Le rose sono un pretesto per una ricerca formale, basata su un lavoro tecnico di grandissimo livello, di disegno, di pittura, di incisione, di cucito.
Dopo poco più di quattro anni, Ketty Tagliatti si ripresenta a Firenze, alla Galleria Varart, con un’ampia mostra personale. Sul finire del 2006 era con Tonina Cecchetti e Simona Palmieri nella stessa Galleria per la mostra Figurazioni. Ora, in una sorta di antologica del “ciclo delle rose”, Tagliatti espone circa trenta opere, tutte centrate sul tema, caro all’artista ferrarese, appunto della “rosa”, tra cui una novità assoluta. Le rose sono un pretesto per una ricerca formale, basata su un lavoro tecnico di grandissimo livello, di disegno, di pittura, di incisione, di cucito. Tagliatti crea la sua immagine – con un’eco familiare, non a caso Rose del mio giardino si titolano alcuni lavori – su cui si condensa il tempo, quello di esecuzione, quello della sua vita, quello della vita dell’uomo, così il fiore “più bello” diviene pretesto per pensieri profondi.
Con sapiente precisione l’ago “disegna” con il filo, oppure sono gli spilli numerosi, fissati come fosse un unico filo metallico, a creare confini e/o immagini. Le stesse modalità della “ripetizione differente” – l’esecuzione continua dello stesso soggetto, la rosa –, con il suo insistente riproporsi, con l’incessante riapparire, spingono alla riflessione attenta, alla memoria del passato e al pensiero dell’incognito del futuro.
Se la rosa, dopo essere stata raffigurata su una superficie piana (il quadro da parete), si è poi traslata nella struttura di una trapunta/materasso, mantenente ovviamente l’immagine di fiore, ora l’artista ci presenta un lavoro tutto nuovo: un’installazione a parete che si basa sulla tecnica dell’anamorfosi, cioè sulla “rottura” dell’immagine tradizionale, visibile con lo sguardo frontale, e su un “disegno”, composto di più “segni” che, per ridare l’aspetto conosciuto all’oggetto rappresentato, costringono lo spettatore a trovare quel punto solo dal quale sarà possibile vedere la rosa come noi la vediamo nella quotidianità (punto di vista).
C’è di più. La visione che risulta dall’operazione anamorfica è ancora la rosa, ma questa volta i “segni” sono costituiti da oggetti comuni, quotidiani, in maggior parte da contenitori di sostanze per la cosmesi femminile, rivestiti di filo rosso e poi attaccati sulla parete ad articolare e costruire l’immagine, che si offre allo spettatore, che riesca a superare il mistero del “punto di vista”, con una grande carica emotiva, esteticamente stimolante ed eticamente coinvolgente. Accompagna la mostra un lungo Colloquio di Giorgio Bonomi, critico d’arte, con l’artista, Ketty Tagliatti, pubblicato nel Catalogo, edito daVarart, che contiene anche una vasta campionatura delle opere esposte.
Inaugurazione 19 febbraio ore 18.30
Galleria Varart
via dell'Oriuolo, 47/49r - Firenze
Orari: 10.00/12.30 e 16.00/19.30, lunedì e festivi chiuso
Ingresso libero