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Espoarte Anno 10 Numero 58 aprile-maggio 2009



Stefano Arienti

Viviana Siviero

Intervista



Contemporary Art magazine


Giovani
Igor Eškinja pg 28
Monica Grycko pg 34
Marco Salvetti pg 38
Zelimir Baric pg 42
Simone Ferrarini pg 46
Andrea Francolino pg 50

Protagonisti
[artisti]
Stefano Arienti pg 54
[il protagonistia]
Letizia Ragaglia pg 60

Special guest
Giacomo Costa pg 64
Nicola Verlato pg 70
Bharat Sikka pg 76

Rubriche
No man’s land feat. Rapture pg 82
BooksBox pg 88
Profili pg92
Dossier Luoghi Spazi pg98
Editoria pg109

Eventi

Speciale Futurismo pg 110
Intervista a Ester Coen pg 112
MiArt, intervista a Volonté e Di Pietrantonio pg 118
Alighiero Boetti, MADRE Napoli pg 122
Mark Dion, GAM Modena pg 124
Italian Genius now. Back to Rome, Macro pg 126
Bernd & Hilla Becher, Museo Morandi Bologna pg 127
Adel Abdessemed, Fondazione Sandretto Torino pg 128
Speranze&Dubbi, F. Merz pg 130
Bertrand Lavier, V. Medici pg 132
Alik Cavaliere, F. Mudima pg 133
Simone Pellegrini, Musei Civici Reggio Emilia pg 134


In galleria
Recensioni & Proposte da pg 135
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Libri tranciati, 2006
taglio meccanico su carta stampata
dimensioni variabili
Foto di Agostino Osio.

Turbina (orario ferroviario), 1987
carta stampata piegata, cm 19x42x42
Foto di Agostino Osio.

Dischi di Dei, 2007-2008,
vinile traforato.

Stefano Arienti è da tempo uno dei protagonisti indiscussi dell’arte italiana, portatore di valori internazionali. Intelligente, brillante e versatile, da sempre trasferisce queste doti nei suoi lavori installativi, che spaziano fra differenti forme e medium, restando saldamente ancorati alla loro essenza, che risiede nella capacità di esprimere idee in maniera inequivocabilmente puntuale. Ci siamo fatti raccontare da lui della sua arte, delle sue esperienze e del difficile mondo a cui appartiene e le sue parole ci hanno regalato una vera e propria lucidissima lezione…

Viviana Siviero: Sei uno dei pochi artisti italiani ad essere conosciuto all’estero. Da quali dinamiche pensi sia determinato tale fattore? Pensi che la fama internazionale sia direttamente proporzionale a quella che si ha – sia a livello di critica, sia di vendita – in Italia?
Stefano Arienti: La fama internazionale mi sembra sia collegabile al modo in cui un artista ama muoversi, come riesce a fare interessare alla propria arte persone che stima e che pensa possano stimolare quello che sta facendo. Tipicamente si tratta di persone con cui instaurare un rapporto alla pari e, quelli più indicati per questo ruolo, in genere, erano altri artisti, ma oggi non è più così. La combriccola di diffidenti, ma simpatici, amatori dell'arte contemporanea è diventata una fetta di cultura ed economia ufficiale, che ha complicato tutto. Oggi è la comunicazione che fa la differenza e stabilisce gerarchie, ma ognuno può decidere in che direzione e a che livello gli sembra più congegnale stabilirsi e quel vertice dell'arte internazionale non è necessariamente il punto più stimolante e libero. Personalmente ritengo che anche ambiti meno internazionali o più specializzati non esprimano necessariamente una qualità meno interessante. Lo ammetto, amo anche l'arte di strapaese e mi sento privilegiato a vivere un tempo dove esiste ancora. Come avviene per quel formaggio tipico, puzzolente, che per fortuna qualcuno riesce ancora a fare.

Studente di agraria, hai conosciuto un gruppo di intellettuali che ti hanno stimolato, facendo fuoriuscire ciò che già era in te: ci racconti la scintilla, il principio della tua carriera? Qual è stata la tua prima mostra importante?
Non solo ho una laurea in agraria ma al momento del mio incontro con l'arte contemporanea ero già adulto, con una mia cultura ed interessi già formati, che all'epoca si indirizzavano di più verso la musica e meno verso le arti visive. Mi ha guidato la curiosità verso un mondo che non conoscevo e l'amicizia di persone poco ordinarie come Corrado Levi ed Amedeo Martegani. Ma in generale ero circondato da persone con cui gli scambi e gli stimoli reciproci erano sempre forti, perchè io stesso avevo voglia di esplorare questa nuova esperienza sociale. L'occupazione della ex fabbrica Brown Boveri, nel 1985, è stata la mia prima esperienza vera ed anche il primo momento di socialità artistica. Con i gessetti avevo colorato i muri scrostati, ammuffiti e pieni di muschio della ex fabbrica nel centro di Milano, un intervento appena visibile.

