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Il Malpensante (2009-2010) Anno 1 Numero 3 febbraio-aprile 2010



Le macchine narrative

Roberto Cosenza



Rivista Sperimentale di Cultura e Ricerca Artistica


Il MALPENSANTE N°3
IN QUESTO NUMERO:

La solitudine. Purezza visionaria (Maximilien de Robespierre)
Roberto cosenza pag. 4

Lato A, lato B.
Massimo Cataldi pag. 4

Volumezero, Sintetico
Champa pag.7

Adagio ma non troppo lento
Stefania Rubeo pag. 8

L’assordata
Sara Buselli pag. 10

DiPendenze
Marco Pieraccini pag. 10

Senza titolo (due testi)
Maurizio Calderoni pag. 12

Mare, Scatola nera
Andrea Piran pag. 12

Le macchine narrative
Roberto Cosenza pag. 14

Carmela, Rachida, Hijra
Ilaria Buselli pag. 14

The child without a face I: what have you done to the future?!
Alessandro Bulgarini pag. 16

Silenzio bianco. Silenzio nero.
Stefano Paolo Giussani
Lasca
Maruska Nesti pag. 18

Cosa vuoi dirmi, Maschera di colore, Capelli scossi
Rafael Vindigni pag. 19

Struttura Odb
Moneyless pag. 20

Mute, Toilet
Perypezye Urbane pag. 20

Arte e cultura come autorganizzazione
Gianfranco Santoro Pag. 21

Senza titolo
Diddi Bozano pag. 22
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

La fame dell'Impero
Roberto Cosenza
n. 2 novembre 2009-gennaio 2010


Ilaria Buselli
Carmela

Marco Pieraccini
DiPendenze

Rafael Vindigni
Capelli Scossi

Le democrazie europee, la democrazia statunitense, e l'organizzazione di tutti quei paesi che si allineano progressivamente a questi modelli, sono delle macchine del racconto. Le condizioni per rimettere in discussione attivamente e praticamente questa forma di organizzazione (la democrazia) nella sua fase narrativa, non esistono per ora, per vari motivi. Uno di questi è l'assenza di reali sofferenze, o meglio, l'ottundimento della percezione di queste.
Le macchine del racconto agiscono su un conteso in cui vi sono diversi ricettori: psicologico individuale, psicologico collettivo, culturale collettivo, culturale personale. La nascita degli stati moderni, ovvero la rivoluzione francese, è il completarsi di un percorso umano culturale. La base filosofica che ha alimentato questo evento, l'illuminismo, auspicava un progresso umano individuale, per la formazione di una base culturale democratica, basata sull'indipendenza dell'intelligenza della persona, con la fiducia che questo avrebbe prodotto ripercussioni su tutta l'organizzazione sociale, spingendo la società ad una democrazia naturale. Già a questo punto possiamo renderci conto che esiste uno o più territori sui quali si prevede un'azione: il territorio è quello umano, e dove risiedono gli uomini risiedono cultura e psicologia. La lunga esperienza degli stati europei e degli Stati uniti insegna che esistono diversi modi di agire e lavorare nei mondi dell'uomo. L'azione si muove tra i mondi reali e i mondi astratti, e dalla gestione del rapporto di questi nasce la politica. Atto politico è già il primo primitivo famoso tentativo di spiegazione della realtà.

