In mostra, un grande walldrawing e una selezione di nuove opere su pannelli di allumunio e su cartone. Nei suoi dipinti sembra che la scrittura automatica abbia una vita a se': le linee ricoprono muri, soffitti, pareti, a volte addirittura i pavimenti, e sovrascrivono l'architettura dello spazio; irrompono, occupano l'ambiente, conferendo ai suoi lavori una energia anarchica.
Dopo la mostra collettiva “A Magic Line” (MUSEION, Bolzano, 2007) nella quale ha esposto con Kutlug Ataman, Joseph Beuys, Hanne Darboven, Joseph Grigely, Cy Twombly, Chen Zaiyan ed altri artisti che, come lui, esplorano le molteplici potenzialità della linea, la galleria KLERKX è lieta di presentare la prima mostra personale in Italia dell’artista austriaco Otto Zitko. In mostra, un grande walldrawing creato appositamente per l’occasione, oltre ad una selezione di nuove opere su pannelli di allumunio e su cartone.
Fino al 1987 Otto Zitko realizza principalmente dipinti ad olio caratterizzati dall’applicazione di pastosi strati di pittura. In seguito, l’artista comincia ad interessarsi maggiormente al disegno e, ricorrendo ad ampie superfici e a supporti fissi, lo sottrae a quella dimensione intima cui solitamente è costretto. A partire dal 1989 l’artista estende questo concetto, sostenuto sempre più da un approccio pittorico, alle linee che vanno ad invadere le pareti. Le interpretazioni del lavoro dell’artista spaziano da una visione estremamente soggettiva ed espressionista ad una affermazione dell’uso concettuale e lessicale di una grammatica grafica, un segno.
Nei suoi walldrawings sembra che la scrittura automatica abbia una vita a sè: le linee ricoprono muri, soffitti, pareti, a volte addirittura i pavimenti, e sovrascrivono l’architettura dello spazio; irrompono, occupano l’ambiente, conferendo ai suoi lavori una energia anarchica. Seguendo un impeto spontaneo, Otto parte da un angolo di una stanza e da lì continua andando di sala in sala. Sia l’artista che la sua arte, si muovono tra contraddizioni quali: agressività e controllo, illusione e realtà, astrazione ed espressione, generale e particolare, eroico e infantile, ossessivo e libero.
Con artisti come Matthew Ritchie e Franz Ackermann, che come lui lavorano sulle superfici architettoniche, condivide una pittura che non solo si guarda, ma in cui ci si può anche immergere. A differenza di loro, la pittura di Otto non ha intenti narrativi, è tutta incentrata sulla linea per sostenere sia la vita astratta del dipinto che l’esperienza concreta da parte dello spettatore.
La gestualità espressiva dell’artista si mostra allo stesso tempo spontanea e costruita. Parlando dei suoi disegni spaziali, Otto usa il termine “Illusionismo”, facendo così riferimento ad una immagine sovrapposta allo spazio, a legami tra linee che si possono costruire solo tramite la percezione. Il suo lavoro può essere percepito solo se ci muoviamo nello spazio, perché non ci troviamo di fronte ad un dipinto, ma siamo letteralmente immersi all’interno di esso.
A seconda del punto in cui ci si trova riusciamo a creare o a interrompere la perfetta illusione. Possiamo restare impressionati dall’illusione ed allo stesso tempo identificarci e riconoscere l’architettura che si trova al di sotto del disegno. L’onnipresenza della linea e l’ubiquità del gesto espressivo possono sembrare a prima vista violenti o addirittura invadenti. Lo spazio e il corpo dell’osservatore sembrano virtualmente essere penetrati dalla forza dell’esperienza artistica.
Il metodo di lavoro di Otto è fisicamente esasperante: un rullo attaccato ad un bastone telescopico funge da estensione del suo braccio. Il gesto eroico, non può essere sempre in tensione, oscilla tra la gioia dell’espressione artistica e l’autodisciplina della perseveranza. Eventuali correzioni o cambiamenti vengono eseguiti attraverso l’applicazione di strati che si vanno a sovrapporre a quelli già presenti, non cancellando mai nulla.
Otto opera sulla base del contrasto frenetico tra impulsi e progettazione, tra virtuosismo e fallimento, tra l’illusionismo e la sua dissoluzione, consapevolezza ed emanicipazione dai limiti; tra la gioia di dipingere ed il peso dell’eredità senza fare un gesto di riconciliazione, nè un tentativo di appianare le divergenze. Tali contraddizioni sono evidenziate, giustapposte oppure sovrapposte l’una all’altra. Non riusciamo a percepire i dipinti murali nel loro insieme, possiamo soltanto percepirne delle parti.
La molteplicità del movimento del segno e dello sguardo esigono di essere ricollocati e riposizionati ripetutamente negli spazi. Le posizioni dei soggetti, artista e spettatore, sono precarie: nessuno di essi può contare sull’omogeneità e l’uniformità della presenza pittorica ma devono entrambi reagire partendo dalla loro condizione fisica e variabile.
Inaugurazione 12 novembre 2009 ore 19
Galleria Klerkx
via Massimiano, 25 Milano
Martedì - Sabato, ore 13 - 19 e su appuntamento
ingresso libero