La tua è sempre stata un’esperienza particolare, definita come di avvicinamento alle pratiche estetiche secondo l’impiego di materiali e tecniche eterogenei. Da cosa è costituito il centro poetico della tua produzione?
Sono un totale materialista, curioso della materia delle immagini, quasi disinteressato alla materia in sé, quella grezza. Non sono, quasi per niente, un plasmatore della forma delle cose, perché preferisco sempre scoprirne altri usi ed altri sensi. Mi interessa molto tutto quello che umanamente centra con l'arte, il mio divertimento è importante, ma diventa arte solo se riesco a condividerlo con qualcuno. È un lato etico dove preferisco si crei una forma di reciprocità. È questo il modo in cui mi sono ritrovato artista. Ho potuto permettermi una libertà molto grande, scoprendo una poeticità latente in quello che ne veniva fuori.

A breve sarai impegnato in un paio di mostre importanti, come possiamo immaginare, non solo nel Bel Paese. La prima, in ordine di tempo, sarà Bookmark, con Mario Airò, alla Galleria Analix Forever di Ginevra…
Si tratta di una mostra a quattro mani, costituita da un'ambientazione con nostre opere distinte, che divengono una riflessione dalla parola al paesaggio: libri tagliati con la trancia meccanica del tipografo, oppure traforati da me e copie di L'amour fou, rotanti sul pavimento (di Mario) assieme a fronde di abete con scritte metalliche, grandi manifesti di paesaggi tagliati e rimessi assieme con la macchina da cucire, tappeti tinti di rosso, eccetera…

La seconda, a maggio, è una personale bipartita in due spazi: la Galleria S.A.L.E.S e l’affascinante complesso quattrocentesco di Santo Spirito in Sassia…
A Roma presento lavori dove è molto presente il disegno come traforatura delle superfici di vari oggetti: vecchie lamiere di automobile, dischi in vinile e porte di frigoriferi. I disegni sono ricavati dall'oggetto stesso, come nel caso dei dischi, dove l'immagine di copertina penetra all'interno attraverso i fori fatti con il trapano. Oppure sono ricavati da altri oggetti come le stoffe che ho appoggiato sulle lamiere di automobile per seguirne le fantasie con i fori o oggetti che ho fotografato e trasferito, col traforo, sulle porte dei frigoriferi. A parte, in un grande spazio che fu un Ospedale, presento invece un’installazione che iniziai un anno fa alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, fatta di vecchie enciclopedie e lana cardata; anche in questo caso, le pagine dei vecchi volumi nasconderanno molti disegni traforati non immediatamente visibili...

Progetti per il presente e per il futuro? Se potessi esprimere un desiderio, cosa domanderesti?
Non smetto di interessarmi ai libri e addirittura qualche volta ne faccio io stesso, come nel caso di un progetto in collaborazione con Giovanni Ferrario che sarà pronto a settembre ed editato da Corraini di Mantova. Ma le immagini stampate su poster, cartoline ed altro, mi divertono ancora: adesso anche realizzate con la macchina da cucire. Mentre l'occasione della mostra al MAMbo con Cesare Pietroiusti nel 2008, che per me è stata davvero un'esperienza importantissima, mi ha fatto venire voglia di continuare a disegnare a mano libera e mi sono rituffato nelle fotocopie. Con Cesare, in quell’occasione, abbiamo esposto due opere, Disponibilità della cosa e 2000 disegni da prendere, che abbiamo formato insieme, opere che, per la prima volta, uniscono in modo così evidente poesia ed economia, un binomio azzardato… Intanto, continuo le collaborazioni con le gallerie che mi seguono da anni: Studio Guenzani a Milano e Greengrassi a Londra, dove, nella prossima stagione, approderanno i lavori delle mostre più recenti.

