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Stile Arte (2006-2011) Anno 11 Numero 110 luglio 2007



Il cane e il girasole attestati di fedeltà

Lettura iconologica: i casi di Moroni,Magnasco e Van Dyck



Approfondimenti d'arte e di storia della cultura per “leggere le opere”dell’arte italiana ed europea


LA SCOPERTA: L’inconfessabile segreto di Canova 4

ICONOGRAFIA: Visioni angeliche 12

L’ABITO DIPINTO: Viva le donne! 14

ICONOLOGIA: Attenti alla pernice sull’uscio 16

DUELLI D’ARTE: Gli scultori traditori 18

ICONOLOGIA: Il cane e il girasole attestati di fedeltà 22

TEMI D’ARTE: I quadri mutilati di guerra 23

CINQUECENTO: L’incantevole talento di Lucia Anguissola 24

EVENTI: Una casa per l’ultimo Caravaggio 26

SEICENTO: Cecco del Caravaggio, cupido pittore 28

ARTISTI: Tischbein, le affinità elettive 32

OTTOCENTO: Degas, affari di famiglia 36
Mio cognato Van Gogh 40

NOVECENTO: Klee, il Paradiso della pittura 44
Schiele, attenti al mostro 46

I RIVOLUZIONARI PENTITI: Carrà: Le realtà? Sono due 50

NOVECENTO: Collezione Kerstan, passioni e virtù 58
Mirko nei Sassi 59

DA VILLA CROCE: Luce sul contemporaneo 60

DALLA TRIENNALE: Rancinan, l’obiettivo sul mondo 62

CONTEMPORANEA: Botero, racconti extralarge 64
Galliani e il mito dell’acqua 65
Molina, antropologo dell’immaginario 66
Lim sulla torre di Babele 68
Bevilacqua, piccoli frammenti di verità 70

ART FOOD: Dripping! 72

CONTEMPORANEA: Mezzacapo, l’immagine e la metamorfosi 74

L’AGENDA DELLE MOSTRE 76

ARTE & EROS: La sindacalista del corpo 78
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Pregevole e nobile è l’istinto del cane che vigila il proprio padrone, lo protegge, lo custodisce, ne condivide le gioie e i dolori, senza abbandonarlo mai.
Tradizionalmente l’animale è associato al concetto di fedeltà (emblematico è il nome con cui sovente viene appellato, Fido): attende paziente il ritorno del padrone a casa, quando può lo segue ovunque, abbaia impavido contro chi attenta alla sua sicurezza.
In ambito evangelico l’immagine del cane conserva questo significato: è il simbolo dei missionari e degli apostoli che accompagnano il Signore nel suo errare, non si separano mai da lui, ne condividono le sofferenze, i patimenti, sembrano dotati di un fiuto particolare che permette loro di discernere la virtù dal vizio, il bene dal male.
Ancora, il cane è l’intrepido e temerario guardiano pronto a difendere la Chiesa dalle insidie del Maligno, che si aggira nelle tenebre; è metafora della fedeltà cieca e incondizionata dell’uomo all’Altissimo.
Nella maggior parte dei dipinti, specie quelli a carattere devozionale - ma non mancano citazioni del genere, anche nell’ambito della pittura profana -, l’animale non rappresenta un semplice complemento scenografico, ma costituisce un indicatore di segno finalizzato al condizionamento della raffigurazione stessa.
Risale al 1579 l’opera in cui Moroni ritrae Gian Federico Madruzzo, nipote di Cristoforo, principe-vescovo di Trento nonché organizzatore del Concilio. Il soggetto, a figura intera, addita un cane da compagnia seduto accanto a lui, sulla destra del dipinto: evidente l’intenzionalità aristocratica dell’artista, che allude contemporaneamente al ruolo dell’effigiato, fedele all’illustre parente, e a quello dello zio, servus ecclesiae.
Una fedeltà che riguarda anche Melissa, l’eterea e sognante protagonista del quadro di Dosso Dossi, sorvegliata e protetta da un cane dall’espressione severa e austera, quasi umana.
Nell’opera di Filippino Lippi, Tobiolo, diretto verso casa e tenuto per mano dall’arcangelo Raffaele, è scortato dal suo devoto cagnolino, che pare esprimere la propria felicità per il ritorno del padrone.
Emblema della fedeltà, oltre al cane, è il girasole. Fra i primi dipinti del Magnasco si annovera il ritratto di Gentiluomo col girasole (incerto l’anno di esecuzione, che comunque viene fatta risalire alla fine del Seicento): l’iconografia, tipica dell’epoca, fu dettata dallo stesso committente, intenzionato ad esprimere in tal modo l’assoluta devozione e sudditanza nei confronti di un superiore, cui probabilmente l’opera era destinata.
A testimoniare il valore simbolico del girasole, che si volge sempre al re degli astri, i motti pubblicati nel Mundus Symbolicus di Filippo Piccinelli (1687): “Hoc lumine vivo (Protectio & dependentia)”, “Non san questi occhi miei volgersi altrove”, “E da lui pendo, e mi rivolgo a lui”.
Simbologia che ricorre anche in due quadri di Van Dyck: l’Autoritratto (1633), in cui viene usata per manifestare la propria riconoscenza al sovrano d’Inghilterra, e il Ritratto di sir Digby, commissionato da un cortigiano che auspicava di ottenere, attraverso questa dichiarazione visiva della sua devozione per il re, una prestigiosa posizione a corte. (a.t.)