Inside Art International (2009-2010) Anno 2 Numero 3 giugno-dicembre 2010
A Shanghai l’Italia raccoglie le eccellenze nel padiglione targato Città dell’uomo
Mentre ci perdiamo, in stile italiota, dietro alle beghe di Lucio Stanca e al fiorire di polemiche sull’Expo milanese del 2015, dall’altra parte del pianeta è in piena fioritura la nuova capitale del globo. Shanghai ospita dal primo maggio al 31 ottobre quel che dovrebbe essere il rinnovato modello del carrozzone partito da Hyde park, Londra, nel 1851: ottanta milioni di persone stanno accorrendo in questi mesi per celebrare l’esposizione più salata della storia. Tema: “Better city, better life”. Difficile anche solo metterle insieme tutte le sfumature tecnologiche, architettoniche e finanziarie di un’impresa da 500 miliardi di euro.
Un rompicampo inimmaginabile fatto di metropolitane, grattacieli che spuntano come funghi, quartieri rasi al suolo e ricostruiti in un battibaleno. Immaginate qualcosa, qualsiasi cosa: a Shanghai l’hanno già fatta o la stanno terminando.
Dopo le Olimpiadi a Pechino, quello scattato ai primi di maggio è un appuntamento che promette non solo di trasformare il volto di una città ma anche di sancire il sorpasso economico della Cina sull’Occidente.
Da un lato Shanghai è infatti il prototipo della megalopoli mutante: il lungofiume del Bund, l’isola di Pudong, le foci dello Huangpu e dello Yangzi hanno ormai divorato le nostalgie ottocentesche così come la più recente rifondazione della città di Deng Xiaoping.Complicato riuscire a resistere a un fermento che ha il sapore del record e dopo il quale Milano rischia una mesta figura, se i soliti cummenda non si sbrigheranno a fare bene, e in fretta.
L’area dell’Expo, che accoglie in queste ore 400mila persone al giorno anche grazie al terzo aeroporto internazionale, si sviluppa su sei chilometri quadrati distesi proprio fra Pudong e altre isole e collegati alla terra da un tunnel subacqueo lungo due chilometri e mezzo. Sopra, i padiglioni di 192 nazioni e cinquanta organizzazioni internazionali: già da soli, non avessero dentro tutte le ricchezze che questo malandato pianeta riesce ancora a offrirci, costituirebbero un fenomenale saggio di architettura.
L’Italia ha costruito uno dei quattordici padiglioni più importanti, firmato dal romano Giampaolo Imbrighi: «L’espressione architettonica – dice l’architetto – nasce dalla volontà di coniugare la forma e l’essenza di tessuti tradizionali italiani e cinesi, letti in una chiave capace di rappresentare l’innovazione che la ricerca scientifica e il mondo della produzione italiani hanno recentemente maturato».
Un parallelepipedo (60 x 60 metri, oltre 3.600 metri quadrati per 18 d’altezza) che costituisce un’eccellente via di mezzo fra l’approccio estetico – che ricorda coi suoi scorci e la luminosità soffusa del nuovo cemento trasparente il “mood” dei borghi del nostro paese – e funzionale, in grado di accogliere migliaia di espositori e visitatori in una gabbia imbrigliata di tencologie bioclimatiche d’avanguardia. La città dell’uomo, hanno battezzato il quartier generale tricolore a Shanghai: uno scrigno umanistico (siamo pur sempre la patria di Dante, non certo di Google) pieno come il cilindro del cappellaio matto. Dai vanti delle regioni italiane alla musica di Sanremo passando per i 265 progetti scelti col concorso L’Italia degli innovatori. Di tutto un po’, insomma, per una nazione sempre pigra a imparare, ma che ha ancora molto da insegnare.
Info: www.expo2010italia.gov.it.