Mi pare tu voglia aggiungere una nota a quanto detto in apertura riguardo il discorso della creazione comunitaria e comparativa…
Da sempre penso che quello che fa un'artista diventa arte ed è apprezzato solo se può essere condiviso con altre persone e quasi sempre si tratta anche dei momenti in cui le opere sono ancora da pensare progettare e realizzare; insomma, prima che l'arte esista, da qualche parte. Bisogna sfatare il mito della creazione solitaria. Niente è più lontano dalla realtà. La scoperta della qualità artistica è sempre un momento di condivisione, di scontro, di dialogo, anche a distanza, di rilanci e di seduzioni... per di più tutto avviene in piazza, sotto gli occhi, per niente neutrali, di mille spettatori spesso invisibili, che hanno sempre giudizi che esprimono continuamente, che uno lo desideri o meno. Tutto avviene per gradi e con consapevolezza, da acquisire un po' alla volta. Mai un artista costruisce qualcosa da solo, ma si può solo costruire nello spazio che, man mano, la qualità delle sue proposte riesce a creare. Si diventa credibili come artisti solo se qualcuno è disposto a credere in te. Sembra una banalità ed invece è semplicemente l'opposto di quella mistica della creazione e dell'ispirazione che sembra ancora pane quotidiano dell'arte. Per fortuna l'artista fa dell'arte e quindi tutto questo can can di relazione, comunicazione e condivisione, rimane addirittura implicito. Magari si tratta di un artista negato alle relazioni umane, ma per fortuna attorno alla sua arte si innesca un positivo processo di valorizzazione, che ha bisogno di mille fortuiti accidenti per compiersi, ma se è efficace può, a tutti gli effetti, essere considerata grande arte. Può sembrare dannatamente ingiusto, ma questo artista negato ha fatto l'arte adatta a quel particolare momento e se ha l'intelligenza di capire cosa l'ha potuta rendere apprezzabile e trova sostenibile continuarla, riuscirà a reggere questa investitura artistica. Sempre che la consapevolezza giunga, quando egli è ancora in vita. Per questo motivo considero generalmente più interessante la vita dell'arte. Ci sono molti bravissimi artisti che non riescono ad adattarsi a questo ciclo di valorizzazione e amaramente fanno altro. Molti altri, meno dotati, riescono invece a compiere la valorizzazione della propria arte, ma sono bravi e giustamente apprezzati lo stesso, a discapito degli incerti del successo.

Stefano Arienti è nato nel 1961 ad Asola (MN). Vive e lavora a Milano.

Selezione mostre personali recenti:

2008 - Disegni dismessi, a cura di C. Bertola, Fondazione Querini Stampalia, Venezia
- Regali e regole, con Cesare Pietroiusti, a cura di U. Zanetti, MAMbo, Bologna
- Lehmann Maupin Gallery, New York
2007 - The asian shore, Isabella Stewart Gardner Museum, Boston
- New works, a cura di J. Rondeau, Artpace, San Antonio, Texas
2006 - Mimetic, Rhona Hoffman Gallery, Chicago
- Lehmann Maupin Gallery, New York
- Studio Guenzani, Milano
- Di Dei, Fondazione Spinola Banna, Poirino, Torino, con Furio Di Castri

Selezione mostre collettive recenti:
2008 - Italia Italie Italien Italy Wlochy, a cura di G. Del Vecchio, A. Rabottini, E.L. Scipioni e A. Villani, ARCOS, Benevento
- La parola nell’arte, MART, Rovereto, curatori vari
- XV Quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni, Roma
- Una Stanza tutta per sé, a cura di M. Beccarla, Castello di Rivoli, Rivoli, Torino
- Italics, a cura di F. Bonami Palazzo Grassi, Venezia, e Museum of Contemporary Art, Chicago
-7th Gwangju Biennale, a cura di O. Enwezor, Gwangju
2007 - Vertigo, a cura di G. Celant e G. Maraniello, MAMbo, Bologna
- Handsome, a cura di B. Polla e G. Romano, Galerie Analix Forever, Ginevra
- Camera con vista, a cura di C. G. Ferrari, Palazzo Reale, Milano
- Collezionismi, a cura di E. Graziali, AssabOne, Milano
- Mentalscapes, a cura di D. Paparoni, Tel Aviv Museum of Art, Tel Aviv
2006 - Airò-Arienti-Marisaldi, Galleria Massimo Minini, Brescia
- Idea, a cura di L. Cherubini e G. Verzotti, Istituto Nazionale per la Grafica, Roma

Eventi futuri:
Arienti_Airò, Bookmark, Analix Forever, Ginevra, fino al 2 maggio 2009
Stefano Arienti, mostra personale, Galleria S.A.L.E.S., Roma, dal 5 maggio 2009

Gallerie di riferimento:
Galleria Massimo Minini, Brescia
S.A.L.E.S., Roma
Lehmann Maupin, New York
Analix Forever, Ginevra