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ArteSera Anno 2 Numero 14 luglio-agosto 2012



La prima di Marina

Marina Sagona



Il primo free press di Arte Contemporanea per tutti


SOMMARIO N. 14

COPERTINA: Marco Cordero-Il mio passo misura 80 cm. In salita un pò meno

EVENTO DEL MESE: Kassel (di Olga Gambari)

QUI PARIGI: Diario di una notte parigina (di Paolo Leonardo) / Bercy, prima e
poi (di Elena Mazzarino)

QUI MADRID: La Vanguardia aplicada (di Alessandro Santero) / Magnificent Mile (di Maria Giovanna Ziccardi)

QUI L'AQUILA: Il racconto necessario (di Gea Casolaro)

QUI NEW YORK: La prima di Marina (di Marina Sagona)

COLLEZIONE ArteSera: Wislawa Szymborska

QUI CILE: Cile 2012 (di Domenico Castaldo)

WORLD WIDE WEB: Ultra-High Resolution (di Franz Bernardelli) / ArtMap (di ArtMapTV)

QUI TORINO: Su Vanchiglia (di Massimo Betti Merlin)

SVAGO: Storie di cucina (di Fabrizio Vespa)

FUORI PORTA: Wasistdas?
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Il 25 maggio mi arriva un messaggio di Chrissie:
Ciao bella! You are invited to the premiere of Marina’s film at MoMA, 31st May, 6:30pm drinks, 7:30pm screening! Baci X

Il 31 maggio, un filo di trucco un filo di tacco, vado al MoMA. Arrivo alle 18:30 in punto, Chrissie non c’e’. La Abramovich non c’e’. Esco in giardino, accanto alla capra di Picasso vedo Catherine che mi presenta suo fratello dermatologo. Marina e’ una nostra paziente! Complimenti, dico io, ha 66 anni e ne dimostra la meta’. Questo lo penso ma non lo dico. Poi la conversazione cade sul nuovo allevamento di polli che I due fratelli e la fidanzata inglese, che fa I cappelli per la regina, hanno in Connecticut. Sono tutti e tre entusiasti, del resto le uova stanno per schiudersi.
Di Chrissie neanche l’ombra. Arriva il solito messaggio.
No cabs, it looks disastrous, long subway ride, sorry!

Mi guardo intorno ma non conosco nessun altro, tutti hanno delle scarpe orrende.
Catherine, che e’ una collezionista, ha nel suo studio due foto della Abramovich, quelle con lo scorpione in faccia, una con gli occhi aperti, l’altra con gli occhi chiusi. Sono amiche, lei e Marina, e pure vicine di casa in campagna. Me le immagino mentre insieme raccolgono ravanelli.
Catherine beve champagne, io acqua gassata. Nel giardino del MoMA la gente con le scarpe brutte parla e sorride e mangia canapes al salmone.
Il film e’ prodotto da HBO. Cosa c’entra HBO con una che si taglia e si frusta fino allo svenimento, che usa il proprio corpo come un’arena? Anche se, devo ammetterlo, HBO mi ha salvato piu’ volte la vita in quei mesi bui di qualche anno fa quando mi vedevo 5 puntate a sera di Sex & the City, sul canale on demand. Forse ha salvato la vita anche a lei, forse a 66 anni, anche se ne dimostri la meta’, vuoi essere celebrata tutta patinata.

Finalmente arriva, anzi arrivano, Marina e dietro Chrissie. La Abramovic e’ tutta in nero, con I capelli fino al sedere e il naso. Quel suo naso che mi piace tanto, perche’ e’ rimasto un naso yugoslavo, un naso di famiglia. E anche perche’ assomiglia un po’ al mio. Lo stesso naso che tanti anni fa, durante una performance, ha preso fuoco insieme ai capelli, tanto che, sua nonna, quando lei e’ tornata a casa, ha creduto di vedere il diavolo in persona ed e’ scappata via.
La Abramovic attraversa l’atrio e dietro di lei I fotografi, e dietro I fotografi tutti gli altri, giu’ per le scale mobili che portano alle sale di proiezione. Titus 1, la piu’ grande, dentro Titus 2 tutti non c’entravamo. Prima del film, prende la parola la CEO di HBO. Piu’ che una presentazione sembra un consiglio d’amministrazione.
Marina tace.

Mi viene in mente l’intervista di Andrew Goldman sul NYTimes di domenica scorsa.

E’ vero che due anni fa ha avuto la mostra al MoMA per aver detto che Glenn Lowry, il direttore del museo, e’ totally sexy?
E’ vero che Lowry e’ in forma, anzi, e’ di sicuro il piu’ in forma dei direttori di museo, voglio dire, guardi gli altri, sono tutti sovrappeso. Ma tendo a pensare che sia piu’ che altro per la qualita’ del mio lavoro.

Non avrei mai detto il contrario, ma dicono di lei che e’ estremamente seduttiva, sia con gli uomini che con le donne.
Dio mio. Sono sola come un cane. Sola in stanze d’albergo.

E’ strano pensare che mentre lavorava a uno dei suoi pezzi piu’ provocatori, “Thomas Lips”, in cui si incideva un stella a cinque punte sulla pancia con un rasoio, viveva ancora con I suoi e aveva il coprifuoco.
Avevo 29 anni e dovevo tornare a casa alle 10 di sera.

Poco dopo la separazione con Ulay, suo amore e collaboratore, si e’ sottoposta a un’operazione per ingrandire il seno, cosa che alcuni hanno vissuto come una bestemmia nei confronti della tradizione femminista nella peforming art.
Non me ne importa niente. Sa, avevo 40 anni. Avevo appena scoperto che Ulay aveva messo incinta la sua traduttrice di 25. Ero disperata. Mi sentivo grassa, brutta e indesiderata e l’operazione ha fatto un’enorme differenza nella mia vita. Perche’ non usare la tecnologia se si puo’, se ti puo’ tirare su di morale? E comunque non sono femminista. Sono solo un’artista.


Marina Sagona è nata a Roma e vive a New York.
Collabora con il New York Times ed è partner dell'interior decoration company Less&More.