra personale di Gianfranco Goberti, maestro ferrarese ed ex direttore dell'Istituto d'Arte "Dosso Dossi". La verstilità pittorica di Goberti è puntualizzata nella presentazione di Lucio Scardino: "Poliedrico viaggiatore dentro i miti del mondo d’oggi ma con forti ricordi della “cultura” e della storia dell’arte (da Giottino al Cossa, dall’ironia del Dada al trompe-l’oeil in stile optical), nel contempo iconico ed aniconico, panreligioso e dissacratore, neo-barocco e poverista, Goberti è approdato per la sua ultima “personale” in Mesopotamia, a Şanli Urfa, ossia l’antica Edessa."
L'esposizione che gode del Patrocinio della Fondazione Cassa di Risparmio, rimarrà visitabile fino al 6 Marzo 2009.
Presentazione di Lucio Scardino
Il pittore Gianfranco Goberti è l’unico vero postmodern prodotto dall’arte ferrarese: eclettico e versatile, in un sublime “elogio dell’incoerenza” egli, negli ultimi decenni, ha dipinto con concentrata leggerezza camicie e giacche, nodi e corde, poltrone e tarocchi, nuvole ed atleti, autoritratti. Senza dimenticare le rosette di pane, abbinate ai pesci foto-clonati, in una moltiplicazione più tecnologica che evangelica e ancora Icaro, Penelope e San Sebastiano, dipinti sfalsando toni e dimensioni, usando ironie e paradossi, contaminando l’intelligenza critica con la sapienza del mestiere.
Poi, è stato talora polimaterico: fotografie e “vere” corde, per giocare sulla realtà e la sua rappresentazione, accumulando visioni ed oggetti con aria contemporaneamente curiosa e disincantata, sempre nel dubbio che essi non esistessero realmente.
E quindi i suoi lavori, come ha rilevato con acume nel 2002 il pittore Andrè Vernet, risultano “sempre sorprendenti nella loro combinazione di evidenza formale e negazione dell’evidenza”, quasi essi volessero miscelare idealmente i quadri di Magritte alle commedie di Jonesco, il cinema della Nouvelle Vague alle canzoni di Rino Gaetano.
Poliedrico viaggiatore dentro i miti del mondo d’oggi ma con forti ricordi della “cultura” e della storia dell’arte (da Giottino al Cossa, dall’ironia del Dada al trompe-l’oeil in stile optical ), nel contempo iconico ed aniconico, panreligioso e dissacratore, neo-barocco e poverista, Goberti è approdato per la sua ultima “personale” in Mesopotamia , a Şanli Urfa, ossia l’antica Edessa.
Questa era la patria di San Maurelio, il mitico vescovo di Voghenza del VII secolo: Goberti ne ha ripercorso le tracce, in un viaggio all’incontrario, ma non è stato decapitato (come lui) bensì folgorato dalle carpe sacre della sorgente di Rohas. Narra la leggenda che Abramo, ingiustamente accusato, qui stava per essere arso vivo ma miracolosamente le fiamme si trasformarono in acqua ed i tizzoni in pesci, mentre il primo dei patriarchi cadde dalla pira su un tappeto di rose.
Ancora oggi, in piscine d’acqua dolce circondate da roseti, vivono centinaia di carpe fatte oggetto di venerazione e che sono divenute soggetto dell’odierna mostra di Gianfranco.
Anzitutto egli ha realizzato alcune grandi composizioni, concependole come moderne pale d’altare in cui i pesci guizzanti nuotano in attesa di ricevere il cibo da pellegrini e turisti: le opere possono ricordare altresì i polittici quattrocenteschi per la loro particolare struttura, completati come sono da cimase con le silhouettes di moschee e di minareti (e,d’altronde, la biblica figura di Abramo è venerata, oltre che dai Cristiani e dagli Ebrei, anche dai Musulmani). In altri casi, il vago ricordo dei polittici turiani (e Cosmè Tura dipinse anche i tondi con San Maurelio) si annulla del tutto in una polimatericità di tipo “concettuale”: il quadro nel quadro è posto all’interno di una struttura sorretta da un cavalletto che viene inglobato a sua volta dalla composizione, la quale prosegue illusionisticamente al di là del dipinto, grazie a sapienti campiture blu-mare o gialle, come il sole accecante di Sanli Urfa.
In questo angolo di Turchia sudorientale , non lontano dalla Siria, il nostro postmoderno ferrarese ha trovato un perfetto tema da sviluppare, non tradendo però le origini, ovvero i suoi più tipici stilemi: i pesci infatti, come già le righe delle sue stoffe, “ vanno veloci ”, hanno fretta, e nel contempo evocano le amatissime “funi” sfilacciate (per lui chiara metafora della Fuga). Ed i quadri-acquario sono nel contempo ingegnose miniarchitetture, in cui la sapienza del pittore si somma a quella dell’ illusionista, come in talune notevoli opere gobertiane degli anni Settanta (gli sgabelli “trasparenti”, per esempio, che una prospettiva impeccabilmente dipinta ed un punto di vista obbligato privavano ingannevolmente della seduta), in cui un’originale “metafisica del quotidiano” aggiornava mirabilmente la Pop Art.
Ma su tutto domina lo spirito d’osservazione di un eterno ragazzo ( a volte un“ragazzaccio” irriverente ), che a 25 anni aveva già esposto alla Quadriennale di Roma, che è rappresentato in vari musei, è stato preside dell’Istituto d’Arte cittadino, ma che riesce ancora ad incantarsi dinanzi allo spettacolo delle carpe –sacre per chi vuole crederci- di Şanli Urfa.
Anche se talvolta le guarda circospetto e sornione, come il gatto ingolosito che si ripara sotto un roseto dagli accecanti raggi del sole turco, leccandosi i baffi.
Lucio Scardino
Inaugurazione domenica 15 febbraio 2009 ore 18.00
Galleria del Carbone
Via del Carbone 18/a Ferrara
Orari: lun/ven h. 17.00/20.00; sab/festivi h. 11.00/12.30 - 17.00/20.00; mar chiuso