SKart Anno 7 Numero 16 aprile-giugno 2014
Cinquantuno anni fa, la sera del 6 febbraio 1963 : “ Piero non stava bene ed era arrabbiato per una mostra non andata in porto, quindi ero uscita a cercarlo facendo il giro dei bar e delle trattorie, ma ogni volta che arrivavo in un posto, lui ne era appena uscito” rivela Nanda Vigo, che era la fidanzata di Piero Manzoni.
E poi: “Finalmente al bar Mexico, un locale vicino al teatro Dal Verme, ho saputo che era uscito con una prostituta. Allora sono corsa in studio e l’ho trovata ancora lì che non sapeva cosa fare perché Piero stava male" (tratto da -Piero Manzoni. Diario- di Gaspare Luigi Marconi).
L’artista Piero Manzoni aveva avuto un infarto e se n’era andato così, ad un passo dal compiere 30 anni. Praticamente un ragazzo, geniale, anticonvezionale, scontroso e ironico, intelligente ed altrettanto tormentato. Era nato a Soncino, vicino a Cremona il 13 luglio del 1933 ma crebbe a Milano, il maggiore dei suoi fratelli e sorelle di cui diventò la figura di riferimento, con mamma Valeria Meroni, quando il padre morì. A metà degli anni Quaranta, vista la predisposizione per il disegno, la mamma lo mandò a lezione e fu la sorella Elena, la prima modella.
Ma il senso ed il bisogno d’arte di Piero Manzoni superò presto i limiti del disegno: cominciò a frequentare il quartiere milanese di Brera con il suo giro di artisti e nel 1956 debutta al Castello Sforzesco di Soncino, quindi nel 1957, alla galleria San Fedele di Milano con sagome antropomorfe, quadri con impronte di oggetti fra cui chiodi, tenaglie, forbici e poi con i primi Achrome: tele ricoperte di gesso grezzo bianco.
E’ inarrestabile e creativamente prolifico, pubblica “manifesti” in cui teorizza i futuri sviluppi artistici, fonda la rivista “Azimuth” insieme ad Enrico Castellani ed espone con Enrico Baj e l’amico Lucio Fontana. Nel 1960 arriva la performance “ Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte” durante la quale pone l’impronta del proprio pollice su delle uova sode, poi date da mangiare al pubblico. L’idea della firma su cose, cibi ed individui diventa la sua cifra stilistica, perché è la firma dell’artista che rende qualsiasi cosa “arte”compresi gli umani che, da lui segnati, si trasformano in vere “sculture viventi”.
Nel maggio del 1961 arriva il suo gesto più provocatorio, definitivo e ineguagliabile. Piero Manzoni produce 90 scatolette, ognuna correlata con apposite etichette scritte in quattro lingue, italiano, inglese, francese e tedesco, che oltre alla sua firma ne identificano il contenuto: Merda d’Artista. Dalla numero uno alla numero 90, le scatole ne contengono 30 grammi che Manzoni vendette letteralmente a peso d’oro, ovvero alle quotazioni dell’oro in quegli anni, circa 700 lire al grammo. Nel 2008 però, ad un’asta a Milano è stata battuta per 124.00 euro.
E’ stato insomma il suo prodotto più intimo e quale reliquia o oggetto d’arte potrà mai eguagliare questa metafora? La “Merda d’artista” essiccata, inscatolata e senza conservanti è forse la perfetta metafora della natura dell’elaborazione artistica.