Tra le domande più in voga nelle discussioni casuali, c'è quella sulle dittature, sui grandi imperi sperimentali, iconoduli, del '900: come è stato possibile unificare le popolazioni di intere nazioni verso determinate scelte politiche, come guerre e persecuzioni?
Le esperienze di questi governi, anche se abbattuti, restano ricchezza dei successori, sapere frutto appunto di lunghe e profonde sperimentazioni, che può essere utilizzato e ampiamente reinvestito.
Perché iconoduli e quale risposta alla domanda in voga? Le dittature, ormai classiche, hanno investito molto sulle immagini per la creazione del mito, sull'istruzione, la fedeltà cioè si apprendeva a scuola e dalla notizia, e ancora sul racconto, che poteva essere la retorica del dittatore, le notizie dei giornali e dei radiogiornali, che ogni giorno raccontavano le imprese e le motivazioni. Non dimentichiamo che ogni dittatura ha investito in un cinema di regime. C'è quindi molto investimento sul mito, una forma di politica religiosa. Le testimonianze ci mostrano i grandi volti del dittatore, le sfilate dei padri rivoluzionari, c'è quindi un'adorazione dell'immagine molto sviluppata, sostenuta da una solida teologia politica. Questo aspetto era già antico e non è morto, anzi. La narrazione continua in queste forme di governo ha agito su aspetti umani psicologici evidentemente universali: esiste cioè qualcosa nell'uomo che se stimolato produce una determinata reazione.
I ruoli di cose come la religione, il potere, i saggi, i profeti, la politica, l'arte, subiscono forti spostamenti di posizione a seconda dell'epoca in cui si trovano, ma ciò che resta fondamentale è la narrazione. In certi momenti l'opposizione al potere è stata attuata ad esempio dalla religione, da certi profeti o da certi altri uomini postisi come alternativa all'eresia dei Re e dei papi autoproclamatisi icone divine, verità viventi. Altre volte l'alternativa è stata un'idea politica, o alcune figure intellettuali, ma ciò che si applica e sviluppa è un'opposizione di narrazioni, una contrapposizione narrativa. Osservando una cultura oppositiva e il suo materiale in diversi contesti storici, possiamo notare come il ruolo cambi: da oppositrice del potere potrebbe essere diventata suo strumento o il potere stesso. Lo stesso materiale, ad esempio un testo, può essere presentato come rivoluzionario o come conservatore, in due momenti storici diversi.

Questo è possibile all'interno dei sistemi di democrazia forzata (o politica forzata, anche nei contesti non democratici), nei quali osserviamo una continua azione sulla psicologia, individuale e collettiva, e sulla cultura, individuale e collettiva. I concetti “sacri” vengono dall'alto, il recinto entro il quale gli uomini devono muoversi è pregno di concetti e stimoli, senza possibilità di introduzione di elementi intrusi. Ciò che si produce, anche dall'intelligenza spontanea, riutilizza il materiale a disposizione, seguendo il principio secondo il quale l'uomo rielabora e non inventa. All'interno di questo sistema esistono simboli e linguaggi condivisi, che rappresentano allo stesso momento orientamento personale e legame con il potere. Generazione su generazione l'uomo si modella.

L'epoca contemporanea rappresenta certamente il momento di massimo splendore della macchina narrativa democratica, della democrazia forzata. La frammentazione della società in unità individualistiche dalla personalità bipolare di produttori e acquirenti, o in individui artificialmente consapevoli della possibilità di ascesa individuale e attanagliati dalle aspirazioni competitive, produce molti effetti. Prima di tutto la comunicazione smette di essere orizzontale e diviene solo verticale, non più uomo – uomo, ma potere – uomo, in secondo luogo crollano le aspirazioni di uguaglianza, poiché se è vero che l'esistenza di una diseguale distribuzione del potere genera sofferenza, è anche vero che genera la possibilità di acquisire una posizione dominante, grazie alla semplice esistenza di questa posizione, potenzialmente sempre accessibile. Quanto al linguaggio, dal racconto si è passati alla spettacolarizzazione: ciò che rende stupefacente la nostra epoca è che ogni cosa viene assorbita dal potere maggiore mediante spettacolarizzazione. Mentre il potere e i suoi oppositori nel passato si sfidavano a colpi di definizione, ridefinizione e narrazione, oggi ogni cosa può divenire spettacolo, annullandosi: anche il peggiore degli oppositori e il migliore dei rivoluzionari possono restare noti (a maggior ragione possono salire sul palco delle rappresentazioni) ed essere spettacolarizzati, entrando così nel panorama delle finzioni, acquisendo quell'aria tenue e irreale, che solo le cose di oggi sanno avere.